lunedì 28 aprile 2008

Internate il Pd


Sono Incazzato. Con la I maiuscola. La dico come mi viene. I dirigenti del Pd sono delle teste di cazzo che vivono sulla luna. Alemanno si è preso la città di Roma. E più di lui, che è un ex fascista, mi preoccupano i fascisti che l'hanno appoggiato, quelli di forza nuova e della destra, che in qualche modo prenderanno spazio.
Ci voleva l'ottusità dei dirigenti del Pd, che vivono in una dimensione fatta di tv e segreterie di partito, per non capire che un candidato come Rutelli molti non l'avrebbero votato. Ma dico, in pieno rigetto antipolitico, tu mi candidi uno che vive in tv, che a Roma non si vede da anni? Mentre Alemanno, e questo lo confermo con la mia esperienza, nel territorio in questi anni ci è stato.
Bastava mettere Zingaretti, che dà un'altra impressione di serietà, e forse avremmo vinto.
Ma porco cazzo, dico, anche in Sicilia hanno fatto lo stesso errore. Con la loro superiorità da quelli che sanno come va il mondo (e inarcano il sopracciglio) e che insegnano alla società come essere moderni, hanno candidato la Finocchiaro, sostenendo che la Borsellino non era un candidato rappresentativo. La Finocchiaro ha preso circa il 10 per cento in meno rispetto alla Borsellino di due anni fa! E grazie al suo nome nel simbolo, la Borsellino ha portato la sinistra arcobaleno in Sicilia a superare il 4 per cento (oltre la media nazionale, e rendetevi conto cosa significa in una terra come la Sicilia). Io mi sono stufato della miopia dei cosiddetti riformisti illuminati, che invece di fare primarie, o semplicemene scendere per strada a chiedere, confondono i compromessi di partito con la volontà del popolo. Anche perché poi è il popolo che vota e li punisce! Cazzo, bastava chiedere per strada: non conosco una sola persona che mi abbia parlato bene di Rutelli.
E la cosa peggiore è un'altra. Per statuto, il dirigente del Pd non impara mai dagli sbagli. Continueranno a infischiarsene dell'evidenza.

Que se vayan todos!


E scusate la volgarità.

giovedì 24 aprile 2008

25 Aprile 1945


Cara Gisella,
quando leggerai queste righe il tuo papa non sarà più. Il tuo papa che ti ha tanto amata malgrado i suoi bruschi modi e la sua grossa voce che in verità non ti ha mai spaventata.
Il tuo papa è stato condannato a morte per le sue idee di Giustizia e di Eguaglianza.
Oggi sei troppo piccola per comprendere perfettamente queste cose, ma quando sarai più grande sarai orgogliosa di tuo padre e lo amerai ancora di più, se lo puoi, perché so già che lo ami molto.
Non piangere, cara Gisellina, asciuga i tuoi occhi, tesoro mio, consola tua mamma da vera donnina che sei. Per me la vita è finita, per tè incomincia, la vita vale di essere vissuta quando si ha un ideale quando si vive onestamente, quando si ha l'ambizione di essere non solo utili a se stessi ma a tutta l'Umanità. Tuo padre ti ha sempre insegnato a fare bene e fino ad ora sei stata una brava donnina, devi essere maggiormente brava oggi per aiutare tua mamma ed essere coraggiosa, dovrai essere brava domani per seguire le ultime raccomandazioni di papà.
Studia di buona lena come hai fatto finora per crearti un avvenire. Un giorno sarai sposa e mamma, allora ricordati delle raccomandazioni di tuo papa e soprattutto dell'esempio di tua mamma. Studia non solo per il tuo avvenire ma per essere anche più utile nella società, se un giorno i mezzi non permetteranno di continuare gli studi e dovrai cercarti un lavoro, ricordati che si può studiare ancora ed arrivare aisommi gradi della cultura pur lavorando.
Mentre ti scrivo ti vedo solo nell'aspetto migliore, non vedo i tuoi difetti ma solo le tue qualità perché ti amo tanto: ma non ingannarti perché anche tu hai i tuoi difetti come tutte le bambine (ed anche i grandi), ma saprai fare in modo di divenire sempre migliore, ed è questo il modo migliore di onorare la memoria del tuo papa.
Tu sei giovane, devi vivere e crescere e se è bene che pensi sovente al tuo papa, devi pensarci senza lasciarti sopraffare dal dolore, sei piccola, devi svagarti e divertirti come lo vuole la tua età e non solo piangere.Devi far coraggio alla mamma, curarla e scuoterla se è demoralizzata. Sii brava; sempre; ama sempre la mamma che lo merita tanto.
Il tuo papa che ti ha amata immensamente ti abbraccia ed il suo pensiero sarà fino alla fine per tè e mamma.
Il tuo papà.
(lettera di un anonimo partigiano alla figlia)

mercoledì 23 aprile 2008

libertà liberty


…è questo il senso della libertà, la possibilità di scegliere, indipendentemente.
Stasera concerto in Campidoglio (sarà una coincidenza con le elezioni?), ecosostenibile.
Presenti SudSoundSystem, Nidi d’Arac, Cesaria Evola e Vinicio Capossella. Molti buoni motivi per partecipare, in una serata tutto sommato atmosfericamente accettabile. Il caso ha voluto che fossi nel bradipo-ufficio in downtown e anche l’ora tarda d’uscita –dopo l’inizio previsto del concerto- non è proibitivo col bolide.
È lui il protagonista di questo post. Il mio bolide (solo in senso figurato) mi ha dato la sensazione di poter decidere liberamente la serata, grazie alla sua rapidità e a pochi euro di propellente puzzolente. Chiama, organizza, decidi, scegli l’itinerario e vai. Poi magari decidi di passare da casa di amici bradipi (e neanche troppo nevrotici) e scegli di rimanere a casa loro in modalità cena-vino-divano a vedere film tipo “Romanzo Criminale”. Però potevi scegliere diversamente, lasciare pc e cravatta e dirigersi verso la folla. Senza troppi problemi. Questo dà un’idea di libertà. Ma non nel senso del Nano Malefico e delle tante destre che si sono appropriate della parola (a proposito, chissà se riuscirò a finire quel libro di lakoff, forse mai) ma come sensazione liberatoria e provocante.
Certo il concerto sarebbe stato bello ma mi sono consolato, tornando a casa, col passare dal Campidoglio sul dorso del bolide a concerto finito, mentre tanti ragazzi scendevano le scale per andare a prendere il 60 notturno.
Arrivato a casa ho ascoltato il vecchio Vinicio e visto immagini vissute, meno di due anni fa a Capital City.

lunedì 21 aprile 2008

La condizione depressiva della Lucertola


Fine settimana all'insegna del farsi coraggio. Per fortuna, la realtà offre grandi spunti d'ilarità. Per fare un esempio emblematico, mi sono trovato all'assemblea convocata da vari esponenti della sinistra italiana (tra cui Paolo Ginzburg) a Firenze, per commentare i risultati elettorali. All'entrata del Palacongressi troneggiava una bandiera della sinistra arcobaleno, quasi oscurata dal manifesto del congresso in corso nello stesso edificio: "La condizione depressiva". Converrete con me, cari compagni e care compagne, che l'accostamento parve a tutti per nulla casuale e riscosse negli astanti ilare apprezzamento.
Non starò qui a dire come la maggior parte dei pochi interventi che ho sentito all'assemblea, non riuscissero a discostarsi dalla dicotomia "tornare ai partitini o continuare insieme", quando il realtà il problema è: "stiamo ancora dentro questo paese o siamo finiti in un livello parallelo del gioco in cui noi non possiamo comunicare con gli altri, né avviene il contrario"?
Da segnalare, l'intervento di un militante toscano che ha raccontanto a mo' di massima del nonno, la storiella del millepiedi con le zampe doloranti e del saggio gufo, davanti a una platea attonita.
Il pomeriggio ho incontrato due vecchie amiche fiorentine dell'università. Enorme piacere dei ricordi e del rimettersi in pari con le novità. E una di loro che dice: "No, non sto più accanto al centro sociale, ora ci hanno fatto una ipercoop.. c'è un casino infernale. Mia madre dice che era meglio quando c'erano i frikkettoni... e per dirlo mia madre!". Che volete, sono piccole soddisfazioni, di fronte al Mercato che avanza senza guardare in faccia a nessuno.
La sera, festa di laurea dell'Highlander Marchisiello a Siena. Anche lì, incontro con amici dell'università che non vedevo da tempo. Voglia di divertirsi, stanchezza da settimana lavorativa sotto gli occhi di tutti, o quasi. Finale obbligatorio col neodottore a petto nudo con cravatta legata in testa a ballare sul tavolino. Questo racconteremo ai nostri nipotini sulle nostre usanze alle feste di quando eravamo giovani.
E in tutta questa roba, tentativi di psicoanalisi collettiva, telefonica e di presenza, degli amici sinistrati che in tutti questi anni hanno lottato per cambiare l'Italia e ora si sentono gettati via come un calzino... e io a dirgli: "C'è meno differenza di quello che pensi tra te e quella lucertola che sta passando... siete tutte e due animali che nascono, campano e muoiono". "Si, ma le lucertole non fanno la guerra". "Si, ma le lucertole rompono i coglioni". Come sempre, la mia dialettica è invicibile, e supera perfino i mali del mondo. Ridiamoci su, che ha da passà a nuttata.

mercoledì 16 aprile 2008

Valerio il Fenomeno, grande protagonista del terzo millennio


Una nota lieta: al suo 137° anno accademico, nonostante gli impegni collaterali lo abbiano sempre assorbito quasi completamente, nonostante i gufi e la sua eterna sudditanza al testosterone, lo stress (giustificato) di origine familiare e la nostalgia nei confronti di tante donne, i longdrink come se piovesse, le feste, le erasmus, la spagna, Juan Carlos e un Foggia che non riesce a tornare neanche in serie B, Valeriotto ce l'ha fatta.

Laurea in Scienze della Comunicazione cui seguirà una festa a Siena come non se ne vedevano dai tempi della battaglia di Montaperti.


Sì, ma ora che anche questo tabù è crollato cosa faremo? Un negroni, prego.

martedì 15 aprile 2008

Marinaio, vedi qualcosa?


"E all'improvviso le nubi si aprirono appena. Da lontano, lentamente, si avvicinò una colomba e si posò sulla mano dell'uomo con la barba. Lui la guardò per un attimo, e fu un attimo di silenzio immobile. Poi, l'uomo con la barba cominciò a ridere, e dietro lui rise tutto l'equipaggio. Lì sul ponte, mentre tutti si abbracciavano e gridavano e facevano festa, ché la terraferma doveva essere senz'altro vicina, nessuno pensava ai giorni della sconfitta. Non pensavano alle assi inchiodate di fretta per preparare l'arca, né all'umiliazione dell'esilio, e neppure alla convinzione strisciante prima, poi manifesta, nei giorni peggiori del naufragio, che sarebbero morti tutti, e nessuno avrebbe visto la nuova patria. Nessuno, neanche egli stesso che accarezzava la colomba, pensò al dignitoso silenzio con cui l'uomo con la barba aveva raccolto ciò che di buono era rimasto tra le macerie, e lo aveva imbarcato, senza avere la minima di idea nè di dove, né di quando".


Questo Cipputi lo dedica alla sinistra annientata, che da oggi dovrà affrontare l'esilio del naufragio, che dovrà ascoltare il silenzio e temere l'oblio e che, un giorno, capirà da un piccolo segnale che la nuova vita ricompare ancora all'orizzonte.

Ciao Zazà, vecchio trapano


Riflessioni post elettorali


La verità, in ultima analisi, è che non ci ho capito un cazzo.

Non ci sarebbe molto da aggiungere ma ci provo, forte di una dormita ristoratrice. Serra nella sua amaca dice: “in fondo lo sapevamo che l’italia è un paese tendenzialmente di destra”. Ammesso che sia vero (non mi dilungherò in analisi sociologiche da quattro soldi) c’è un aspetto umano da prendere in considerazione.
La politica è un tarlo che ti prende ad una certa età e rischia di attanagliarti per tutta la vita. Ti rende poco razionale perché stimola un forte senso di appartenenza, anche quando durante la propria vita si cambiano radicalmente le posizioni, le idee.
Per questo motivo il senso di sconfitta è fortissimo: lo era ieri, lo è oggi, lo sarà nei prossimi giorni. Ieri sera cena con amici comunicatori politici, in un certo senso addetti ai lavori. Ovviamente sono state pronunciate molte parole per cercare di capire, dare interpretazioni, spiegazioni. Forse è troppo presto. Mentre tornavo a piedi a casa, vestito come un fantozzi qualsiasi, pensavo che la situazione non è poi così grave, che anche Silvio B., che ci appare come un satrapo traffichino e immortale, ha perso diverse volte da quando è in politica e che alcuni tra gli anni più belli della mia vita li ho trascorsi mentre il nano malefico era capo del governo. È la democrazia, ragazzi!

lunedì 14 aprile 2008

Quel drago di Draghi


Ha avuto grande eco in Italia l’approvazione da parte del Financial Stability Forum di un documento in 65 punti finalizzato a fronteggiare la crisi economica e finanziaria in corso, che ha avuto origine dal mercato immobiliare americano e dalla cartolarizzazione dei mutui nei cosiddetti suprime. Fin qui nulla che possa accendere l’attenzione del vasto pubblico. La notizia sembrerebbe, infatti, destinata a essere confinata nelle pagine dell’economia, solitamente saltate dalla gran parte dei lettori. Se non fosse per un particolare: che il presidente del Forum, che dà il nome alla proposta, è Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia. Al di là dell’importanza delle raccomandazioni ai governi del G7 e alle istituzioni finanziarie internazionali, è interessante notare come la notizia arrivi proprio a ridosso di un turno elettorale particolarmente incerto, in cui la legge elettorale e l’umore altalenante degli italiani sembrano poter partorire una situazione di ingovernabilità, con la Camera al Popolo delle Libertà ed il Senato sostanzialmente ingovernabile.
Se così fosse bisognerebbe travare un candidato dal profilo istituzionale, capace di traghettare l’Italia nelle acque perigliose di una crisi economica internazionale.
Chi meglio del governatore della Banca d’Italia potrebbe garantire credibilità internazionale e altrettanta affidabilità istituzionale? A mio giudizio, nessuno.
Inoltre, Mario Draghi sembra essere perfetto per entrambe le parti: economista pupillo del liberal Franco Modigliani, formato tra l’Italia e gli USA, direttore generale del Tesoro con Ciampi; ma anche alto dirigente di Goldman Sachs, con una notevole esperienza nel mare infestato di squali e squaletti della finanza internazionale.
Sarebbe talmente adatto al ruolo da incappare nelle invidie di tutto il corpo politico nazionale. E questo sarebbe il suo principale punto debole.

Diario minimo di un elettore


Diciassette ore di viaggio (tra treni di andata, ritorno e attese di autobus) per trenta ore di permanenza al natìo borgo. Ne è valsa la pena? Sicuramente sì.
E non solo perché consideri il voto come una delle principali espressioni della partecipazione democratica, in un paese oligarchico per vocazione e prassi, ma perché da un punto di vista umano è estremamente formativo.
Arrivo a casa dopo un viaggio lungo e notturno e i miei genitori mi informano che nell’ordine:

  1. mia madre, storica iscritta all’azione cattolica e lettrice di “Famiglia Cristiana” dai tempi del primo concilio di Trento, ha ricevuto la chiamata personale di Pierferdinando Casini;
  2. la buonanima di mia nonna Angiulina, recumaterna aggia, morta il 1 luglio del 1998 all’età di 91 anni, ha invece ricevuto una lettera entusiasta da parte di Silvio Berlusconi, con la quale il suo quasi coetaneo la invitava a votare (ovviamente per lui).

Su mia nonna, purtroppo, l’invito –per quanto gentile- di Berlusconi non sembra poter esercitare grossi effetti. Su mia madre, invece, la telefonata del bel Pierferdi (ancorchè registrata) stava per farla vacillare. In fondo, Casini è cattolico, è belloccio e a mia madre un po’ piace. Dopo la delusione per la caduta del suo riferimento politico-culturale Romano Prodi, ho visto nei suoi occhi l’ombra del dubbio, per cui ho giocato sporco. Ho instillato in lei il dubbio che Casini potesse allearsi dopo le elezioni con Silvio B., argomentazione che ha istantaneamente fugato ogni dubbio. Mio padre, dopo “aver votato sempre il partito di Longo e Berlinguer” senza mai ammetterlo apertamente per paura delle ritorsioni della sua signora, era invece ben motivato e contento di votare per Uòlter.

Ma il vero fulcro di ogni elezione è la presenza al seggio. Non so come funziona nelle città, ad altre latitudini, ma nel mio simpatico borgo supermeridionale vige l’obbligo di stazionare almeno un po’ nei crocicchi che si formano a ridosso dei seggi, formati da politici locali, militanti, parenti amici cugini e congiunti, gente comune. Possibilmente spostandosi più volte da una sede all’altra (nel bradipo-borgo sono solo due, per sei sezioni).
Ad uno sguardo superficiale potrebbe sembrare una pratica sbagliata, finalizzata al controllo dei votanti, un’altra espressione di quell’invasivo controllo sociale da cui spesso i paesi come il mio sono soffocati. Dal mio punto di osservazione, in realtà, tutto questo assume un carattere strettamente sociale: si conoscono le nuove leve del paese, si osservano vecchie glorie e giovani promesse di un ipotetico “Miss Borgo Bradipo”, si incontrano compagni delle elementari e vecchi amici che un giorno –non sai perché- hanno smesso di uscire insieme a te e ai tuoi amici. Si prende il caffè con una parte di queste persone e si chiacchiera, dove vivi-che lavoro fai-come ti trovi.
In essenza, ci si sente ancora partecipi di una comunità.

P.S. piccola notazione politica: voglio essere prudente (crunch) ma parlando con le persone ho avvertito nei simpatizzanti democratici (nel senso del piddì) una vena di malcelato ottimismo, entusiasmati dalla campagna (e dal comizio salentino) di Walter Texas Ranger. Mentre si facevano gli scongiuri, c’era chi diceva “mi sembra come quando ha vinto Vendola…”

venerdì 11 aprile 2008

Mi si nota di più se voto e sto in disparte o se non voto?


Nella vita ci si trova davanti a scelte sofferte. Alcune volte si è costretti a scegliere qualcosa contro la propria volontà, e ci si sente dei coglioni mentre la si fa. Molte volte, dopo un lungo travaglio, si decide e si va avanti percependosi come un eroe.
Quello che mi dilania di più di queste formidabili elezioni 2008 è che, nonostante abbia infine scelto di andare a votare... non ho ancora capito se devo sentirmi un eroe o un coglione.

venerdì 4 aprile 2008

Pomodori sul grigio neo politicante


Si, vabbene, lo so che la violenza non va mai giustificata, si lo so che il limite tra protesta e violenza è sottile, si lo sooo, che negli anni settanta Lama alla Sapienza e i bulloni, e non si fa e non è giusto...

Però, vedere Giuliano Ferrara a Bologna che rilanciava indietro i pomodori alla folla che lo contestava mi ha proprio messo allegria. In questo mortorio da pensiero unico centrista, dominato da compassati brizzolati veltroni e comici declinanti berlusconi, col contorno di tristissimi giovani del pd che si riuniscono per amarissimi aperitivi... Ferrara e quei trecento scalmanati che si prendevano a pomodorate erano tra le poche cose vive che ho visto in questa campagna elettorale.

E poi, giù la maschera ipocriti benpensanti! Le carognate di Amici miei di Monicelli vi fanno ridere così tanto davanti alla tv, e qualche ortaggio che vola v'indigna?
Si si si, lo soooooo... che il diritto alla parola è sacrosanto ( e infatti Ferrara ha parlato e provocato). Ma meglio umani e discutibili, che morti e disconnessi dalla vita come Walter e Silvio e soci.

Ps: credo di aver deciso, penso che alle regionali in Sicilia voterò per Sonia Alfano presidente. Decisione sofferta, ma alla fine tra i due mali minori (pulizia morale e legame con la realtà insieme a poca esperienza e qualunquismo VS cinismo e corruzione insieme a esperienza e organizzazione), scelgo il primo. E' ora che persone oneste come la Borsellino abbiamo il coraggio di non stare insieme a mafiosi e corrotti, come ce ne sono nelle liste del Pd.

Aperitivo ggiovane


Ieri sera grande opportunità: l’uscita dal lavoro in un orario umano ha aperto grandi spazi d’iniziativa, come non si vedevano dal 1987.
Su proposta del collega sardo di Noroddile, che nel pomeriggio aveva commentato l’arrivo di Walter V. a Sassari, decidiamo di partecipare ad un “aperitivo dei giovani del PD”. Ci diamo quindi appuntamento al circolo degli artisti (la location prometteva bene), lui chiama la sua donna per annunciare questo risveglio democratico e costringerla a partecipare e andiamo.
A parte la denominazione di dubbio gusto (giovani del PD è un nome discutibile) non c’era nulla: no musica, no candidati alla caccia di voti, no materiale informativo, no spillette con la faccia di Walter, niente. C’era solo un gruppo di ragazzi che stazionavano lì, dopo aver organizzato un aperitivo in orario da impiegato delle poste, cercando di raccogliere contatti email da aggiungere ai destinatari delle newsletter elettorali.

Ma dico io, è possibile assistere ad una sciatteria così imbarazzante? Aspettiamo almeno di perderle queste elezioni prima di deprimerci. Se i ggiovani sono così smorti figurarsi gli altri. Già li vedo i plenipotenziari locali del PD che discutono animatamente se siano meglio i garofani o le gèrbere per il funerale del compagno Persichetti…

La scossa della candidatura di Veltroni sembra aver provocato un’onda corta, di breve termine. Non si vede fermento in giro, non si vedono iniziative che diano il segno di una rivitalizzazione, di una maggiore partecipazione. Soprattutto non si vedono iniziative nuove, originali, capaci di creare interesse. Ci sarà una soluzione alternativa tra la politica da avanspettacolo e le riunioni-fiume dei comitati centrali per decidere l’ordine del giorno della riunione? Ci sarà una via di mezzo tra le spille con la faccia di Silvio e la depressione che inevitabilmente sgorga dalla lettura di un ordine del giorno congressuale?
A volte mi sembra che abbia ragione Peppuccio quando dice sembra mancare "la capacità di saper intercettare lo spirito del tempo e renderlo racconto politico perchè, come disse Mitterand a Seguela: “viene eletto l’uomo che riesce a raccontare al proprio popolo il pezzo di storia che desidera farsi raccontare in quell’istante preciso della sua storia, a patto di essere un eroe credibile”".
Che storia intendono raccontare Veltroni e il Partito Democratico? L'innovazione, certo. Una chiave postideologica. Ma a volte si fa fatica a seguire.

E comunque, sento l’esigenza insopprimibile di ribadire ancora una volta che la Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca! (92 minuti di applausi)

mercoledì 2 aprile 2008

Quarto Stato di Necessità



Antonio Catricalà, presidente dell’Autorità Antitrust, ha affermato stamani che 110 mila famiglie sono insolventi nei confronti delle banche per i pagamenti delle rate del mutuo, mentre 420 mila sarebbero in sofferenza. Tenendo presente che il totale delle famiglie (per quanto riportato da repubblica.it) è 530 mila, si desume che non ci sia neanche una famiglia senza affanni in questo momento in Italia. Perché?

Il dato di fatto incontestabile è che negli ultimi vent’anni un’ampia fascia di famiglie/persone che basano la loro esistenza sul lavoro hanno perso potere d’acquisto in misura considerevole, tanto da scivolare progressivamente in una condizione alle soglie dell’indigenza. A molti non gliene frega un bel niente di tutto questo.
Quelli a cui interessa qualcosa spesso spiegano questo fenomeno con la drammatica scomparsa del lavoro salariato dalla scena pubblica, dalla politica, che ha spinto a sottovalutarne le rinnovate necessità. La perdita - si potrebbe dire – della coscienza di classe da parte di operai, impiegati, salariati avrebbe spinto a questa polverizzazione delle istanze e delle esigenze, all’incapacità di affrontarle sul piano politico. Questa è la tesi che recentemente ho sentito esporre da Fausto Bertinotti e che sento come ricorrente in molte delle persone che conosco. Insomma si ricorre a una spiegazione sociologica ad uso politico. Non so se essa sia vera ma mi permetto di avere qualche dubbio. Dubbi da economista abortito, quale mi considero.

Il lavoro in Italia è caratterizzato da una minore produttività rispetto a molti dei nostri partner commerciali, da almeno tre decenni. Si badi: non intendo dire che noi lavoriamo di meno (almeno rispetto agli altri europei) ma che con un’ora del nostro lavoro si ottiene una quantità minore di prodotto. Fino al 1992 questo problema sistemico veniva ovviato attraverso il canale monetario, ovvero modificando il valore esterno della lira con continue svalutazioni/deprezzamenti, in modo da poter recuperare il gap di produttività, che si riflette direttamente sul prezzo di beni e servizi. Ora questo non è più possibile, perché siamo in un’area monetaria (probabilmente non ottimale) con paesi molto diversi tra loro. E allora? [hai rotto le scatole con ‘ste argomentazioni da ragioniere]
È qui il nodo della questione: l’unico modo che il sistema produttivo ha trovato è la compressione della remunerazione del lavoro, eccezion fatta per chi ha un grande potere contrattuale con i datori di lavoro, vale a dire: statali e parastatali, autoferrotranvieri, controllori di volo, ecc.

Per questo motivo, o l’Italia esce dal suo torpore e comincia a produrre e vendere a ritmi sostenuti (puntando magari su prodotti innovativi) oppure siamo rovinati. Non ci sono elezioni e partiti nuovi che tengano.

Per quanto mi riguarda, ho già presentato la domanda al concorso per bidello, antico e nobile mestiere che mi consentirebbe di arrotondare con la vendita sottobanco di panini e brioches.