venerdì 30 novembre 2007


Vi segnalo il sito del mensile siculo-satirico "Pizzino - Un mese di satira spamming con sarde e affucanotizie", promosso da "Scomunicazione"


Con una sorpresa per Cipputi


Nuove sostanze dopanti

(Mark Zuckerberg, creatore di facebook, col suo amico bradipo)

I bradipo consulenti, si sa, lavorano almeno 35 ore al giorno, sebbene contro voglia.
Ieri piccola eccezione: fine progetto, lavoro senza ritardi, quindi qualche mezzoretta libera.
Si potevano impiegare tali mezzorette a leggere le “Confessioni di Sant’Agostino” o le “Confessioni di Lory Del Santo”; invece uno strano virus ha invaso il mio bradipo-ambiente di lavoro. È arrivato sotto forma di mail e ha contagiato tutti. Si chiama Facebook. Fate attenzione è micidiale e contagioso. Per chi non lo conoscesse, Facebook è un piattaforma sul web che consente di creare un proprio profilo, ricercare persone conosciute e gestire i contatti. Addirittura, esiste anche una piattaforma versione professional (Linkedin) più focalizzata sul lavoro.
Poche parole per dire che nel giro di pochi minuti, superate le iniziali diffidenze, siamo stati presi dalla febbre di Facebook, dalla voglia di scoprire quanta gente consciuta c’è sulla rete, quasi fosse uno sfoggio di virilità del terzo millennio, medaglie virtuali di battaglie realmente vissute. Non lo so.
Il manager (bradipo ad honorem) che sembrava un bambino che scopre dov’è nascosto il barattolo di nutella, la collega capitolina che scopre i gruppi registrati del suo liceo, io che scorro tutti i 196 aderenti al gruppo dell’Università della Balzana del Monte, indegnamente frequentata. Un delirio di socialità virtuale.
L’unico baluardo di resistenza era la giovine appulo-siciliana, che come un pettirosso da combattimento ribadiva i suoi reiterati “giammai!” all’invasione Facebook.
Probabilmente, ha ragione lei. A volte ho l’impressione che tutti questi strumenti (compreso questo blog) diano solo l’illusione di comunicare. Utili ma imprescindibilmente incompleti strumenti per mantenere il contatto con persone che hanno percorso un pezzo di strada con noi.
Ora scusate, vi devo lasciare. Hanno appena lasciato un messaggio sul mio Wall.

Busone e il senso della vita


Io di Aldo Busi non so quasi niente. Ad esempio, non ho mai letto un suo libro per intero.
Di lui ricordo poche cose: una frase pronunciata durante una nota trasmissione televisiva, "se mettessi in fila tutti i cazzi che ho preso, faresti due volte il giro del mondo"; Diversi tentativi di affermare che lui è l'unico scrittore italiano vivente; il titolo di un suo romanzo, "Cazzi e canguri".
L'unico libro di Busi che ho preso in mano è "Seminario sulla gioventù" (1984), che è stato il suo esordio. Di questo libro ricordo alcune immagini forti e poetiche, ma all'ennesimo coito omosessuale descritto, ho abbandonato la lettura per noia.
Però, c'è sempre un però, "Seminario sulla gioventù" ha uno degli incipit più belli e folgoranti che abbia mai letto. Per questo lo riporto qui sotto: perché è bello, e perché è l'esempio di come un libro, una passeggiata, una storia d'amore e persino una vita, possano cominciare splendidamente... e perdersi durante il cammino.

«Che resta di tutto il dolore che abbiamo creduto di soffrire da giovani? Niente, neppure una reminiscenza. Il peggio, una volta sperimentato, si riduce col tempo ad un risolino di stupore, stupore di essercela presa per così poco, e anch’io ho creduto fatale quanto poi si è rivelato letale solo per la noia che mi viene a pensarci. A pezzi o interi non si continua a vivere ugualmente scissi? E le angosce di un tempo ci appaiono come mondi talmente lontani da noi, oggi, che ci sembra inverosimile aver potuto abitarli in passato».

mercoledì 28 novembre 2007

Taxi driver, parte 2


I tassisti mi hanno stufato.
Per chi di voi pratica Roma quanto dico non è una novità. Nella splendida cornice-della-grande-capitale è difficile riuscire a recuperare un taxi, le attese al telefono –accompagnata il più delle volte da musichette fastidiosissime – rischiano di trasformarti in matusalemme, i costi sono più che doppi rispetto ad altre città.
Una soluzione di buon senso, prevista dal pacchetto Bersani e demandata ai sindaci, è quella di allargare il numero delle licenze e sanzionare qualsiasi pratica volta a limitare la concorrenza (accordi di cartello, prezzi minimi, ecc.). La speranza è che si riesca ad avere maggiore disponibilità di vetture e un prezzo minore, essendo sottoposto alle pressioni della concorrenza.
Il sindaco di Roma (Ualter Ueltroni, come dicevano Ficarra e Picone), dopo il passo indietro dell’estate scorsa, ha deciso di far seguito a questa decisione proponendo l’emissione di cinquecento nuove licenze.
Apriti cielo.
Le ultime notizie parlano di piazza Venezia completamente bloccata, in una città in cui un piccolo incidente può bloccare per ore il traffico nelle ore di punta. Addirittura di un’occupazione del Campidoglio (sede del Comune). Perché? I tassisti protestano come al solito violentemente, mettendo sul piatto della bilancia la loro capacità di far male alla città.
Cosa dovrebbe fare Ualter? Secondo me, mandarli a quel paese.
Più veltronianamente, dovrebbe ascoltarli, blandirli e fare esattamente quanto ha proposto. Niente di meno. Ci vuole un po’ di coraggio. Vedremo.

martedì 27 novembre 2007

Capo-danno

E finalmente arriva la fine dell'anno. O quasi. Io non so da che città o paese venite, ma è probabile che anche per voi questo sia il periodo in cui la famosa domanda comincia ad assillarvi. Si tratta, è ovvio, dell'odioso "Che fai a capodanno?".
Ogni anno, quando torno ad Alcamo per le vacanze natalizie, comincia il supplizio. Qualsiasi persona incontri per strada vuole sapere che faccio la sera del 31 dicembre. Del resto non gliene può fregare di meno. Potresti dirgli che non ti chiami più Laura, ma Mario e che sei stato a Casablanca, e loro senza scomporsi risponderebbero: "bravo Mario, che fai a capodanno?".
Che poi, gira e rigira, l'organizzazione del capodanno segue con ineluttabile determinismo un ordine cronologico fisso di anno in anno. La prima volta che il gruppo di amici tira fuori l'argomento, c'è uno che dice: "Quest'anno vado pure in Burundi, anzi vado a letto alle 10... ma stavolta al paese non ci rimango". Tutti concordano e stabiliscono - giurando e rigiurando con patti di sangue e antichi riti wodoo - che stavolta si va a fare il capodanno in una capitale europea, e "curnutu cu sinni penti!". Questa opzione sfuma quasi subito, appena ci si rende conto che io sono stato a Londra e vorrei vedere Berlino, tu a Berlino ci sei stato ma opteresti per Barcellona, lui e lei sono stati a Barcellona e poi diciamoci la verità... low cost low cost, a un mese da capodanno, il massimo del Low sono 300 euro.
Si passa dunque a Roma. San Silvestro a Roma, tutti a casa mia. Entusiasti quelli che vivono tutto l'anno tra Alcamo e Palermo, disperato io che ci sto tutto l'anno. Per fortuna, l'ipotesi naufraga quando ci si rende conto che aerei non ce n'è più, e col treno va via troppo tempo, "è una sfacchinata". A Questo punto, casualmente tutti gli anni, viene fuori l'ipotesi "alternativa": due giorni in una baita sull'Etna, perché tutti in fondo, hanno sempre sognato un fine settimana alla Boldi e De Sica, stile vacanze di Natale 90. Poi, finalmente, qualcuno ha il coraggio di dire quello che tutti pensano: "Secondo me, due giorni chiusi in una casa in montagna ci rompiamo i coglioni... e poi io l'uno a pranzo devo essere a casa per mangiare con i parenti".

Vabbene, allora Capodanno in giro per Catania. Per chi non avesse origine nella Sicilia occidentale, faccio una postilla. Per noi satelliti gravitanti attorno Palermo, Catania è la vagheggiata città ggiovane, dal fermento culturale continuo e andergraund. Non a caso tutti cantanti vengono da lì e non da Palermo: Battiato, Carmen Consoli, Mario Venuti, Fiorello (ma Fiorello non è un cantante, e non è pure di Catania, è di Augusta - ah, vero). Il capodanno di Catania ce lo immaginiamo fatto di rave parties superclandestini e musica tecno ad ogni angolo. Ma siccome a noi la musica tecno, in effetti, non ci è mai piaciuta, e oltretutto c'è sempre uno del gruppo che giura che un anno il 31 dicembre lo ha fatto a Catania e non si è divertito per niente... boicottiamo anche l'opzione Catania, che tra l'altro... "è una sfacchinata".
Ci avviciniamo all'epilogo. Si concorda, con un pizzico di delusione ma con qualche rimasuglio di energia, che l'unica soluzione per salvare dignità e pranzo dell'1 con i parenti è organizzare il veglione a Palermo a casa di qualcuno. Tutto purché non rimanere ad Alcamo. Non se ne parla più fino a due giorni prima di capodanno. A quel punto, qualcuno comincia a defilarsi, in genere la coppietta più noiosa del gruppo, dicendo che essendo stati invitati i parenti di Caltagirone per il cenone, non possono venire. E' la prima crepa del muro, che crolla inesorabilmente in poche ore. Nessuno più vuole andare a cenare a Palermo, tranne gli unici due pirla che avevano organizzato tutto, perchè tanto a casa loro "la cena di capodanno è una tristezza, non ci sono parenti, e si guarda il programma della De Filippo fino a mezzanotte per aspettare il brindisi".
Finale scontato come un film americano: si resta ad Alcamo. Al massimo, idiozia delle idiozie, si parte per Palermo dopo il brindisi di mezzanotte, rimanendo imbottigliati all'entrata della città fino alle 2 di notte, per poi girare tra i botti e le fucilate senza una meta.
E ogni anno, giuro, è sempre la stessa storia. Quindi, non importa chi sei e da dove vieni. A questo punto, l'unica cosa che conta è: "Cosa fai a capodanno?"

felicia impastato con i trapanesi


Il bello della rete è che ti sorprende quando meno te l’aspetti, magari prima di andare a dormire.
Giro su youtube, senza pretese. Il mio percorso va dal Giuliano Ferrara della tv spazzatura (memorabile una puntata con Giancarlo Cito, caudillo tarantino) al Funari ruspante. Poi, mosso da un sano moto di amor proprio, mi sposto verso “La Meglio Gioventù” (Marco Tullio Giordana, 2003). L’incontro con Giorgia, i mondiali persi con la Nord Corea, Matteo che si lancia, la bionda brigatista. Molte scene mi inquietano, come sempre.
Da qui a “I Cento Passi” (M.T. Giordana, 2000) il passo è breve. Un paio di brani del film e poi l’intervista alla madre, in un bellissimo siciliano, con corollario di lacrime.
Ma la sorpresa è venuta dopo.
La seconda intervista si presenta più rudimentale, evidentemente amatoriale. In una panoramica scopro che quei ragazzi in casa di Felicia Impastato non erano sconosciuti. E a questo punto la sorpresa ha lasciato il posto alla meraviglia

lunedì 26 novembre 2007

Mi presento con cadeau


Ebbene si, sono Cipputi. Sono il virus rompiballe che agiterà i cybersonni di Brad (a proposito, su internet quando è notte?). Sono il ramoscello di ulivo nel nuovo simbolo del PD. Che sembra una cosa carina, ma in verità è stato messo lì, proprio tra il Gluteo P e il Gluteo D, per solleticare e dare fastidio. Io, millantatore militante, scuoterò questo blog con il mio massimalismo cazzaro. Fatta la premessa, posto il primo post, riciclando vigliaccamente uno scritto già scritto. Perché come si sa, la classe operata in paradiso ci vuole andare col minimo sforzo, e senza stramazzare prima dell'arrivo.

IL ROMANO CORRE…

Il romano corre. E corre perché ha sempre qualcosa da perdere. Che sia l’autobus, la metro, il tram, una lezione, una coincidenza o un film al cinema, lui corre. Mentre in campagna e nei paesi, i tempi sono certi e le mondanità rarefatte, in città il tempo è il bene più prezioso e perdere l’attimo significa passare la sera da soli. Luogo simbolo della corsa del romano è la metro, anche se la metro i romani nati e cresciuti in città cercano di evitarla come la peste, in quanto mezzo cheap e da popolino.

Ma in metro tu corri sempre, perché fino all’ultimo non sai se il mezzo è arrivato e sta per chiudere le porte, oppure no. E allora corri in ogni caso, per sicurezza, per non perdere un’occasione. La frase simbolo dell’ansia di non perdersi del romano viene invece pronunciata in un altro luogo a motore: l’autobus. Stiamo parlando, è chiaro, dell’odioso “Scende alla prossima?”. La natura molesta della frase risiede nel modo e nei tempi in cui viene usata. Il romano sull’autobus potrebbe avvicinarsi all’uscita del mezzo e chiedere “permesso” pochi secondi prima di scendere. Ma no, l’ansia lo costringe a chiedere “Scende alla prossima?” non appena l’autobus riparte dall’ultima fermata. Così facendo trasmette la sua ansia al vicino, e così via a catena. L’ipotesi che “Scende alla prossima?” sia un espediente necessario a causa dell’incredibile affollamento dei mezzi pubblici nella capitale, viene miseramente smentita dal suo utilizzo anche nel caso in cui il bus sia deserto e voi siate l’unico essere vivente tra il passeggero ansioso e l’uscita. “Scende alla prossima?”, dunque, non è spiegabile se non immaginando che nella testa del romano il mezzo pubblico è paragonabile a quelle piattaforme continuamente in movimento di alcuni videogiochi, su cui bisogna saltare al volo scegliendo bene il tempo, pena il precipitare nel vuoto e l’ineluttabile “Game Over”.

Allo stesso modo, secondo il romano, l’autobus non si ferma mai, al massimo rallenta, e l’unico modo per gettarsi dal mostro in corsa è prepararsi uno spazio per la rincorsa chiedendo a tutti “Scende alla prossima?”. Solo così il romano eviterà l’atroce rischio di perdere la propria fermate e finire a Frascati, dove – tra l’altro- “non conosco nessuno”. Così, assillato dalla preoccupazione di non perdere la coincidenza, il romano finisce col perdersi il vero sale della vita, Le coincidenze. Un amico di epoche felici ad un angolo di strada, una vecchia pazza che ti racconta la sua vita, un annuncio per la casa che cercavi, un raggio di sole proprio nel punto del marciapiedi in cui te ne stai bestemmiando, per aver mancato di un soffio il tuo maledetto bus.


Bio-Festa anni '70 ("cioè, in che senso?")


Fine settimana all’insegna della delusione per non aver raggiunto la città dell’auto. Però, grazie all’intervento di Cipputi ho partecipato a strani riti ludico-collettivi. Per esempio.

Sabato sera, festa anni ’70 a sfondo biologico, nei castelli fuori città.
L’obbligo – piuttosto blando – era di indossare capi anni settanta ma non si è fatto troppo caso al mio look contemporaneo, quanto al vino biologico che io, lucy e marshal avevamo portato.
A ben guardare, nessuno era realmente vestito come richiesto, tranne una coppia di mezza età (probabilmente padroni della casa e genitori dell’organizzatrice) che avevano un indubbio vantaggio rispetto a noi giovinastri, quello di essere due freakkettoni sopravvissuti. Io, con apparente naturalezza, indossavo un nastrino rosso sulla testa, tipo woodstock ma con molti meno capelli.

La festa è stata carina: s’è bevuto, mangiato e spalancato le porte della percezione. Ma sarebbe stata una festicciola qualunque se non si fosse materializzata la vera protagonista della serata (a parte l’amico Cipputi, uno dei bio-organizzatori, provolone, sempre una spanna sopra), un personaggio mitologico metà donna metà Verdone in fase hippy in “Un sacco bello”. Peccato per l’assenza di un sosia di Mario Brega (“A me fascio?! A zoccole', io non so’ communista così, so’ communista così!”). Fa sempre un certo effetto incontrare persone così incredibilmente identiche a dei personaggi comici. La razionalità porterebbe a pensare che tali personaggi siano inevitabilemente estremizzati, esagerati, banalizzati e infarciti di luoghi comuni, giusto per attrare il pubblico-massa. E invece, esistono e sono grandissimi.
A un certo punto della discussione ho avvertito un brivido lungo la schiena quando, a proposito della cooperazione in Africa, ha detto con la consueta voce nasale: “che poi l’africa è stata divisa con la squadretta dai colonialisti, senza tenere conto della cultura dei popoli abboriggeni”. Per poi proseguire, a proposito della contestazione alla Prestigiacomo alla manifestazione di sabato, con una frase magnifica: “Perché la violenza genera sempre violenza”. Ipse dixit.
Cosa volete dire a una così saggia?

26 novembre Campagna ONU sul disallineamento


Ogni anno più di 2000 giovani consulenti muoiono per non aver allineato correttamente una slide. Firma anche tu per un mondo di slide disallineate.

26 nov. Giornata Mondiale del disallineamento (ONU)

Riprendono le trasmissioni


Da questo momento riprendono le trasmissioni di questo blog, che si è fermato due mesi a riflettere sulla necessità della propria presenza nell'etere e sul giudizio da dare a In Rainbows, l'ultimo album dei Radiohead. Il risultato della riflessione è che la mia presenza non è utile alla società ma non dà troppo fastidio al grande fratello mediatico, per cui vale la pena continuare a parlare nel bordello dei blogger; mentre In rainbows è un album bello, bellissimo ma senza innovazioni, un po' troppo fragile.

Signore e signori, si riprende.

Sempre vostro, Brad