sabato 19 luglio 2008

dimettersi come si conviene

Mi ero dimenticato di dirvi che cambio lavoro. Anzi cambio società, perché il tipo di lavoro rimarrà più o meno lo stesso: quella mistura esplosiva di competenze economico-manageriali e schiavismo legalizzato, ma con una vena romantica, tipo gli schivisti belli e malinconici di “Via col Vento”.
Quindi, tre settimane fa mi sono dimesso. Sono andato dai miei capi e non ho detto “me ne vado!”, sbattendo il badge sul tornello. Più riformisticamente ho citato baglioni con un “io me ne andrei” al quale ha fatto seguito un coretto di “non andare per favore non è detto e poi non si sa mai”.
Insomma niente di particolare, niente di speciale, si usa tra i bradipo consulenti senza scrupoli. Anche se mio fratello sostiene che è un segno di emancipazione il fatto di rinunciare volontariamente ad un lavoro per un altro considerato migliore. Una cosa non troppo comune nelle foreste del brasile da dove vengo (foreste immaginarie che si trasformano in ulivi, pietre bruciate e ficalindie).
Prima di dimettermi una mia collega mi avverte che sono cambiate le regole per le dimissioni, che bisogna passare da un CAAF farsi dare il modulo, ecc. Lo spirito dei tempi brunettiano mi ha pervaso, spingendomi a pensare che si trattasse della solita burocrazia amministrativo-sindacale, una rottura di scatole, in soldoni. Per cui sono stato sollevato nell’apprendere dalla tipa delle HR (nelle aziende del terzo millennio la dicitura “risorse umane” è demodé) che uno dei primi atti del nuovo governo è stato quello di abolire questa procedura. Anche se ho pensato che questi stronzi di destra continuano a fare cose utili, come la detassazione degli straordinari (dimenticando che le aziende del terzo millennio solitamente non pagano gli straordinari).
Tutto fino a stamattina, quando leggo sul giornale che quella procedura mirava a evitare che i padroni obbligassero i neo assunti a firmare le dimissioni in bianco, senza data, utilizzandole come arma di ricatto, soprattutto contro le donne, soprattutto riguardo alla gravidanza.
Fortunatamente, non è il caso della mia società. Ma questo fenomeno sembra essere molto vasto e la sua gravità ciascuno di voi può stimarla correttamente proiettandola su di sé, sulla propria donna, sorella, mamma, amica.Devo ammettere che sono stato uno stronzo. Ma più stronzo di me è stato chi due giorni dopo essere salito al potere ha deciso per decreto di cancellare questa norma, di proteggere anche solo una persona.

2 commenti:

Cipputi ha detto...

sulla detassazione degli straordinari, naturalmente, essendo io un pericoloso estremista, la penso in modo opposto.
Perché favoriscono l'utilizzo all'estremo, per orari disumani, della stessa forza lavorativa che si è fatta già 8 ore di lavoro. E questo, nel caso dei lavori pesanti e pericolosi, favorisce gli incidenti mortali. Secondo le statistiche la maggior parte degli incidenti in fabbrica accadono nelle ultime ore di lavoro, quando l'attenzione del lavoratore è molto più bassa. Quindi, Abbasso la detassazione degli straordinari! Se avete bisogno di più lavoro, pagate più lavoratori!

Ah... ogni tanto un po' di retorica operaista ci vuole, eccheccazzo!

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie