giovedì 29 maggio 2008

Miracolo a Milano


Ci sono dei periodi in cui ti succedono delle piccole disavventure in rapida successione (niente di che, per carità) che minano il tuo umore: un motorino che si rompe, un bancomat che non arriva. Diventi irritabile, spigoloso e cominci a soffrire di ventilatio intestinalis.
Poi succedono i miracoli.
Ieri l’altro in ufficio, sul sentiero che conduce verso la macchinetta del caffè, un angelo travestito da giovane neo-collega pronuncia queste parole: “Ragazzi, conoscete qualcuno interessato a un biglietto per il concerto dei Radiohead a Milano? Io non ci posso più andare”.
Colori di bradipo: rosso, rosso pompeiano, arancio, aragosta, viola, viola-addobbo-funebre, blu tenebra. Sul blu-tenebra bradipo andò in come cardio-respiratorio.
Come voi saprete, non si trova un biglietto a meno di 150 eurazzi da dicembre! Io sono rimasto col cerino acceso perché non credevo finissero istantaneamente. Ma sentivo che qualcosa mi avrebbe aiutato. E così è stato.
In conclusione, il biglietto è arrivato proprio oggi. Io ancora non ce l’ho tra le mani ma nei prossimi giorni concluderemo la transazione e avrò esattamente biglietto che cercavo: Milano Arena Civica, prato, 17 giugno, in modo da potermi unire alla cellula balorda composta dal Tigre e dal Puma, fan dei RH da quando ancora suonavano nei garage con i cartoni delle uova ai muri.
Comunque, vi farò sapere come andrà a finire.

mercoledì 28 maggio 2008

la guerra dei trentenni



La scorsa settimana ho compiuto trent’anni.
A chi ne ha solo venti o venticinque sembra una data di grande rilievo, anche per i paralleli che si fanno con familiari amici e conoscenti che a quell’età avevano già moglie/marito figli macchina e mutuo. Forse anch’io ho sentito qualcosa di tutto ciò ma non me ne sono accortp, troppo. Non volevo festeggiare, mi ripetevo di non essere “schiavo della ricorrenza”.
Alla fine ho festeggiato, senza proclami o torte ma con amici e regali. Da bradipo sbadato ho lasciato che il mio telefono si scaricasse -e molti mi hanno maledetto per questo- ma ho comunque organizzato una specie di aperitivo che si è protratto fino a mezzanotte con colleghe/i amiche/i e anche persone mai viste prima. Ringrazio tutti loro.
Ma la vera sorprese è avvenuta il giorno dopo quando, con un’organizzazione semi clandestina ordita a mia bambascionesca insaputa, mi sono ritrovato in casa un fratello e tre amici, avviatisi per più di seicento chilometri per venirmi a festeggiare. thanks

Ma i nuovi media offrono tante opportunità per comunicare, per esempio gli sms. In esclusiva per il club dei bradipinevrotici una selezione (non esaustiva) dei messaggi ricevuti:

  • […] 30 che ke bella cifra… la solita ke perdo col poker a casa tua - fede dott.march
  • A trent’anni tocca ni la spiendi (a trent’anni ci devi offrire da bere) – Omar
  • Auguri Beppe sia da me che da Rossella detta Veronica. Mi raccomando oggi licenziati e vai a festeggiare. W la patata! – Falluc ex giocoliere
  • Auguri rumatu (letame, ndr) – Pierpa
  • Tanti auguri Peppemo’, come siamo diventati old! Ma che ce frega! - Robe Bubu dall’ispagna
  • Occhio ai reumatismi! - Luaisa
  • Ma che cazzo di fine hai fatto? (per via del telefono scarico) – Fukic
  • Auguri piccolo chiuddhro (soprannome di famiglia) – Cateratta
  • Auguri caro omologo (nati entrambi il 23) – Stef.Vent.
  • Lu ddumi o no? È chiù facile cu dai li auguri alla reggina matre – Tebblenta
  • Auguri pornodito – Valerio il principe dell’erasmus
  • Volevamo sentirti per gli auguri un po’ brillo – lucyinthesky & manu che gue
  • Peppuccio perdonami (il giorno dopo) – Mimmuzzo P.
  • 30 anni. Finalmente hai l’età che dimostri da dieci anni – Barbra

    Ma io di solito mi vedo così

venerdì 23 maggio 2008

Prima d'essere un eroe, sognavo margherite come te


a Giovanni Falcone nell'anniversario della sua morte (23 maggio 1992)

mercoledì 21 maggio 2008

Decolonizzare l'immaginario


Visto che in questi giorni corro e soccombo al lavoro, ma visto che altresì il blog è un vampiro bambino che va nutrito con post freschi, rubo da ladro pelandrone rom quale sono un post di Raccuiottu. Il quale post, lo condivido in pieno, forse di più. In pieno e mezzo.

"Autunno sociale italiano, sembra questo il clima dei giorni che viviamo. Tutto molto scenografico, da filmare: coi capelli bagnati su visi pallidi, tra strade allagate, pozzanghere fangose, vetri schizzati da grosse gocce; una luce "berlinese", un clima da film su Auschwitz.

Leggo sull'Unità on- line stralci di un'intervista a Nichi Vendola. Parla di sconfitta, parla di Gramsci, parla dei modi per resistere alla sconfitta, parla di semplificazione che rischia di diventare banalizzazione. Parole che non mi deprimono - come spesso accade con le sinistrose prese di coscienza - parole che nel clima piovoso di questi giorni di maggio autunnale mi fanno sentire un sole - che magari non sarà quel dell'avvenir - intellettuale: Quaderni dal carcere, quaderni dal nostro quotidiano.

Alle parole di Vendola che pesca in Gramsci accosto le parole di Serge Latouche, economista filosofico fronscese, del quale ieri ho intravisto alcuni volumi al banchetto di Lilliput alla manifestazione Globalizza...che?
Uno dei suoi volumi esposti s'intitola "Decolonizzare l'immaginario".

Sotto la pioggia di questi giorni medito parole nuove, spolvero parole vecchie ma assolutamente funzionanti, cerco parole nocive da mettere sotto formalina".

martedì 20 maggio 2008

Piove...

[...]Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,[...]
Piove, governo ladro!

(gabriele d'annunzio con bradipo-contributo conclusivo di protesta sociale)

lunedì 19 maggio 2008

Lavori in corso

La settimana scorsa è stata molto poco da bradipo.
Su e giù per l’Italia tra matrimoni, treni, piogge e commozioni (per lo più cerebrali). E anche nel mondo la settimana non è andata via liscia ma ha dato tanti spunti: dallo scudetto dell’Inter (acciuffato per i capelli, anzi per il naso di Ibra), alla fiducia al governo, dalle aggressioni nei confronti dei Rom ai nuovi cavalieri del colbertismo.
Inoltre, sono attese le incurisioni di Lucyinthesky e Cipputi dai loro rifugi nell’iperspazio.

Sempre che quella specie di tortura che chiamano lavoro non ci annichilisca e abbrutisca oltre ogni aspettativa…

lunedì 12 maggio 2008

Una palla inseguita da 11 uomini

(questo post è colpa di Manu CheGue)

Se parli di calcio con una donna con molta probabilità ti dirà che è uno sport stupido, in cui 11 uomini inseguono una palla (non si sa poi perché sono 11 e non 22!). Pensavo a questa visione del calcio mentre sabato andavo a Bergamo, per vedere Lecce - Albinoleffe. E se fosse la definizione giusta?
In mattinata ho incontrato alcuni amici, da Modena, da Parma…Si parte con la sciarpa, rigorosamente la stessa da anni piena di sudore. Arriviamo allo stadio, manca un’ora alla partita, già si canta, dietro di me sento un ragazzo che incita: ”lu lecce se sta scarfa, tocca ni tamu la careca”. Ci guardiamo intorno alla ricerca di facce conosciute, magari del nostro stesso borgo selvaggio, con il solito pullman che segue la squadra in giro per l’Italia. Lavoratori e studenti da ogni parte del nord, la rappresentanza del cantone svizzero/salentino sempre presente un po’ per passione, un po’ per nostalgia; due chiacchiere con l’amico di facoltà, con il collega che non vedi da un paio d’anni, c’è anche qualche compaesano ma è troppo lontano per andare a salutarlo.
Ore 16: ognuno fa il suo gesto scaramantico e la partita ha inizio. Uno sguardo al campo, un altro ai personaggi che popolano la curva, cori e sciarpe tanti, striscioni nessuno per rispetto della legge, frasi colorite verso chiunque non abbia qualcosa di giallo-rosso addosso.
Ma la curva non è fatta solo di persone comuni ma pullula di personaggi letterari. C’è il tipo che passa tutto il secondo tempo ininterrottamente a fare gestacci che mimano una fellatio) verso il settore dei bergamaschi e si giustifica dicendo “c’è uno in tribuna che ce l’ha con me”; c’è n’è un altro che passa il tempo a sbattere violentemente la testa ed il corpo contro i pannelli di plexyglass. Ma sono figure di contorno.
La partita non è entusiasmante ma bella. Nei primi venti minuti le notizie interessanti non arrivano dal campo ma dalla radio: il Grosseto vince 2 a 0 sul Bologna. Ora tocca a noi vincendo saremo secondi! I cori diventano più forti e frequenti, il Lecce attacca, al 33’ Abbruscato crossa in aria, Zanchetta non dà la giusta forza alla palla ma ci pensa il Tir(ibocchi) a risolvere la situazione calciando con forza in rete!!! (si festeggia a ritmo di kali nifta, ovviamente nella versione ultrà).
Finisce il primo tempo e l’intervallo serve per fare un po’ di calcoli. Perdono tutte le dirette concorrenti, perde anche il Bari che non è assolutamente una diretta concorrente per la serie A, ma è una notizia che rende perfetta una domenica, ops, un sabato, sulla carta particolarmente difficile.
Tra calcoli, battute e una puntatina al bar per l’immancabile Caffè Borghetti si riparte, i giochi nelle altre partite sono ormai chiusi, quindi si può abbandonare la radiolina e concentrarsi sulla nostra gara. Cantano tutti ormai, anche i più restii a questo tipo di tifo non fanno altro che incitare, senza pensare che domani a lavoro, in facoltà o peggio ancora in famiglia non avranno più la voce per parlare.
Arrivano i primi cambi: nonostante il vantaggio mister Papadopulo modifica la squadra rendendola ancora più offensiva; il Lecce domina la partita ma bisogna chiuderla. Ci pensa Zanchetta con una punizione dal limite che proietta il Lecce verso la serie A ma soprattutto regala ai 1000 salentini presenti emozioni indescrivibili. Tutti a festeggiare sotto il settore ospiti…Mister e panchinari compresi!
Ci sarebbero da raccontare altri due goal ma ormai sono in pochi a seguire la partita, c’è solo voglia di festeggiare e di liberarsi…gli ultimi minuti della partita sono dedicati alla prossima sfida, quella contro il Bari. Usciamo dallo stadio soddisfatti di questa trasferta, ripenso ai primi pensieri di questa mattina……..eh si, il calcio è solo una palla inseguita da 11 uomini!

venerdì 9 maggio 2008

C'era Cinisi in Coma


Di Aldo Moro, che trent'anni fa venne trovato morto in posizione fetale nel bagagliaio di una renault 4, in via Caetani a Roma, sappiamo tutto. E quello che non sappiamo, ahimé, forse non lo sapremo mai. Di Peppino Impastato, sucidato dalla mafia con chili di tritolo legati al petto, si sa di meno, ma comincia a sapersi quasi tutto. Merito del film I Cento passi. I miei amici più politicizzati, comunisti, o anarcocomunisti, nonostante l'oblio parlamentare, non amano quel film. Con Antò, ne abbiamo discusso spesso. Tra le cose che non gli piacciono del film, c'è l'idea che passa del rivoluzionario romantico, sognatore, idealista di un idealismo etereo, senza colore. Invece, e ha ragione Antò, Peppino il colore politico lo aveva, era un comunista, e quando fu ammazzato era candidato con Democrazia Proletaria. Uno che studiava, si potrebbe dire, uno che approfondiva, che aveva un'idea precisa di lotta di classe e di conflitto sociale. Tutto vero, come è verò che il cinema spesso deve annacquare le identità per vendere il prodotto. Però, nonostante tutto, apprezzo i Cento passi perché pur essendo un film ruffiano in tante cose, rimane comunque sincero nel presentare un idea di rivolta che va al di là del contesto storico. Trasforma Peppino in un simbolo, con tutta la forza che i simboli hanno di trascinare a imprese, di chiamare al coraggio.
Per ricordare i trent'anni di Impastato morto ammazzato dalla mafia, mi permetto di segnalarvi un paio di link:

- Lo spezzone de I Cento passi, in cui Peppino/Lo Cascio parla all'amico dell'importanza della bellezza

- Negghia, una nuova canzone dei siciliani Marta sui Tubi, dedicata a Peppino Impastato, che ha una sua poesia come testo

- Il sito del Centro siciliano di documentazione Impastato, dove se siete tra gli "uni che studiano, che approfondiscono", trovate documenti preziosi. Altrimenti, potete cliccare sul link Peppino in homepage e leggere gli strazianti pezzi del suo diario o le poesie scritte da e su di lui

giovedì 8 maggio 2008

Sul nostro blog


Fortunatemente riceviamo spesso complimenti per questo blog. A volte meritati, altre volte dovuti alla benevolenza di persone care.

Qualcuno mi dice (è bradipo che scrive) "ho letto il tuo post incazzato sul PD, mi è piaciuto". Io ringrazio e poi faccio notare che non l'ho scritto io, bensì il mio socio Cipputi. Lo dico non per smarcarmi dalle opinioni ma per rendere merito all'autore, che riscuote sempre un certo successo.

Ad ogni modo, mi preme sottolineare che questo blog, di cui bradipo è animatore, è in realtà plurale per quanto possibile e che la firma (mia, di cipputi e, troppo poco spesso, di lucyinthesky) è solo un particolare.

Soprattutto perchè, alla fine dei conti, siamo tutti accomunati dall'essere un po' bradipi un po' nevrotici, vittime ed animatori di un mondo molto simile.

domenica 4 maggio 2008

Le Ceneri di Gramsci


Stavo per andare a un appuntamento con un amico, sotto il sole delle 4 di pomeriggio di una Roma silenziosa di ponte. Arrivato a Piramide ho deciso di fare una piccola deviazione - che l'amico mi perdoni - e mi sono concesso una visita che promettevo a me stesso da tempo. Sono entrato nel cimitero acattolico, che si trova proprio alle spalle della piramide di Porta San Paolo. Il cimitero acattolico di Roma è un luogo speciale, fu costruito fuori dalle mura romane perché il papa non permetteva che nel suo territorio riposassero le membra dei miscredenti. Qui riposano atei, protestanti, ortodossi, e uomini e donne che probabilmente non si sarebbero sognati di descriversi in base alle proprie credenze. L'atmosfera è serena e speciale. Tanti turisti, tutti stranieri, si aggirano alla ricerca delle tombe dei personaggi famosi che deciserò di farsi seppellire qui. Mi sono avviato tra le tombe. Su un pratino inglese che guarda la piramide, qualcuno stava appoggiato ad un albero a piedi scalzi, qualcuno addirittura leggeva. Era riconciliante la sensazione della morte come parte di un processo senza fine, lontana dagli strepiti e i lancinanti vuoti del lutto cattolico. Mi sono fermato davanti alla tomba del poeta inglese John Keats. Sulla lapide è inciso: “Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua” . Ho continuato fino a d arrivare al sepolcro dello scrittore Percy Shelley. Sulla lapide alcuni versi di Shakespeare: "Nothing of him that doth fade/But doth suffer a sea-change/Into something rich and strange". Accanto a lui, su una umile lastra di pietra poggiata tra le piante, il poeta Beat Gregori Corso, che visse i suoi ultimi anni come barbone a Roma, ci dice: "Spirit / is Life / It flows thru / the death of me / endlessy / like a river / unafraid / of becoming / the sea".
Ho continuato a passeggiare, passando davanti alla tomba del figlio di Goethe, diretto alla mia vera meta: le ceneri di Antonio Gramsci. Avvicinandomi, mi sono accorto che il silenzio placido del cimitero era rotto da schiamazzi di giovani. Stavano facendo delle foto alla tomba di Gramsci. Ho pensato che si trattasse dei soliti adolescenti insulsamente comunisti, senza uno straccio di capacità di autocritica. Era peggio. Davanti la piccola urna che conteneva le ceneri di Gramsci, attorniata da corone di fiori lasciate lì dai rappresentanti dei partiti italiani di centrosinistra, un gruppo di adolescenti dark. Travestiti come manga di un fumetto dell'orrore. Due ragazze, di cui una grassissima, vestite da serve, con tanto di grembiulino, si abbracciavano sensuali a pochi centimetri dalla tomba. "Perché ve dovete fa' na foto co questa tomba?", gridava uno di loro, capelli sparati e collane e anelli. "Perché qui fa arternativo, no?" e giù a ridere. Io avevo voglia di fulminarli con lo sguardo, di parlargli di rispetto. Poi, un po' per non sentirmi vecchio e bigotto, e un po' per non dargli la soddisfazione del mio sguardo scandalizzato, ho fatto finta di niente. Ho aspettato che si scostassero appena e mi sono piazzato davanti all'urna, quasi a volerle fare da scudo contro quella mandria di decerebrati. Li ho sentiti allontanarsi dicendo "Dai, facciamo quarche artra foto brutal - aò, stasera se n'annamo ar Diabolika"...
In silenzio ho guardato la piccola scatola di pietra con su scritto "Cinera Antonii Gramscii". Ho pensato a lui, a Pasolini, poi di nuovo a lui, morto dopo vent'anni in una carcere fascista, con un sogno di giustizia nella testa. Ho pensato alla scomparsa della sinistra dal parlamento italiano, ho tentato invano di soppesare l'utilità della morte di Gramsci e delle sue idee. Mi sono abbassato, ho sfiorato l'urna, sentendo la polvere della pietra fissarsi sui miei polpastrelli. Non potevo credere al vuoto mascherato di quel gruppo di ragazzi, al disprezzo di quel luogo, di quell'uomo, ridotto a sfondo per il proprio ego modello youtube. Sono uscito dal cimitero, attonito e incredulo, e mi sono incamminato. Fuori posto fuori fuoco, investito dal sole accecante di Roma di maggio. Poi è passato l'autobus, sono salito, e ho guardato l'orologio.

sabato 3 maggio 2008

Donne e motori / gioie e dolori

PROLOGO
Stamattina mi sono svegliato con l’ansia di non aver messo la catena al bolide. Mi sono alzato di scatto, doccia e vestizione in 8 minuti (tempo di valore europeo), discesa verso la strada per controllare che tutto fosse a posto. Lo era. Allora, vista la giornata degna della primavera romana, ho deciso di andare a Pigneto (quartiere popolar-chic, per i non romani) per fare una colazione d’altri tempi allo Yeti, dove si può ordinare un caffè, un fruttone (devono avere qualche ascendente salentino) e si può stazionare al tavolino di legno per strada col sole in faccia. Sembra andare tutto bene. Traccheggio, leggo, mi guardo intorno, sto sanamente per i cazzi miei, decido di pagare ed andare. A questo punto il dramma (sottofondo di Carmina Burana)

SVOLGIMENTO
Lasciamo stare le donne, chè ci sono stati tempi migliori, ma almeno i motori…!
Niente. Dopo la colazione vado per riaccendere il bolide e lui tossisce, scatarra, senza riuscire ad accendersi, cinque giorni dopo avergli cambiato la batteria e a due settimane dalla consegna. Sono costernato, sfiduciato.
Ieri vedevo “Quo vadis baby?” di Gabriele Salvatores, in cui Bebo Storti, che interpreta la parte del Ranzani di turno che ha fatto spiare la moglie e vede delle foto inquivocabili, esclama attonito: “Quand’è che mia moglie è diventata un’estranea?”.
Ecco, io ho cominciato a chiedermi: “quand’è che il bolide si è trasformato in un inequivocabile bidone?
Sic transit gloria mundi

venerdì 2 maggio 2008

Sulla Sicurezza


Si è fatto un gran parlare della sicurezza. E il frastuono continua.
Si è detto che la battaglia per il Campidoglio è stata persa da Rutelli proprio su questo terreno. Anzi lo ha detto proprio Rutelli, come velata accusa al predecessore Veltroni per non aver fatto abbastanza.
“Non è la prima volta nella storia d'Europa che la cronaca nera prende uno spazio abnorme e simbolico: nelle scelte governative, nelle campagne elettorali, nel farsi delle carriere politiche, nelle strategie dei mezzi di comunicazione”. Così comincia un’analisi illuminante di Barbara Spinelli su La Stampa che incornicia la questione aggiungendo che “l'emozione che prende il posto della comunicazione, l'ossessione delle cifre, il linguaggio bellico, le «lunghe scie di sangue»: la stampa imita il politico, perde autonomia, invece di registrare e interpretare escogita titoli-arpioni”.
Per minime esigenze elettorali assistiamo da mesi al terrorismo di chi ci fa credere che siamo assaliti a rotazione da cinesi, neri, extracomunitari in genere, ma soprattutto rumeni o rom, che sembrano essere diventati sinonimi.
La sinistra riformista da anni cerca di togliersi di dosso l’immagine lassista e cerca di mandare messaggi chiari, a volte burleschi, del proprio intento securitario. La destra va a nozze con questi temi perché del timore del diverso e sul mito dell’ordine a tutti i costi si alimenta da sempre.
Non voglio ignorare il bisogno di ciascuno di sentirsi sicuro in casa propria e per strada, né si possono ignorare i fatti di cronaca che sempre avvengono e sempre provocano in noi reazioni di orrore o rabbia. Niente di tutto questo. Ci sono zone di Roma per esempio in cui la legalità è assente e non si gira certo tranquillamente.
Ma qual è la reazione che si avverte in giro? È colpa degli stranieri, è colpa dei rumeni, ma soprattutto è colpa degli zingari.
Ecco: il problema del rispetto della legalità si trasforma in accanimento xenofobo, cioè mirato ad alcune etnie in particolare. Il gioco è fatto, la degenerazione evidente. Ho paura quando rifletto su questi aspetti. Mi sembra di essere in un sistema che deve cercare capri espiatori per perseguirli addossando loro qualsiasi colpa, per poi scoprire la barbarie cui si va incontro.
Se c’è un problema in Italia è la certezza della pena, ma questo è un tema scomodo perché non riguarda solo gli zingari brutti-sporchi-ignoranti-ladri e rapitori di bambini, ma le cravatte inamidate delle grandi frodi finanziarie, la collusione al malaffare di tanto personale politico, le piccole beghe illegali di ciascuno di noi.

P.S.
Per fortuna ci sono i poeti. Non ho mai pensato “che a canzoni si fan rivoluzioni” ma ascoltate questa canzone