sabato 29 marzo 2008

Ma il Baffo è sempre più Blu


Il paese allo sfascio, il precariato, le donne infingarde o insignificanti, la sfiancante lontananza da casa, lo sradicamento perenne, la disillusione politica, Veltroni e il partito del maquillage, il tempo che passa, la pancia che invece rimane, la chiesa che opprime, la tv che deprime, e il cielo che è sempre più grigio.
Tutto, tutto questo potrebbe ucciderti. E lo farebbe se non arrivassero ogni tanto quelle piccole grandi soddisfazioni che ti fanno tirare avanti. Come la profezia del BAFFO!
Erano i primi giorni del giugno 2007, quando Cipputi si presentò agli amici con un paio di baffi nuovi di zecca. Di fronte allo stupore e alla perplessità di qualcuno, e ai commenti derisori (e in ogni caso, che male c'è ad assomigliare ad un attore porno dei favolosi Seventy's?), il sottoscritto oppose il suo vaticinio... "Date tempo al tempo, alcuni mesi ancora... è il baffo tornerà di moda".
Ebbene, signori, oggi Repubblica.it titola in homepage "Moda, il ritorno dei baffi", con richiamo allo speciale dedicato all'interno.
Beh, che dire... sono soddisfazioni... Ora capisco come si sentiva Pasolini... la sua solitudine profetica... Ora mi toccherà lungimirare su qualcos'altro... rimanete collegati.


Ps: Caro Brad, questo riconoscimento lo dedico a te, che hai sempre creduto nel mio baffo!

venerdì 28 marzo 2008

scacchieri


Il sito http://www.voisietequi.it/ offre la possibilità di individuare "scientificamente" la propria posizione politica per queste elezioni, rispondendo ad un questioniario composto da venticinque domande.

A giudicare dalla mia posizione sullo scacchiere politico, mi sorgono alcune considerazioni tra loro contrapposte:


- questi simpaticoni di voisietequi.it non hanno capito nulla di come si muovono i flussi di voto;


- io non ho capito un cacchio di quello che io stesso penso


- varie ed eventuali.


Personalmente, propendo per la terza.

mercoledì 26 marzo 2008

breve nota post pasquale


"Canta mannai, canta!


A Bandidare vi cherete astuzia

a istudiare volontade

a trabagliare vi cherete passenzia

a campare libertade"

giovedì 20 marzo 2008

Sacrificio di Stato


I “Casi Moro” attraverso le letture parallele, convergenti, ridondanti, debordanti degli ultimi trent’anni

Ancora Moro. A trent’anni di distanza il rapimento e la morte di Aldo Moro suscitano reazioni contrastanti di fastidio e attenzione morbosa, di rispetto umano e accanimento storico.
Il punto più critico della Repubblica è stato scandagliato a fondo, riconstruito, sono state costruite storie raccolte in libri, o espresse attraverso immagini reali o fantasiose. Mai però si è riusciti a superare l’opacità che l’avvolge, l’intreccio torbido di fatti, testimonianze, ipotesi, stranezze o semplicemente sospetti che preclude una chiara ricostruzione storica.
Con questo senso di inquitudine e impotenza ci si immerge nella lettura dell’ultimo libro di Giovanni Bianconi sul tema (“Eseguendo la sentenza. Roma, 1978. Dietro le quinte del sequestro Moro, Einaudi, Torino, 2008) che riserva un elemento chiarificatore già prima della prima pagina, in una frase illuminante: «Analizzando il crimine, la società analizza se stessa: di qui la partecipazione straordinaria con la quale operai e intellettuali, abitanti delle città e delle campagne, poveri e ricchi seguono, in Italia, le vicende di un grande “caso”. Tutti cercano di decifrare, nei suoi risvolti, ciò che potrebbe appartenere al loro destino. Perché, come avviene ogni volta che il Paese riane scosso da un grande crimine […], l’Italia giudica se stessa.» (Hans Magnus Enzenberger, Politica e crimine).
Quindi è questo il motivo di un così prolungato interesse? Forse sì. Forse si tratta di un’autoanalisi collettiva dalla quale non possiamo fuggire, se non portandoci addosso il peso del senso di colpa, anche per chi –come chi scrive- ha visto la luce nei giorni successivi all’uccisione del professore-statista.
La pubblicistica sul caso ha preso le direzioni più disparate. Il libro di Bianconi rappresenta un diario ragionato di quei giorni, in cui fatti e testimonianze si intrecciano, focalizzando l’aspetto umano dei protagonisti (la famiglia, i brigatisti, i politici, le forze dell’ordine, il paese), senza proporre ipotesi suggestive. È un punto di vista lineare, forse timido nel suo timore di esporsi con una ricostruzione dei punti oscuri. Sicuramente diverso da quello di Sergio Flamigni che nei suoi libri punta a scovare puntualmente i corto-circuiti della vicenda, le contiguità tra apparati dello stato e della NATO, organizzazioni criminali come la P2, brigatisti enigmatici come Mario Moretti. Non una ricostruzione fantasiosa, complottista, ma il faticoso lavoro di raccolta di documenti ufficiali di un ex parlamentare componente di diverse commissioni d’inchiesta.
Contiguità si diceva. Giovanni Pellegrino, ex presidente della Commissione Stragi, sostiene che il fenomeno terrorista si nutrisse di tale contiguità da parte di un’ampia fascia di persone “entusiaste nel nascondere anche solo per una notte un brigatista latitante”. Fenomeno vero oltre che verosimile, in un paese simbolicamente affascinato dall’idea (più che dalla pratica) rivoluzionaria. D’altronde, è l’idea lanciata molti anni fa da Rossana Rossanda, secondo cui i brigatisti (e tutti i terroristi rossi) facessero parte “dell’album di famiglia della sinistra”. Osservazione banale, superficiale, come dire che anche Saragat o Togliatti facevano parte dello stesso album. In relazione al caso Moro non è questo il centro della questione, non è capire la famiglia di provenienza. Bensì capire se, oltre al naturale legame tra i brigatisti e il movimento operaio, ci fosse un disegno o più semplicemente una convenienza a uccidere Moro da parte di una pluralità di soggetti; se queste convenienze si esprimessero in azioni concrete o in omissioni, in negligenze volute; se infine si possano individuare relazioni tra pezzi dello stato, organizzazioni eversive, livelli sovranazionali.
Ma lo scenario è fatto di persone e il racconto delle loro vite è imprescindibile per capire. Anna Laura Braghetti, compenente delle BR a copertura della “prigione del popolo” di via Montalcini, ha raccontato la propria esperienza con semplicità e nessun vittimismo, senza pulsioni autoassolutorie. È doloroso vedere i brigatisti raccontare. Va a finire che pensi che è ingiusto che loro siano in TV a raccontare mentre la gente ancora piange i suoi cari. Ma serve a capire, a comprendere un livello di questo racconto terribile che riguarda la vita, le illusioni e la stupidità di una generazione, il loro sfociare in una violenza fredda e calcolata. Lontana dalla lucidità quasi aliena del presidente democristiano e dalla resistenza del paese di fronte all’entità di quella sfida folle.
Si può raccontare in infiniti modi il caso Moro perché si può raccontare in altrettante varianti il nostro paese e il nostro popolo. Ma con la rassegnazione per una verità che non verrà mai chiaramente alla luce e per un paese incapace di guardarsi onestamente allo specchio.

scritto per alambicco.com

Fucking is Wonderful!!!


Beh, avviciniamoci alla santa Pasqua con la giusta dose di ilare idiozia, dopo i discorsi seriosi degli ultimi post. Questo video, a mio insindacabile giudizio, è strepitoso. E' lo spezzone di una trasmissione inglese in cui il presentatore racconta all'ospite che esiste un antico villaggio nel nord dell'Austria, che si chiama... "Fucking". Proprio così. Va da sé che da quando si è diffusa la notizia, è stato preso d'assalto dai viaggiatori anglofoni.
Ma la cosa più divertente è che il presentatore telefona all'agenzia turistica austriaca e comincia a chiedere informazioni su Fucking, producendo dei giochi di parole esilaranti.
Il video è in inglese, quindi dovete sforzarvi un po' se non siete madrelingua, ma vi assicuro: vale la pena!

lunedì 17 marzo 2008

Errorism is Spam


Sulla mailing list di Rekombinant, qualche settimana fa, Franco Bifo Berardi pubblicava un interessante intervento teorico sulla situazione sociopolitica culturale degli ultimi anni. Una riflessione un po’ pesa, per i non avvezzi, che comunque sul finale presentava un ipotesi di tentativo di uscita dall’empasse attuale: l’errorismo. Descrivendolo così:

“Un gruppo di video-attivisti di Buenos Aires ha scoperto che solo l'errore può portarci fuori dalla logica speculare del Terrore. Solo l'errore ci salva.
Stavano preparando una video-azione sul terrorismo.
Un ragazzo scrisse col suo computer quella parola.
Ma per errore la tastiera non scrisse la T, e sullo schermo comparve la parola

Errorismo.

Allibito per la bellezza del suo errore, l'art-tivista di Buenos Aires digitò in Google la parola terrorismo e Google gli rispose: "Non esiste". L'errore non esiste ancora, lo stiamo cercando, stiamo lavorando alla creazione di un errore capace di portarci fuori di qua.

Nacque allora l'internazionale errorista, che si propone di diffondere l'errore come linea di fuga, come ultima possibilità di vita umana sul pianeta terra”.

Bene, ho fatto tutta questa premessa per una cosa infinitamente più futile: l’errorismo nello spam. Si proprio la mondezza digitale, che arriva nella vostra casella e rappresenta la più grossa scocciatura in bit. Io nella cartella “trash” ci ho rovistato, fiducioso nell’errorismo, e vi ho recuperato alcune perle di comicità inarrivabile, dovute in larga misura agli strafalcioni grammaticali del traduttore automatico. Dunque, doppio errorismo! Trovare il piacere nella fonte di scocciatura, e trovarlo grazie all’errore di scrittura.

Ecco alcune delle perle - spam che mi/vi arrivano ogni giorno:

“L'opinione del nostro cliente:

Quando facciamo l’amore, mi sono sentito nuovamente come di 19 anni. "Lui" era rigido, anche potrei ficcare i chiodi con quest’ultimo. Mia moglie dice che non lo amavo mai ancora cosi lungo e intensamente. E estasiata di me. E tutto di che ho necessita, forse, soltanto dell’imballaggio supplementare.

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Trovo il Viiaaaaagra... effettivamente ammirevole. E indifferente, se per il sesso o per divertirsi piu: cio lavora. Il mio pene diventa estremamente rigido ed il mio orgasmo E molto intenso. L’effetto E cosi tanto forte che utilizzo il Viiaaaaagra... soltanto per il fine-settimana o quando ho molto tempo per usufruirne correttamente.

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Devo dire, Ciiaaaaaaalis... E meglio molto del Viiaaaaagra.... Tutto E molto piu naturale, che col Viiaaaaagra.... A causa di un lungo tempo dell’azione – 24 ore, si puo correttamente distribuire il tempo e passare alcuni cerchi. (Cerchi? Questo deve essere un messaggio esoterico… ndr)


Provate il nostro prodotto e sentirete che i nostri clienti confermino!

domenica 16 marzo 2008

Brad e Cipputi all'Opera dei Pupi


Sabato sera culturale. Siamo stati, con Brad e tre dolci pulzelle, a vedere uno spettacolo unico e meraviglioso al Teatro Palladium: Visita guidata all'opera dei pupi, di Mimmo Cuticchio. Costui è l'ultimo grande esponente della secolare tradizione dei pupi siciliani, che fino al dopo guerra sono stati un formidabile esempio di teatro popolare basato su storie di cultura alta. L'opera dei pupi, infatti, racconta essenzialmente del ciclo carolingio, le storie di Orlando e dei paladini di Francia, di Carlo Magno e i sarracini, di Angelica e del traditore per eccellenza Gano di Magonza.
Lo spettacolo che abbiamo visto racconta la bottega del puparo mentre si mette a posto la scena poco prima dello spettacolo. Mentre Cuticchio (fisiognomicamente uguale a Mangiafuoco) racconta aneddoti sulla quotidianeità del mestiere, si fa prendere la mano a poco a poco, manovrando i pupi,fino a terminare lo spettacolo in piena rappresentazione della pazzia di Orlando.

Cos'ha di speciale questo spettacolo? A parte, per me, la magia del dialetto palermitano, che mi sa di vicoli umidi e affollati, e mi fa pensare a mia nonna, popolana di Palermo...
E' un godimento per lo spettatore, quando in una rappresentazione di poco più di un'ora, riesce a trovare tanti stimoli su temi che riguardano l'uomo e la vita, al di là dello spazio e del tempo.
Innanzi tutto, l'inevitabile malinconia delle tradizioni che muoiono, con il cambiare delle epoche. Lo stesso Cuticchio racconta a fine spettacolo come abbia dovuto accettare la morte della vecchia Opera dei pupi, e ricercare un'apertura alla sperimentazione per continuare a lavorare. La muta domanda di chi ha amato e ama una tradizione che scompare e non sa darsi una risposta né capire se ciò sia inevitabile di fronte alla modernità che avanza. E di qui, altro stimolo dello spettacolo, l'ostinazione dell'uomo a salvare la sua storia (che coincide con la sua memoria d'infanzia) a tenerla a galla. L'ostinazione che è ossessione, nell'artista che insegue la parola e il gesto che portino all'anima della questione (in Cuticchio che stringe il pupo per consolarlo), l'ossessione in Orlando che perde il lume della ragione per l'amata Angelica. C'è l'identificazione del creatore con la sua creazione, in Cuticchio che durante la pazzia di Orlando, sguaina la spada del pupo e l'agita, come fosse lui stesso il paladino.
E poi, il rapporto dell'artista col pubblico, la necessità di ascoltarlo, di blandirlo, di farlo ridere per poterlo trascinare indifeso al centro del dramma umano (e qui è bello il parallelo tra il pubblico di bambini nel teatro dei pupi e il pubblico-bambino nel teatro Palladium).
E infine, un livello di lettura cruciale per chi nella vita vuole fare arte, lo spiega lo stesso Cuticchio alla fine tra gli applausi: "Questo spettacolo è nato nell'89 quando per me era chiaro che l'opera dei pupi come l'aveva fatta mio padre era morta, ma non sapevo ancora quale strada prendere per continuare... ecco, ho messo su questo spettacolo in cui 'smonto' l'opera per mostrarla, la faccio a pezzi, e la lascio così, perché ancora in quel momento non avevo una risposta".
Questo è un consiglio: in un momento indecifrato e indecifrabile come quello che viviamo, cercare a tutti i costi di rappresentare con l'arte un via d'uscita può essere una forzatura disonesta. E' forse già tanto riuscire a fotografare bene il caos, il punto di incompiutezza in cui ci si trova. E nello spettacolo di Cuticchio, la fotografia è il pupo di Orlando smembrato in pezzi e sospeso nel vuoto al centro della scena. Che rimanda in fondo al significato ultimo e più profondo: l'uomo come burattino in balia di fili invisibili (che siano altri uomini, che siano credenze, che siano invincibili passioni), capace di farsi trascinare fino alla perdita di sé, fino a una domanda muta e sospesa al centro della scena.

sabato 15 marzo 2008

Bradipo Vs Bernanke

Non ho un buon ricordo di Bernanke. Non che lo abbia conosciuto (il capo della FED solitamente non è tra le conoscenze più intime di un bradipo) ma ne conservo un ricordo spiacevole.
Siena, settembre 2001. Notte insonne passata a studiare l’ultimo libro dell’esame di Economia Monetaria I, sulla BCE. Dopo doccia e caffè mi avvio verso piazza San Francesco, entro, mi siedo, scrivo, aspetto, leggo i risultati: scritto superato bene. Mi sento pronto per l’orale, nonostante il taciturno professore non sia proprio rassicurante. Affronto l’esame con apparente tranquillità e comincio a parlare, sicuro.
«Bene, bene» sembra voler dire la sua faccia. Fino a quando dalla sua bocca non esce un suono stridulo dal significato opaco.
«Mi parli del modello Bernanke-Blinder». Silenzio. Provo a mettere insieme delle frasi sufficientemente generiche da non sembrare completamente fuori luogo. Fallisco nel mio tentativo, capisce che mi sto arrampicando su degli specchi cosparsi d’olio d’oliva.
«Peccato, 26.»
Firmo, mi alzo, me ne vado. Ancora una volta sono caduto come Dorando Petri a un passo dal traguardo.
Per questo Ben Bernanke non mi è mai stato troppo simpatico. Un articolo di Paul Krugman sull’ Herald Tribune di oggi parla con preoccupazione della situazione economica americana, mentre riserva al capo della Federal Reserve (il vecchio Ben) una vena di sottile ironia, come a voler insistere sulla differenza che c’è tra fare l’economista accademico e dirigere l’istituzione monetaria più importante. Succede a tutti. Anche il predecessore di Ben, il celebre Alan Greenspan, ha dovuto subire un destino in due fasi: prima l’esaltazione, in quanto artefice del cosiddetto “atterraggio morbido” dell’economia americana dopo l’esplosione della bolla della new economy e dell’attacco alle torri gemelle; poi, recentemente, una serie di attacchi violenti al suo operato, ritenuto responsabile dell’espansione indiscriminata del credito negli Stati Uniti che ha causato la crisi dei subprime.
Cose che accadono, si diceva. Il fatto curioso è che sia l’esaltazione sia la critica sembrano vere.
Quello che è certo, al di la delle vicende personali, è che la situazione economica è molto difficile, ed investe pesantemente le prossime elezioni presidenziali americane.
L’economia americana, pur così capace di assorbire gli urti e di reagire rapidamente, è vittima da almeno quarant’anni di alcuni disequilibri fondamentali.
La bilancia commerciale strutturalmente in deficit (si compra dall’estero più di quanto si esporti) è compensata unicamente dall’esportazione di titoli, grazie alla centralità del dollaro nel sistema monetario internazionale.
Ma se i grandi paesi detentori di titoli in dollari (Cina, India, Russia, ecc.) decidessero di convertire le loro riserve in euro, cosa accadrebbe?
I cittadini americani sono molto indebitati, il livello di risparmio è basso e anche i consumi dipendono pesantemente dalla disponibilità del credito. Dal 2000 in poi la FED è stata piuttosto generosa, abbassando i tassi di riferimento a ogni scricchiolio, per rendere sempre conveniente prendere a prestito e mantenere a galla il sistema. Krugman sostiene che Bernanke sembra intenzionato a lanciare un’operazione da 400 miliardi di dollari per rifinanziare le banche che in cambio potranno apportare come garanzia (collaterals) non solo titoli di stato sicuri, ma anche prodotti che hanno al loro interno mutui ipotecari. La ratio di questo intervento sarebbe quella di salvare –letteralmente- le banche invischiate nella crisi dei subprime e di consentire che il sistema produttivo sia in grado di produrre lavoro, rifiatando attraverso il credito bancario.
Ma se il meccanismo di trasmissione della politica monetaria si inceppasse? Se cioè nonostante questi interventi dovesse prevalere negli operatori la sfiducia, nelle banche l’avversione a concedere prestiti per non sobbarcarsi altri rischi, cosa succederebbe? E come reagiranno i candidati alla presidenza di fronte a segnali così preoccupanti?
Lo so che sembrano questioni lontane ma riguardano ciascuno di noi, chiunque paghi una rata di mutuo o di qualsiasi finanziamento. E riguardano anche la politica internazionale, spesso valvola di sfogo nei periodi di crisi.
Non c’è quindi da stare troppo allegri. Anche se quasi quasi sono contento che la sfortuna si accanisca contro Bernanke e il suo fottutissimo modello…

giovedì 6 marzo 2008

pallonari di tutto il mondo ...

mercoledi pomeriggio. il lavoro scorre come sempre, mentre sale l’ansia di tirare ancora una volta tardi al pc mentre fuori ci sono mille vite possibili. peppuccio però mi chiama sulla chat e mi chiede di aderire alla sua campagna serale “calcio, birra, partita all'inglese in compagnia”. dovete sapere che il calcio è da sempre la sua terza passione (dopo la politica e la fygha, rigorosamente in quest’ordine) sin da quando – poco più che novenne- scrisse a marino bartoletti, allora direttore del guerin sportivo.
mercoledi sera. prenotiamo in un posto a san lorenzo, di fronte alle sedi attigue e conflittuali di pd e sinistrarcobaleno e sinistra critica. arrivo direttamente in tuta da lavoro, peppuccio a seguire. situazione gradevole, è presente una fresca pischellitudine capitolina. in analoghe situazioni in altre latitudini la presenza femminile si limita alle disinteressate fidanzate di giovani meridionali interisti (o juventini o milanisti) mentre nella capitale la partecipazione è alta, almeno calcisticamente.
ma non devo distrarmi la partita è difficilissima. la roma sembra spregiudicata, aggressiva, quasi incosciente nell’affrontare alla pari il real al santiago bernabeu. c’è tensione positiva. per la foga mi mordo un dito mentre addento una tortilla ma non mi faccio sopraffare dal dolore e quando entra in partita lo jugo-salentino vucinic capisco che ce la si può fare.
i tre gol nei successivi venti minuti e la gioia nell’abbracciare dei perfetti sconosciuti seduti al tavolo accanto parlano di un racconto collettivo, un calcio di incontri e scontri, di soddisfazioni gratuite o di dispiaceri reali. la soddisfazione finale è quella di un bambino che la domenica pomeriggio dalla radio sente risuonare le note di “tutto il calcio minuto per minuto”

martedì 4 marzo 2008

Amsterdam. Manuale per principianti


Ed ecco il mio racconto di ritorno da Amsterdam. Impressioni sparse, quasi una guida per chi non c'è ancora stato.
Innanzi tutto, quando deciderete di andare, qualcuno vi dirà che ad Amsterdam c'è un freddo cane, peggiorato dal vento, e dalla frequente pioggia. Voi (come me) penserete che a quella persona è capitato il periodo sfigato e non porterete né ombrello né giacca a vento. E vi ritroverete (come me) a bestemmiare tutti i santi sotto la pioggia e il freddo, ad ammettere che il consiglio era giusto.
Ad un certo punto vi troverete a chiedere in giro dove mangiare della buona cucina olandese a poco prezzo. Domanda normale in Italia. Ad Amsterdam vi guarderanno straniti e vi diranno di lasciar perdere, che la cucina del posto non è niente di che. Noi ad esempio, ci siamo ritrovati col simpatico amsterdammese-coreano Pim a mangiare al ristorante eritreo "Abissinia", e il giorno dopo a preparare una siculissima pasta melanzane e pesce spada a casa sua (bevendo vino corvo, comprato da lui, giuro!!). A proposito, cucinando abbiamo scoperto che il sale olandese... non sala.
Continuamo con la guida. Capitolo coffeshop e canne. Diciamolo... questi coffeshop sono una fregatura. Praticamente, nella maggior parte dei casi si tratta di piccoli locali dove le nubi di maria rendono l'aria irrespirabile, e in più in diversi non servono neanche alcolici.
Meglio scegliere un ostello con coffeshop all'interno, che in genere risulta meno peso per i polmoni, avendo orari in cui non si fuma.
Veniamo alle mignotte. Che dire? Effettivamente, vederle in vetrina fa uno strano effetto. Effettivamente, alcune sono molto belle, e riescono a farti mettere in discussione per un quarto di secondo i tuoi sani principi di uomo di sinistra. Effettivamente, altre sono grasse e vecchie e tossiche e tristi, e non possono non intristire pure te. Effettivamente, il fatto di vedere in trenta metri quadri, le suddette mignotte vecchie e grasse e un tempio buddista in cui si aspira all'infinito dentro sé, è un bel riassunto del supermarket di emozioni che è il mondo oggi.
Effettivamente, mi ha colpito il silenzio imbarazzato delle ragazze del nostro gruppo mentre passavano accanto alle vetrine. Suppongo, posso solo supporre, umiliazione nel vedere quelle donne ridotte ad oggetto, e disagio nel vedersi normali accanto a ragazzi dagli occhi accesi nel guardare stangone quasi perfette.
Poi di Amsterdam, poco altro da dire. Van Gogh museum bello, anche se è fatto di due strutture, e ci abbiamo messo mezz'ora a capire che l'entrata non era in quella attorno a cui stavamo girando. Tra l'altro, mentre guardavo i famosi girasoli, Van Gogh in persona si è materializzato tra i visitatori, giuro (gli ho fatto anche una foto).
Ah, le crocchette in olandese si chiamano... Crokketten. L'avreste mai detto?
E le biciclette e le cazzo di corsie per le biciclette, dopo due giorni diventi paranoico e guardi sempre per terra nel terrore di venire travolto dalle bici sfreccianti.
Le donne? Belle ma altissime, quindi... fuori target, almeno per Cipputi.

per la stessa ragione del viaggio, viaggiare


In attesa dell'aneddotica di viaggio del nostro socio Cipputi, direttamente dall'India ecco a voi, signore e signori, Polemicacone.


"Dehli, 27 febbraio. Quantita' indistinte, folle, agglomerati, file ingorghi, frotte. La prima cosa che puo' colpire e' la forza della massa, il lavoro fatto dalle braccia degli uomini in una nazione che punta tutto sulle nuove tecnolocie, ma basa tutto sulla forza animale, appena sul motore a scoppio. Anche nella capitale e' sconcertante quanto sia marginale la meccanizzazione della citta', certo il traffico e' un fiume di motorini, treruote e ogni altro veicolo. Ma i mattoni si spostano sulla testa, con un rito che e' un equilibrio insopportabile agli occhi di chi e' seduto e guarda. Le strade si spazzano a mano, con il volto nascosto in dei tessuti immersi in nuvoli di polvere. I cancelli si aprono a mano e per alzare una sbarra si usa una corda, persino nel compound delle UN.
Il sottofondo di questi miei pensieri e' un continuo clacsonare, un borbottare di apecarrozzate, vespette, camion e torpedoni che hanno piu' rugine e saldature che vernice scorticata."




P.S. Altro che Rampini... brad

lunedì 3 marzo 2008

Orsù


Siamo tutti in attesa di conoscere qualcosa del viaggio esotico del nostro Cipputi

Trepidante attesa

Ancora sulla Moratoria contro l'aborto



Su un tema così delicato ci vorrebbe molta cautela. A prima vista non sembrerebbe materia per comici o saltimbanchi.
Corrado Guzzanti, invece, nei panni di Padre Pizzarro fa un numero strepitoso e risponde alla battaglia dell'elefantino.

vedi