lunedì 23 giugno 2008

venerdì 20 giugno 2008

Appello alla nazionale


La Spagna è avanti, si sa. E' più moderna, più dinamica, più giovane, più godereccia, più aperta, più gay, più lesbica. Meno razzista? Forse sulle politiche anticlandestini ci andrei piano a fare l'elogio di Zapatero, perché non ci va giù per niente leggero. Però per lo meno, anche sull'immigrazione clandestina, sono forse più pragmatici di noi.
Insomma, la Spagna si volta, ci guarda con un sorrisetto sarcastico, e continua a correre.
Tutto vero, tutto sacrosanto.
E appunto per questo, vi prego squadradicalciodellanazionaleitaliana... rompetegli il culo e vincete!
Battete la Spagna nei quarti di finali degli europei... fatelo per noi giovani italiani internazionalisti che abbiamo amici nella penisola iberica e ogni volta dobbiamo rintuzzare le accuse che siamo un paese arretrato, ben sapendo che è vero.
Dateci questa piccola soddisfazione, almeno nel calcio...

giovedì 19 giugno 2008

Milano, 17 giugno 2008

Milano non è una bella città. Ci si può anche sforzare a trovarne i lati positivi ma rimane una città che al visitatore occasionale trasmette la propria vaga o mascherata bruttezza. Però primeggia in molti campi tra cui la musica. Ma è la meta del mio viaggio anche se si presenta con pioggia e grigiore diffuso. “Non pioverà” diceva in treno un disegnatore alla propria donna americana in ansia per il concerto. E invece.
La pioggerella fa da sfondo all’incontro con Guido, in gran forma. A casa di Alessio si parla dell’Ispettore Derrick e degli amici, delle nostre vite e di un arancino. “Ci passano a prendere verso le cinque e mezza, gli amici si Stefano”.

Non sono sicuro di capire questi ragazzi che ci guidano per Milano. Mondi per tanti versi lontani dal mio. Eppure sembrano sinceri. Mi danno l’impressione di essere proprio così, naturali, simpatici, energetici, entusiasti. Spesa, piadine, preparazione panini e beveroni con gintonic e ghiaccio. Abbigliamento avventuroso da concerto e un po’ di casino diffuso.

L’impatto col clima è spietato. Appena usciamo da casa la pioggerella si trasforma in acquazzone. Secchiate. Mantelline ed ombrelli a coprire la preoccupazione più che i corpi. Aspettiamo che il gruppone si ricompatti ed entriamo nell’Arena Civica, dopo una lunga coda. Mi sembra spoglia l’Arena, un po’ trasandata. L’erbetta ha abbondantemente lasciato il posto al fango, in cui affondano le suole. Gli ombrelli (compreso il mio) coprono ancora di più il cielo, lo sguardo è costretto negli spazi brevi e umidi. La pioggia continua a cadere e l’agitazione cresce. I ragazzi si fermano con beveroni et al in mezzo alla pista, alla fanghiglia. Guido sceglie un posto defilato sulla sinistra, al vertice dell’area di rigore. Il palco è coperto dagli ombrelli. Cazzo, dovevo comprare la mantellina! Minchione, ti pare che uno va al concerto con l’ombrello?! Poi il miracolo atmosferico. Sui battiti di 15 steps la pioggia smette, per rispetto.

Il concerto richiede concentrazione sulla musica, ti chiede di chiudere gli occhi e farti trascinare. Il rapporto con il palco, con la musica è intimo, personale. Anche se poi si balla si salta, ci si spinge, ci si appoggia sugli altri, quasi per affetto. In un paio di occasioni però mi sono staccato dalla connessione, appositamente per spiare chi mi stava intorno. Tutti con gli occhi semichiusi, muovendosi a tempo, ipnotizzati come morsi da un ragno con l’occhio strano. Vicino a me Guido e Alessio, totalmente rapiti ma con differenti reazioni. Il tigre che salta ossessivamente, completamente abbandonato. Alessio dondolante, riflessivo, ammirato. E poi anch’io, vivo, felice, dondolante o saltellante, urlante o insofferente alle chiamate telefoniche dei ragazzini. La musica richiede attenzione.

Exit Music in religioso silenzio è un pugno alla bocca dello stomaco. Non ascolto quel brano da tempo. È irrimediabilmente triste, splendido e disperato. Thom alla chitarra da solo sembra Romeo mentre il pubblico senza fiato e parole è Juliet. Sento il bisogno di chiamare qualcuno per allargare la partecipazione, per far sentire quel clima, ma scelgo di non farlo. Sento solo i miei fratelli. C’è da essere felici.

Il concerto si chiude dopo più di due ore e ventiquattro brano. Abbiamo ancora in testa l’odore del concerto e facciamo fatica a esprimere pareri che non siano esclamazioni di godimento animale. La stanchezza a questo punto ci devasta è l’unica possibilità è andare più o meno a dormire.

[…]

Oggi ricomincia tutto. Sveglia, taxi, stazione Centrale, treno per Roma (in ritardo in partenza, per principio). Dormo fin quasi all’arrivo. Poi casa, doccia, barba, cambio e via verso il mio solito lavoro di periferia. Ora mentre ascolto Jigsaw, anche via della Magliana vecchia mi sembra un bel posto.

http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=20&ID_articolo=619&ID_sezione=12&sezione=

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=26154&sez=HOME_SPETTACOLO

http://archiviostorico.corriere.it/2008/giugno/18/Radiohead_ecologici_Trionfo_sotto_pioggia_co_9_080618032.shtml

venerdì 13 giugno 2008

Le luci della centrale elettrica

(ovvero cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero)

Mercoledi sera bella musica. Non musica progettata per piacere, per ammiccare, magari vestendo gli abiti comodi del contestatore in accordo minore. Musica dura, distorta, cupa. Si chiama Le luci della centrale elettrica, anche se è uno solo, suona una chitarra acustica e parla di esistenze al limite, di metadone, provincia deprimente e disperata. Non capita spesso di percepire il talento nei gruppi emergenti, tutti fatalmente mainstream.
Lo chiamano indierock. “I CCCP non ci sono più” canta Vasco da Ferrara, occhi e capelli scuri e occhiaie da cantantaccio. A loro deve molto, ai CCCP di Emilia Paranoica (e anche un po’ a Rino Gaetano), tanto che a suonare con lui c’è Giorgio Canali, chitarrista del gruppo di Giovanni Lindo Ferretti. Canali ha l’aria del superstite, con gli occhi sbarrati di chi è sorpreso di essere sopravvissuto ai propri eccessi, con un caschetto tinto-ramato, stile Carmelo Bene degli ultimi anni. Ma la musica è un’altra cosa è questo cinquantenne accompagna la chitarra acustica con delicatezza, anche quando la distorce radicalmente.
Bella serata, bel concerto. Durato poco per lasciare spazio all’esibizione di Massimo Zamboni, anche lui passato da CCCP e CSI, che però ha un’aria più ascetica, calma, mentre parla di Mostar e della musica come riconduzione degli opposti. Certo, dopo una ventina di minuti di filmati girati in Bosnia e accompagnamenti minimali, la stanchezza della giornata s’è fatta sentire e io e cipputi e le simpatiche trapanesi incontrate per caso, siamo usciti, principalmente per parlare di quanto erano bravi i CSI e di quanto sia sorprendente l’evoluzione mistica di G. Lindo Ferretti. A dire il vero, a sentirlo parlare Ferretti non sembra per niente impazzito.
In compenso ho scoperto dal vivo qualcuno che ha ancora veramente talento.

martedì 10 giugno 2008

La stipsi e il senso della vita


(un prezioso, immancabile contributo di lucyinthesky, che osserva la realtà da un punto di vista privilegiato)


Ritorno in pista al calar del tramonto, in bagno in continua lotta con il mio intestino, essendo stitica; non mi dilungo sugli aspetti negativi, anche se pensate di conoscerli tutti, vi assicuro che potrei sorprendervi. Oggi vorrei parlarvi dei vantaggi, puoi fare un sacco di cose in bagno!!! Leggere articoli interi, seguirne il flusso, senza doverli sospendere e farsi il bidet, pensarci sù, giocare a snake sul telefonino, mandare sms, ritornare a pensarci, leggere le etichette dello shampoo e del bagnoschiuma, guardare le fughe delle mattonelle, rispondere alla mamma che ti consiglia di mandare il cv ad entità astratte e misteriose, etc etc etc…il tutto con lacrime agli occhi. A proposito di mamme e stitichezza…ricordo quella volta che in studentato mia mamma disse al telefono ad un ragazzo con il quale me la intendevo che non voleva nulla, bastava che mi riferisse che Mirabella stava parlando di emorroidi, ed io lì che ignara di tutto gli facevo pure gli sguardi languidi. Potete immaginare lo sconforto, ma andiamo avanti.
Ad un certo punto ti abitui così tanto a stare sul cesso, che diviene così naturale fare altro anche quando avresti finito, forse perché ancora non puoi dire che hai finito…gli stitici non sanno mai quand’è finito! Ed è a questo punto che la mia attenzione è stata attratta da un articolo che come spesso accade sulla rivista Internazionale, avrei voluto scrivere io. Si parla di homophily: “ogni simile ama i suoi simili…in altri termini spesso gli esseri umani si circondano di persone con il loro stesso bagaglio culturale, economico e religioso.” L’autore sostiene che l’homophily rende stupidi ed io sposo questa versione. Ed è proprio vero, tutto vero, io vivo con persone che la pensano come me, esco con persone che la pensano come me, parlo, discuto e mangio con persone che la pensano tendenzialmente e genericamente come me. Ed ecco perché non conosco chi ha votato Berlusconi, e forse dovrei conoscerli e invitarli a casa a cena come l’autore dell’articolo.
Abbandono l’idea berlusconiana che anche se tutti voi pensate che dovrebbe aiutare la defecazione, non è così, perché i muscoli della pancia si irrigidiscono per il cosiddetto “nervosu” e non agevolano. Quindi sempre sul cesso alla ricerca di pensieri impegnativi ho pensato poi a come sarebbe stata la mia vita se fossi nata senza tette e mestruazioni, cioè maschio. Non sono riuscita ad immaginarlo. Il concetto è difficile: mi sentirei un uomo con le responsabilità sociali e culturali di una donna. Sono un po’ incazzata con me stessa, devo dimagrire ma allo stesso tempo il mio ego razionale si chiede il perché, il motivo. Ed io lo so il motivo anche se non voglio accettarlo, sono rinchiusa in questa trappola dietetica consumista! Però dicono che l’importante è sentirsi bene con se stessi! Cazzate, tutte cazzate! E neanche questo pensiero mi aiuta…nell’evacuazione! Suntu intelligente, aggiu studiatu, aggiu fatte le scole aute e non sono riuscita a superare questo concetto culturale/sociale della magrezza! Mi rassegno anche a questo pensiero, senza contare poi che la mia stitichezza non mi aiuta affatto nemmeno a dimagrire.
Che noia, voglio qualcosa di stimolante, sia per la stitichezza che per la mia mente. Voi uomini siete noiosi, siete inseriti perfettamente nel concetto di homophily. Ed è per questo che avete difficoltà a rimorchiare. Siete stitici pure voi ma nel cuore. Non riuscite ad evacuare le vostre emozioni. Adesso penserete ad esempio che questa frase l’avete sentita tante volte, che io faccio parte di quella schiera di donne mezze femministe, frustrate e incazzate col mondo, ma purtroppo per voi non è così. Non producete, non avete quasi mai problemi esistenziali, non vi chiedete mai il perché delle cose, e se siete costretti ad una risposta abbozzate con sorrisi estenuanti. I discorsi da femmine non li fate, solo quelli da maschi, politica e calcio parlando in generale, che poi se proprio faccio uno sforzo posso allargare a cultura & società (in quest’ultimo caso sono comprese anche le donne, le gnocche, le patate, le fighe, le fidanzate) e sport & tempo libero. I sentimenti, le emozioni, non fanno parte del vostro bagaglio culturale a meno che non s’inseriscano in un contesto di intimità, perché lì tutto è concesso anche a voi uomini tronfi e boriosi. Anche alcune donne sono inserite perfettamente nell’homophily ovviamente, le cerette, i peli insidiosi sotto l’ascella e dentro al naso, la cremina rassodante e alza tutto, tette grosse, tette piccole, capelli ricci, capelli lunghi ect ect ect. Ce stress! Ed io che alla prima conversazione legata a questi temi non riesco a frenare quella voglia ossessiva di dire anch’io la mia, - e vorrei “cazzarmi” la lingua - ed invece parto con la filosofia dei dolori mestruali e che sicuramente è una caratteristica di famiglia. Ma chi se ne frega, ed invece lì tutte intente ed interessate al pelo incarnito dell’altra. Quindi le donne sono un po’ stitiche di cervello.
Non bisogna stare troppo tempo seduti sul wc, diventa problematico…ora mi alzo…si mi sto alzando...forse mi risiedo, no, no, ormai non ho più molte speranze o forse si…MALEDETTI DUBBI DELLO STITICO!

Contributi audiovisivi:
http://www.youtube.com/watch?v=l998JFRzVXI&feature=related

domenica 8 giugno 2008

L'altra metà del Cero


Io la penso così: Hai voglia a dire che l'uomo è in crisi... l'omo, l'omo, l'omo... malladonna?
L'uomo avrà i suoi bei problemi con l'altro sesso, ma il genere femminile è messo molto peggio. Il fatto è che il deglutimento del femminismo avvenuto negli ultimi 30 anni ha fatto sì che ste benedette donne si liberassero di tanti legami pseudomorali e si sentissero libere di prendersi quello che vogliono, anche in campo sessuale. Se non fosse che, per lo meno in Italia, nella maggior parte dei casi la rivoluzione femminista non si è mai compiuta, e le donne rimangono a metà del guado. Non si sentono più tagliate per il gioco delle parti, in cui la femminuccia remissiva aspetta che l'uomo maschio e volitivo la vada a nuocere... ma non sono ancora capaci di avvicinarsi loro, dopo un colpo di mano sui capelli e uno al cavallo, al bancone e tentare l'approccio. Così rimangono a metà del guado, appunto. Al massimo qualche occhiatina all'uomo oramai terrorizzato dall'ipotesi di essere messo alla gogna dalla "preda" e dalle amiche sghignazzanti in stile Sex and the city.
Anche perchè - diciamoci la verità - l'uomo ci ha messo millenni a sviluppare la capacità di sopportare le molteplici e variegate figure di merda cui va incontro nel tentativo di abbordare. E mica è una cosa che s'impara in tre generazioni!
Per di più, nel frattempo, la popolazione femminile, rispetto a quella maschile, prende il sopravvento. Guardatevi intorno: a meno che non siate un gruppo di amici calabresi studenti fuori sede, nella vostra comitiva e nel vostro ambiente di lavoro i rapporti tra uomo e donna sono di 3 a 10. Dunque, le strade si riempono di queste lupe mannare stipate dentro clio blu elettrico che percorrono il lungo Tevere tiratissime, capello spaghetto e tanta voglia di... conoscere gente. Ma proprio per il meccanismo sopra descritto, difficilmente conosceranno qualcuno con un quoziente intellettivo maggiore di una medusa, e con un lavoro meno testosteronico del parà.
E anche quando ce la fanno, quando conoscono un gruppo di amici simpatici in disco, i problemi non sono finiti. E qui interviene l'ostacolo maggiore: la legge di selezione naturale.
E' risaputo, infatti, in ambito scientifico, che l'uomo e la donna hanno un concetto opposto di sopravvivenza della specie. La donna sceglie in ogni caso l'esemplare maschile migliore. L'uomo, una qualsiasi, purché si sopravviva al rischio di andare in bianco. Dunque, per usare una metafora calcistica, mentre gli uomini si organizzano e scelgono le opportune marcature a uomo (pardon, donna), in modo che nessuna sia libera di fuggire, le donne si ostinano a inseguire in maniera caotica e irritante l'unico con la palla. Va da sé che l'unico con la palla è il più figo del gruppo. Indi, a meno di contrattempi o veti incrociati, nel migliore dei casi solo una su 5 porterà il risultato a casa. Le altre 4 e gli altri 4 torneranno delusi negli spogliatoi.
E' invece proprio la capacità di gettarsi nella mischia giudicando solo dal buon funzionamento dell'apparato respiratorio della donna, che fa la differenza tra soddisfazione maschile e orlo della crisi di nervi femminile. Dunque, la donna, al limite della sopportazione, finisce per fare la classica cazzata e darla al primo che passa (io sono quello di dietro, il secondo, quello che non trovava le chiavi di casa e ha perso quei due minuti di troppo), salvo poi pentirsene. E lamentarsi che sono costrette a scegliere tra pallidi intellettuali post-comunisti che non ci provano nemmeno se soffocati da un paio di tette, e rudi muratori rumeni, che tra l'altro non sono neanche a la page in questo periodo.
Poi ci sono io, che sono - come direbbe un venditore di utilitarie o un politico dopo una riunione a porte chiuse - un ottimo compromesso.

sabato 7 giugno 2008

Gli uomini rossi e l’inflazione


Qualche giorno fa ci è stato comunicato che l’inflazione su base annuale ha raggiunto in Italia il 3,6%, livello che non veniva registrato da metà anni novanta, ben prima del rientro nel sistema monetario europeo e successivamente nell’area euro. A dire il vero, penso che nessuno si sia stupito della cosa, nessuno che faccia la spesa con regolarità.
In particolare, il livello dei prezzi al consumo (e alla produzione) è stato sospinto da due voci: energia e alimentari. Occorrenza nefasta per chi oltre a fare la spesa deve comprare la benzina e tutti i derivati del petrolio, cucinare o fare una doccia calda, almeno una volta ogni quindici giorni. Subito si è scatenata la richiesta di intervento al governo perché intervenisse a sanare la questione. La risposta è stata la solita, bypartisan: “ridurremo le accise sui carburanti”. A parte la bellezza naif del termine accise, non c’è da ben sperare e non per colpa del governo, di qualsiasi governo.
Questa pressione al rialzo è determinata da diversi fattori, tutti squisitamente di mercato. La forte pressione sulla domanda di carburanti e cereali è la conseguenza della fame di energia, indispensabile per alimentare tutte le nostre produzioni e per consentire ai paesi emergenti quella rincorsa, quella convergenza ai nostri standard di ricchezza che rappresenta il paradigma dei nostri tempi. Con le tecnologie attualmente dominanti non ci sono molte altre vie e il petrolio o i biocarburanti (ottenuti da vari tipi di cereali o dalle barbabietole) sono merce limitata. A questo si aggiunga da un lato il limite intrinseco dato dalla produzione agricola di cereali, dall’altro (e in maniera predominante) la struttura “a cartello” della produzione di greggio, dominata dai pochi paesi produttori di materie prime, che regolano l’offerta in modo da tenere i prezzi molto alti e trarne cospicui profitti.
Gli effetti di tutto ciò sono ogni giorno nei nostri serbatoi e sulle nostre tavole.
Questa situazione secondo me è più grave della crisi petrolifera degli anni settanta perché mostra dei dati strutturali e permanenti imponenti. Non un capriccio dei paesi dell’OPEC (solo sul lato dell’offerta) risolvibile attraverso pressioni politiche e compromessi internazionali come alla fine dei ‘70, ma un aumento duraturo della domanda da parte dei paesi in rapida industrializzazione. Quali soluzioni? Francamente, non lo so. Nuove tecnologie, uso responsabile dell’energia, rottura dei cartelli, invasione di cavallette…
Non mi aspetto tempi facili.
Contemporaneamente alle notizie sull’inflazione, abbiamo saputo della scoperta di una tribù di uomini amazzonici non ancora contaminati dalla nostra modernità, che si dipingono il corpo di rosso e reagiscono ai nostri elicotteri scagliando lance acuminate al curaro (mia supposizione). Ci sarà inflazione da loro? Suppongo di no. Non avranno un’organizzazione basata sullo scambio –né tantomeno di tipo simbolico-monetario- semplicemente perché non hanno elaborato un concetto di proprietà privata, la nostra peggiore invenzione (come sosteneva J.J. Rousseau). La loro simbiosi con la natura è completa. Si sentono parte di un mondo senza volontà di assoggettarlo o trarne profitto, con la sola volontà di vivere, o sopravvivere. Non voglio tirar fuori le teorie del “buon selvaggio” ma forse non stanno così male. Magari avranno qualche problema di sopravvivenza, a volte gli animali scarseggiano, o un’aspettativa di vita non lunghissima e senza l’Ipod. Ma almeno si risparmiano molte inutili ansie: la finanziaria, la promozione e l’aumento, la puzza delle discariche, l’inflazione, la messa in piega o lo spareggio-promozione di domani.