giovedì 17 luglio 2008

Il libretto rozzo di Manu


Ecco si! Alle volte hai un dubbio che ti ronza nella testa, una contraddizione che non riesci a sciogliere. Capita spesso con le posizioni politiche. Crescere e vedere le cose in maniera più complessa e accorgersi che le posizioni tenute fino ad oggi, pur essendo in linea di principio corrette, si scontrano con una realtà che va in un'altra direzione. E allora che fare? Arrendersi
all'idea che moriremo inevitabilmente democristiani?
No, forse un'alternativa c'è. E' quella di pensare, studiare, non arrendersi. Faccio un esempio pratico. Da un po' di tempo ormai qualcosa scricchiola dentro di me rispetto al multiculturalismo di sinistra. Ecco, questa storia che siamo tutti amici, tutti uguali e tutti diversi, e che ognuno è libero di fare come cazzo gli pare, senza essere giudicato, se non con le iper-attenuanti economico-antropologiche... questa integrazione in salsa Manu Chao non mi convince più. Perché poi la mattina esci di casa ed effettivamente i rom che rubano in metropolitana li vedi, ed effettivamente se capiti alla stazione di Anagnina a Roma la sera, di immigrati dell'est Europa ubriachi e poco rassicuranti ce ne sono.
E quando un amico che vive alla periferia di Torino ti racconta che nel campo rom a lato ogni giorno vengono bruciati copertoni che riempono di diossina tutto il quartiere, mentre Rifondazione parla solo di rispetto della diversità... la contraddizione scricchiola forte.
E allora, che devo fare io? Arrendermi alla posizione tanto vaga tanto opportunista di Veltroni, che parla di sicurezza per i cittadini, di più mezzi per le forze dell'ordine, come se la soluzione fossero i proclami? O devo ammettere che sì, non c'è scelta, prendiamo le impronte ai bimbi rom, prendiamo a calci in culo i clandestini, costruiamo i muri nei quartieri a rischio e diciamo buonanotte al concetto di solidarietà?
Possibile che non esista una risposta di sinistra, da sinistra? Esiste, l'ho trovata in un'intervista uscita sulla free press di Liberazione lo scorso 8 luglio. L'intervistato è Zygmunt Bauman, uno dei pochi intellettuali che non scrivono rincorrendo il presente. Vi riporto la domanda e la risposta, a mio avviso illuminante:

Ci spiega perché ritiene che ci sia una «vena fondamentalista in ogni richiesta di riconoscimento» e perché il multiculturalismo opererebbe come una «forza essenzialmente conservatrice»?

Le rivendicazioni per una forma di vita che sia riconosciuta e non solo tollerata, rispettata e non semplicemente legittimata, vengono normalmente avanzate da comunità che lottano per evitare che i propri membri "disertino i ranghi" con la speranza di raggiungere una categoria sociale più promettente. Per i membri di un gruppo che reclama il riconoscimento i risultati sono ambivalenti: se ha successo, verranno protetti dalle umiliazioni che vengono dall'esterno ma allo stesso tempo vedranno consolidarsi il controllo sotto il quale sono tenuti. Come ha opportunamente notato Alain Touraine, la reazione della maggioranza è altrettanto ambivalente: l'accettazione della richiesta, generalmente concessa sotto l'apparenza di una politica multiculturalista (ogni forma di vita merita il rispetto e il diritto alla sopravvivenza per il solo fatto di essere differente), contiene inevitabilmente anche il riconoscimento del multicomunitarismo (la reciproca esclusività delle comunità e il loro diritto di determinare in anticipo le scelte di vita dei loro membri). La tolleranza è troppo spesso un atteggiamento conclusivo, condiscendente o sprezzante, e una manifestazione di indifferenza piuttosto che un'espressione di coinvolgimento e attenzione. La solidarietà genuina implica invece l'intenzione di discutere e di cercare insieme le migliori espressioni di un'umanità comune.