sabato 22 dicembre 2007
bianco, Russo e Berluscone
Ispirato dalla piaggeria di Saccà, la finta modestia del Silvio, la sua sufficienza nel rispondere alle lusinghe del direttore di Rai Fiction, le accuse di deficienza mandate a destra e manca, Federico Barbarossa e suo cugino Umberto Bossi, la “operazione libertà” per comprare senatori e far cadere il governo, sono andato a vedere i siti delle due attrici raccomandate da quel vecchio provolone di Silvio al fido scudiero. Quello di Elena Russo ti accoglie con una musichetta terribile che riproduce “Tu si’ na cosa grande pe me” in versione midi, tipo karaoke, con foto come questa (delicatissima direbbe Christian De Sica) e un frase che recita testualmente: “Nella vita di un attore è importante come cresci, così ti formi! Scambi UMANI e professionali concorrono a formare un bagaglio”. E ho capito due cose: che il bagaglio di Elena è evidentemente grande; e che il sito glielo ha pensato e scritto Checco Zalone (o Mariano Apicella)
venerdì 21 dicembre 2007
Natale per sempre
Dunque, spremendo le meningi sulla parola "Natale", mi è apparso appunto davanti agli occhi Natale. Però, un altro Natale, il protagonista del film Mery per sempre.
Il film di Marco Risi (1989) è un cult per i siciliani della mia generazione, e forse non solo per noi isolani. Parla di un professore del nord che va a insegnare nel carcere minorile di Palermo e si confronta con la terribbbile realtà sottosviluppata e mafiosa dei ragazzi carcerati.
Il film è fonte di battute e citazioni epiche, come le seguenti:
"La mafia è bene, la mafia è giusta" (Natale)
"Un ci 'a rugnu a manu a li sbirri" (Pietro)
"Io non sono né carne né pesce... io sono Mery, Mery per sempre" (inutile dirlo)
Cosa c'entra col Natale? Beh, a parte il nome del protagonista, volendo anche il titolo del film potrebbe rimandare all'eternità della Vergine. E poi, come il testo bliblico, Mery per sempre abbonda di violenza, peccato, espiazione. Nonché di sfighe e maledizioni: un numero di attori del film, che adesso non ricordo, in seguito morì o finì in carcere, tanto da far parlare della maledizione di Mery per sempre. Non manca la maddalena, seppur con tacchi a spillo e peli sul petto. C'è pure la figura del messia (il professore) volontariamente venuto dall'alto (il nord) per salvare i peccatori (i carcerati).
E se ancora non vi avessi convinto, come nel sacro testo cristano, c'è l'aspetto profetico.
Troviamo tutto il rapporto utilitaristico e primo di emotività dei giovani di oggi col sesso - svelato vent'anni prima dei video porno sui telefonini - nell'aria di normalità con cui Pietro spiega al professore cosa ha fatto all'assistente sociale shoccata:
"Nenti... ci tuccavu u sticchiu"
...Ed è subito cult.
l'abito, il monaco, la rivoluzione
Quel giorno sono arrivato nella sede della bradipo-società vestito come al matrimonio di mio fratello: giacca nera, camicia bianca, cravatta rosso fuoco (piuttosto appariscente), scarpe con tacco rumoroso. Ad un certo punto, Catia (giovane co-masterizzatrice e co-stageur) mi intima di togliere il piercing dall’orecchio, dicendo “ma sei matto?! Togliti subito quel coso dall’orecchio!”.
All’inizio, da bravo bradipo progressista, vivevo il cosiddetto dress code come una costrizione, di cui liberarsi non appena possibile. Cosa sono –mi dicevo- queste formalità inutili, questi orpelli borghesi per mascherare spesso il vuoto?
Poi mi sono reso conto che quegli abiti, ancorchè arraffazzonati e sgualciti, stavano diventando una vera e propria divisa, dentro la quale sentirsi più sicuri, più a proprio agio. Una volta, mentre facevo la fila in una Asl della periferia della metropoli, due vecchiette volevano farmi passare avanti, incredibilmente messe in soggezione da una cravatta dell’Oviesse (9,90 €). Si può pensarla così? Non saprei. Se mi fermo a pensare mi rispondo che è una stronzata, che sono distorsioni della realtà.
Poi mi sorprendo a guardare alcune vetrine, con l’intento di emulare gli esseri che mi circondano: vestito grigio antracite, camicia (preferibilmente) bianca, cravatta blu magari a righe, scarpe nere con taglio alla francese. Loro sono state le ultime. Non mi sentivo abbastanza bradipo-consulente senza le scarpe à la francais. Ce le hanno tutti, potevo essere da meno?
Le ho comprate. Non le più care, ma le ho comprate. E quando sono andato in ufficio ero soddisfatto, anche se per colpa loro avevo delle stimmate ai piedi e visioni mistiche, tipo arcangelo gabriele. Unica concessione eccentrica: i calzini a righe, però intonati a camicia e/o cravatta.
È tutto molto decadente ma sono sincero.
P.S. (per i lettori più affezionati) è solo un camuffamento. Quando Berlinguer apparirà in televisione – come profetico diceva Cioni Mario- mi farò trovare pronto per la rivoluzione.
sabato 15 dicembre 2007
Proust e i mattoncini
In queste occasioni in cui Lucifero s’impossessava dei suoi occhi, mi riversavo sulla ciotolina del salotto piena zeppa di caramelle alcune gialle, con un cuore dolcissimo di miele: le fantastiche caramelle ambrosoli; le seconde rosse con una forma rettangolare, le Rossana, buone ma soprattutto utili per giocare alla vista bionica, salvo poi ritrovarmi vicino lo specchio con un bozzo nella guancia destra e rudimentali occhiali con lenti rossastre.
Ed ancora tutto questo è nitido, come se fossi lì davanti a lei e lo è ogni volta che assaggio una di queste prelibatezze. Proust alla fine non ha detto nulla di nuovo. Questo Natale farò la scorta, certi momenti non si rivivono più o forse si possono rivivere all’infinito (fino a fine produzione, ovviamente).
lucyinthesky (lucì-dans-le-ciel)
venerdì 14 dicembre 2007
Xmas Party
Riaffiorano i ricordi della sera prima, fatti di sorrisi, battute, goliardiche passeggiate e panini notturni. Se sei la penultima ruota del carro, però, a un certo punto ti rendi conto che quelli che la sera prima ti sembravano suppergiù degli amici, sono le stesse persone che ti giudicano, ti fanno tirar tardi, ti mettono ansia. Insomma, sono i tuoi bradipo-tiranni, ansiosi e numerosi come i livelli che ti mancano per diventare amministratore delegato. Non li ho mai contati, ma confido veltronianamente in JFK che diceva “Un lungo cammino inizia sempre con un piccolo passo”. O forse era Mao Zedong? Bah, dev’essere ancora l’effetto del vino…
Insomma, queste feste magari le conoscete: gente in giacca e cravatta, donne in balconcino (anche qualora ben dotate) e quella inestirpabile sensazione di competizione che aleggia anche quando si scherza. Forse è una mia paranoia.
Non è (solo) un problema di persone –evidentemente, c’è chi è più o meno competitivo, la lista sarebbe variegata- ma è una mano invisibile che guida verso questa direzione.
martedì 11 dicembre 2007
Un Parapendio di cazzate!
- Tempo fa, a un funerale di una mia vecchia zia, ho incontrato Larry Mullen Jr., il batterista degli U2. Mi sono avvicinato e ho scoperto che aveva conosciutio mia zia un'estate dell'84 in un campeggio di Maratea. Mi ha detto che non piangeva così dal funerale del cantante degli Inxs, di cui al momento ci sfuggiva il nome a tutti e due.
- Ero al concerto dei Tokio Hotel con un gruppo di amici. A un certo punto, mi passano una canna, faccio due tiri e la faccio girare al tizio che avevo a destra. Era Giorgio Napolitano. Prima che aprissi bocca, mi ha detto: "Ti prego non parliamo di politica proprio ora che stanno attaccando con Istant Karma, che è il mio pezzo preferito".
- Sono entrato da un barbiere sull'Appia Antica che mi avevano consigliato perché costa poco. Non c'era nessuno e mi sono accomodato. Solo verso la fine del taglio, mi sono accorto che il barbiere era Marco Predolin. Gli faccio: "Ma cosa ci fai qui, tu che hai fatto la storia della televisione commerciale italiana?". Mi ha risposto: "Arrotondo, perché mi devo comprare l'IPod da 60 giga con lo schermo grande", che è una risposta più che dignitosa. Ho pagato e ho salutato. 12 euro per taglio e shampoo, mica male. Certo, Predolin, la prossima volta la ricevuta puoi anche farmela.
- Lo scorso marzo, io e un paio di amici, ci siamo persi nella foresta più grossa del Nicaragua. Nessuno ne parla mai, ma posso giurare che il Nicaragua ci ha delle foreste tra le più grosse del mondo. Dopo due giorni di girare a vuoto, troviamo una capanna di fango e paglia in mezzo alle mangrovie. Entriamo con circospezione, e troviamo Licia Colò che si sta truccando per andare a una festa dai vicini. Gli faccio: "Ma scusa, ma se non c'è un'essere umano per centinaia di chilometri!". Mi ha risposto: "Infatti, la festa è tra un mese". E Licia Colò non è un tipo che improvvisa. (Omaggio a M. M.)
PS: Oh voi che leggete, postate i racconti più assurdi dei vostri amici megalomani... quelli che cominciano con "Giuro, non è una cazzata...", ma evidentemente lo è.
venerdì 7 dicembre 2007
Commissari, anarchici e alieni
"Abbiamo lottato cent'anni per migliorare la vita di un lavoratore di un quarto d'ora... e poi lo uccidiamo?" (Pietro Ingrao)
giovedì 6 dicembre 2007
fabbrica di morte
mercoledì 5 dicembre 2007
Super-Faust?
Spiegatemi, per esempio, perchè il presidente della Camera dei Deputati dovrebbe intervenire così pesantemente contro il governo. Su, spiegatemelo! Penso che neanche l'amico operaista Cipputi stavolta riuscirà a spiegarselo.
Non entro nel merito delle argomentazioni, che potrebbero avere un loro fondamento e hanno sicuramente legittimità. Ma mi chiedo perchè le stesse parole non poteva pronunciarle il segretario di Rifondazione piuttosto che il suo leader carismatico.
Neanche Casini ha fatto qualcosa del genere, perchè Bertinotti (nella foto durante un importante appuntamento istituzionale) ha sentito l'esigenza di rompere la prassi di garanzia per cui il presidente di uno dei due rami del Parlamento (terza carica dello stato, dopo Napolitano e Donadoni) non esprime direttamente opinioni così devastanti nei confronti del governo o di una maggioranza parlamentare. Neanche la Pivetti (mio dio, la Pivetti!) ha mai fatto nulla di così fuori luogo, a parte i foulard verdi e le croci vandeane, durante la sua presidenza.
Capisco le difficoltà di ri-collocamento politico di Rif.Com. ma non mi sembra che questa dichiarazione risolva la situazione. Tu quoque Faust!
lunedì 3 dicembre 2007
Contaminazioni in 11/8
s. f. 1 il contaminare, l'essere contaminato: contaminazione radioattiva, aumento della radioattività atmosferica o al suolo causato da esplosioni nucleari, da incidenti a reattori di centrali nucleari, oppure dalla lavorazione o dall'uso di sostanze radioattive 2 in un testo, fusione di più elementi di diversa provenienza 3 (ling.) incrocio di costrutti o forme diverse che dà origine a un costrutto o a una forma nuovi.
(cfr. www.garzantilinguistica.it)
Sostantivo dal significato ambivalente, spesso avversato e combattuto (magari con forme linguistiche dispregiative, come lotta al “meticciato”), io dichiaro di essere un appassionato di contaminazioni.
Esse rappresentano il sale della vita e l’unica possibilità di miglioramento ed evoluzione per il genere umano. Un mio amico che raccontava di avventure incredibili durante il suo erasmus svedese (e poi per questo replicato per un altro semestre) mi garantiva che i frutti migliori di quella terra sono il risultato di contaminazioni scandinavo-indiane (o africane, o mediterranee), facendo comprendere di parlare con cognizione di causa.
Per questo mi piace 11/8 records, un’etichetta musicale indipendente che fa della contaminazione la propria ragione di esistenza, fatta di trombe, fiati, violini ed elettronica, voci nasali di cantanti maghrebini, balcanici e duri accenti salentini.
I progetti musicali e culturali di quest’etichetta (Opa Cupa, Zina, Tax Free, Taranta Virus), diretti da Cesare Dell’Anna ma soprattutto dalla sua tromba, sono degni delle migliori session continentali e speriamo che ci arrivino presto, sempre che lo vogliano.
P.S. il video linkato in basso è girato in un bellissimo paese dell’entroterra salentino, famoso tra l’altro per avermi dato i natali, oltre che per essere uno dei centri gravitazionali di 11/8.
domenica 2 dicembre 2007
CineFuturo
Ecco, è sempre bello quando un amico con cui ha passato momenti felici, ottiene un risultato così importante nell'inseguimento dei suoi sogni.
Con Gianluca condivido ricordi spensierati durante l'Erasmus a Lisbona nel 2002. Come una volta che lo accompagnai di notte a riprendere un pollo nella vetrina di un macellaio, per uno strampalato corto che aveva deciso di girare.
Grazie a Gianlu ho potuto conoscere altri cinefattori più o meno aspiranti, e ho capito una cosa:che nell'arte, le cose importanti le fanno quelli che hanno un'urgenza dentro, che seguono una voce interna.
Non quelli che come prima cosa hanno chiaro in testa che vogliono fare il regista, lo scrittore, l'attore. Ma quelli che vogliono/devono raccontare quella storia - non un'altra - perché non potrebbero fare altrimenti.
E allora questo premio, in un momento di passaggio come può essere quello di un giovane che si avvicina alla trentina, mi ricorda che il coraggio è sempre la via migliore per la felicità.
venerdì 30 novembre 2007
Nuove sostanze dopanti
I bradipo consulenti, si sa, lavorano almeno 35 ore al giorno, sebbene contro voglia.
Ieri piccola eccezione: fine progetto, lavoro senza ritardi, quindi qualche mezzoretta libera.
Si potevano impiegare tali mezzorette a leggere le “Confessioni di Sant’Agostino” o le “Confessioni di Lory Del Santo”; invece uno strano virus ha invaso il mio bradipo-ambiente di lavoro. È arrivato sotto forma di mail e ha contagiato tutti. Si chiama Facebook. Fate attenzione è micidiale e contagioso. Per chi non lo conoscesse, Facebook è un piattaforma sul web che consente di creare un proprio profilo, ricercare persone conosciute e gestire i contatti. Addirittura, esiste anche una piattaforma versione professional (Linkedin) più focalizzata sul lavoro.
Poche parole per dire che nel giro di pochi minuti, superate le iniziali diffidenze, siamo stati presi dalla febbre di Facebook, dalla voglia di scoprire quanta gente consciuta c’è sulla rete, quasi fosse uno sfoggio di virilità del terzo millennio, medaglie virtuali di battaglie realmente vissute. Non lo so.
Il manager (bradipo ad honorem) che sembrava un bambino che scopre dov’è nascosto il barattolo di nutella, la collega capitolina che scopre i gruppi registrati del suo liceo, io che scorro tutti i 196 aderenti al gruppo dell’Università della Balzana del Monte, indegnamente frequentata. Un delirio di socialità virtuale.
L’unico baluardo di resistenza era la giovine appulo-siciliana, che come un pettirosso da combattimento ribadiva i suoi reiterati “giammai!” all’invasione Facebook.
Probabilmente, ha ragione lei. A volte ho l’impressione che tutti questi strumenti (compreso questo blog) diano solo l’illusione di comunicare. Utili ma imprescindibilmente incompleti strumenti per mantenere il contatto con persone che hanno percorso un pezzo di strada con noi.
Ora scusate, vi devo lasciare. Hanno appena lasciato un messaggio sul mio Wall.
Busone e il senso della vita
Io di Aldo Busi non so quasi niente. Ad esempio, non ho mai letto un suo libro per intero.
Di lui ricordo poche cose: una frase pronunciata durante una nota trasmissione televisiva, "se mettessi in fila tutti i cazzi che ho preso, faresti due volte il giro del mondo"; Diversi tentativi di affermare che lui è l'unico scrittore italiano vivente; il titolo di un suo romanzo, "Cazzi e canguri".
L'unico libro di Busi che ho preso in mano è "Seminario sulla gioventù" (1984), che è stato il suo esordio. Di questo libro ricordo alcune immagini forti e poetiche, ma all'ennesimo coito omosessuale descritto, ho abbandonato la lettura per noia.
Però, c'è sempre un però, "Seminario sulla gioventù" ha uno degli incipit più belli e folgoranti che abbia mai letto. Per questo lo riporto qui sotto: perché è bello, e perché è l'esempio di come un libro, una passeggiata, una storia d'amore e persino una vita, possano cominciare splendidamente... e perdersi durante il cammino.
«Che resta di tutto il dolore che abbiamo creduto di soffrire da giovani? Niente, neppure una reminiscenza. Il peggio, una volta sperimentato, si riduce col tempo ad un risolino di stupore, stupore di essercela presa per così poco, e anch’io ho creduto fatale quanto poi si è rivelato letale solo per la noia che mi viene a pensarci. A pezzi o interi non si continua a vivere ugualmente scissi? E le angosce di un tempo ci appaiono come mondi talmente lontani da noi, oggi, che ci sembra inverosimile aver potuto abitarli in passato».
mercoledì 28 novembre 2007
Taxi driver, parte 2
Per chi di voi pratica Roma quanto dico non è una novità. Nella splendida cornice-della-grande-capitale è difficile riuscire a recuperare un taxi, le attese al telefono –accompagnata il più delle volte da musichette fastidiosissime – rischiano di trasformarti in matusalemme, i costi sono più che doppi rispetto ad altre città.
Una soluzione di buon senso, prevista dal pacchetto Bersani e demandata ai sindaci, è quella di allargare il numero delle licenze e sanzionare qualsiasi pratica volta a limitare la concorrenza (accordi di cartello, prezzi minimi, ecc.). La speranza è che si riesca ad avere maggiore disponibilità di vetture e un prezzo minore, essendo sottoposto alle pressioni della concorrenza.
Il sindaco di Roma (Ualter Ueltroni, come dicevano Ficarra e Picone), dopo il passo indietro dell’estate scorsa, ha deciso di far seguito a questa decisione proponendo l’emissione di cinquecento nuove licenze.
Apriti cielo.
Le ultime notizie parlano di piazza Venezia completamente bloccata, in una città in cui un piccolo incidente può bloccare per ore il traffico nelle ore di punta. Addirittura di un’occupazione del Campidoglio (sede del Comune). Perché? I tassisti protestano come al solito violentemente, mettendo sul piatto della bilancia la loro capacità di far male alla città.
Cosa dovrebbe fare Ualter? Secondo me, mandarli a quel paese.
Più veltronianamente, dovrebbe ascoltarli, blandirli e fare esattamente quanto ha proposto. Niente di meno. Ci vuole un po’ di coraggio. Vedremo.
martedì 27 novembre 2007
Capo-danno
felicia impastato con i trapanesi
Giro su youtube, senza pretese. Il mio percorso va dal Giuliano Ferrara della tv spazzatura (memorabile una puntata con Giancarlo Cito, caudillo tarantino) al Funari ruspante. Poi, mosso da un sano moto di amor proprio, mi sposto verso “La Meglio Gioventù” (Marco Tullio Giordana, 2003). L’incontro con Giorgia, i mondiali persi con la Nord Corea, Matteo che si lancia, la bionda brigatista. Molte scene mi inquietano, come sempre.
Da qui a “I Cento Passi” (M.T. Giordana, 2000) il passo è breve. Un paio di brani del film e poi l’intervista alla madre, in un bellissimo siciliano, con corollario di lacrime.
Ma la sorpresa è venuta dopo.
La seconda intervista si presenta più rudimentale, evidentemente amatoriale. In una panoramica scopro che quei ragazzi in casa di Felicia Impastato non erano sconosciuti. E a questo punto la sorpresa ha lasciato il posto alla meraviglia
lunedì 26 novembre 2007
Mi presento con cadeau
Ebbene si, sono Cipputi. Sono il virus rompiballe che agiterà i cybersonni di Brad (a proposito, su internet quando è notte?). Sono il ramoscello di ulivo nel nuovo simbolo del PD. Che sembra una cosa carina, ma in verità è stato messo lì, proprio tra il Gluteo P e il Gluteo D, per solleticare e dare fastidio. Io, millantatore militante, scuoterò questo blog con il mio massimalismo cazzaro. Fatta la premessa, posto il primo post, riciclando vigliaccamente uno scritto già scritto. Perché come si sa, la classe operata in paradiso ci vuole andare col minimo sforzo, e senza stramazzare prima dell'arrivo.
IL ROMANO CORRE…
Il romano corre. E corre perché ha sempre qualcosa da perdere. Che sia l’autobus, la metro, il tram, una lezione, una coincidenza o un film al cinema, lui corre. Mentre in campagna e nei paesi, i tempi sono certi e le mondanità rarefatte, in città il tempo è il bene più prezioso e perdere l’attimo significa passare la sera da soli. Luogo simbolo della corsa del romano è la metro, anche se la metro i romani nati e cresciuti in città cercano di evitarla come la peste, in quanto mezzo cheap e da popolino.
Ma in metro tu corri sempre, perché fino all’ultimo non sai se il mezzo è arrivato e sta per chiudere le porte, oppure no. E allora corri in ogni caso, per sicurezza, per non perdere un’occasione. La frase simbolo dell’ansia di non perdersi del romano viene invece pronunciata in un altro luogo a motore: l’autobus. Stiamo parlando, è chiaro, dell’odioso “Scende alla prossima?”. La natura molesta della frase risiede nel modo e nei tempi in cui viene usata. Il romano sull’autobus potrebbe avvicinarsi all’uscita del mezzo e chiedere “permesso” pochi secondi prima di scendere. Ma no, l’ansia lo costringe a chiedere “Scende alla prossima?” non appena l’autobus riparte dall’ultima fermata. Così facendo trasmette la sua ansia al vicino, e così via a catena. L’ipotesi che “Scende alla prossima?” sia un espediente necessario a causa dell’incredibile affollamento dei mezzi pubblici nella capitale, viene miseramente smentita dal suo utilizzo anche nel caso in cui il bus sia deserto e voi siate l’unico essere vivente tra il passeggero ansioso e l’uscita. “Scende alla prossima?”, dunque, non è spiegabile se non immaginando che nella testa del romano il mezzo pubblico è paragonabile a quelle piattaforme continuamente in movimento di alcuni videogiochi, su cui bisogna saltare al volo scegliendo bene il tempo, pena il precipitare nel vuoto e l’ineluttabile “Game Over”.
Allo stesso modo, secondo il romano, l’autobus non si ferma mai, al massimo rallenta, e l’unico modo per gettarsi dal mostro in corsa è prepararsi uno spazio per la rincorsa chiedendo a tutti “Scende alla prossima?”. Solo così il romano eviterà l’atroce rischio di perdere la propria fermate e finire a Frascati, dove – tra l’altro- “non conosco nessuno”. Così, assillato dalla preoccupazione di non perdere la coincidenza, il romano finisce col perdersi il vero sale della vita, Le coincidenze. Un amico di epoche felici ad un angolo di strada, una vecchia pazza che ti racconta la sua vita, un annuncio per la casa che cercavi, un raggio di sole proprio nel punto del marciapiedi in cui te ne stai bestemmiando, per aver mancato di un soffio il tuo maledetto bus.
Bio-Festa anni '70 ("cioè, in che senso?")
Sabato sera, festa anni ’70 a sfondo biologico, nei castelli fuori città.
L’obbligo – piuttosto blando – era di indossare capi anni settanta ma non si è fatto troppo caso al mio look contemporaneo, quanto al vino biologico che io, lucy e marshal avevamo portato.
A ben guardare, nessuno era realmente vestito come richiesto, tranne una coppia di mezza età (probabilmente padroni della casa e genitori dell’organizzatrice) che avevano un indubbio vantaggio rispetto a noi giovinastri, quello di essere due freakkettoni sopravvissuti. Io, con apparente naturalezza, indossavo un nastrino rosso sulla testa, tipo woodstock ma con molti meno capelli.
La festa è stata carina: s’è bevuto, mangiato e spalancato le porte della percezione. Ma sarebbe stata una festicciola qualunque se non si fosse materializzata la vera protagonista della serata (a parte l’amico Cipputi, uno dei bio-organizzatori, provolone, sempre una spanna sopra), un personaggio mitologico metà donna metà Verdone in fase hippy in “Un sacco bello”. Peccato per l’assenza di un sosia di Mario Brega (“A me fascio?! A zoccole', io non so’ communista così, so’ communista così!”). Fa sempre un certo effetto incontrare persone così incredibilmente identiche a dei personaggi comici. La razionalità porterebbe a pensare che tali personaggi siano inevitabilemente estremizzati, esagerati, banalizzati e infarciti di luoghi comuni, giusto per attrare il pubblico-massa. E invece, esistono e sono grandissimi.
26 novembre Campagna ONU sul disallineamento
Riprendono le trasmissioni
Signore e signori, si riprende.
Sempre vostro, Brad
mercoledì 19 settembre 2007
Sarà la volta buona?
10-09 Radiohead: album pronto e Greenwood compone per Paul Thomas Anderson
Inizia un periodo elettrizzante per tutti i fan dei Radiohead: nel 2008 arriverà il nuovo album e prima della fine dell’anno uscirà la nuova colonna sonora di Jonny Greenwood che ha composto per Paul Thomas Anderson (‘Magnolia’, ‘Punch-Drunk Love’).
Per quanto riguarda il settimo album in studio sembra oramai assodato il fatto che il disco sia concluso sotto ogni forma: composizioni, missaggio e masterizzazione.
Adesso i Radiohead devono decidere in che modo far uscire “Dead Air Space” (questo sembra essere il titolo più gettonato) visto che hanno chiuso il contratto che li legava alla EMI e stanno vagliando le varie offerte di altre case distributrici.
Mentre i Radiohead si prendevano le loro pause, così come Thom Yorke ha pubblicato il suo disco solista “The Eraser”, anche Jonny Greenwood ha avuto il tempo di dedicare il suo tempo libero a se stesso e alla sua musica, infatti, è riuscito a comporre una colonna sonora per il lungometraggio i Paul Thomas Anderson intitolato “There Will Be Blood” che uscirà nei cinema americani per la fine dell’anno.
Il regista è da sempre un grandissimo fan dei Radiohead, in più è rimasto colpito dalla musica che Greenwood aveva composto per “Bodysong”, così per la sua nuova creatura ha ‘licenziato’ Jon Brion e assoldato il chitarrista inglese.
La storia di “There Will Be Blood” è stata scritta da Paul Thomas Anderson e si basa su un racconto di Upton Sinclair intitolato “Oil!”, la parte principale è stata affidata a Daniel Day-Lewis che interpreta un imprenditore del petrolio negli anni ’20.
Fabrizio Galassi
martedì 18 settembre 2007
Storie vere
(da "L'Internazionale", 14/20 settembre 2007, p. 13)
lunedì 17 settembre 2007
Totalitarismi su prato
Per chi non lo sapesse, a Roma sono malati di calcio. Meglio: sono malati di Roma e Lazio, ma principalmente sono malati di Roma.
Si sente spesso dire che il tifo capitolino è particolarmente caloroso, attaccato alla maglia, entusiasta delle vittorie (anche minute) e depresso per le sconfitte. Questo è più o meno vero per tutte le tifoserie e per tutte le città.
A Roma, invece, sono maniaci. Maniaci, paranoici, esagerati, ferocemente salaci, radicalmente e irrimediabilmente fuori di testa.
Domenica, pranzo dal Fukic, nel piccolo mondo residenziale della Roma settentrionale. Nessuno per strada, non un bar o un negozio. Solo case con giardini colmi di finti banani e smart parcheggiate. Io sto pensando al pranzo domenicale, lui sta chiamando gli amici di sempre per scambiare opinioni e tensioni in vista della partita con la Reggina, bestia nera dell’ASRoma, nel pericoloso campo di battaglia del “Granillo”. Nel frattempo, la radio trasmette le stesse ansie e le stesse parole. Come sempre, il pranzo è stato abbondante e nel frattempo è arrivato Michelino, leggermente dimagrito e con i capelli corti. Si parla della sagra del porcino a Oriolo e dello show del Fukic col megafono.
La partita non sembra mettersi bene. La Reggina ha pensato bene di bloccare le fasce, marcare stretto il Capitano (non in grande forma, ma questo va solo pensato, MAI detto) riducendo la manovra dei giallorossi. Intervallo.
Secondo tempo aggressivo, Roma subito in avanti e dopo cinque minuti arriva il vantaggio: pennellata di Totti e colpo di tacco del brasiliano Juan. Euforia. La partita si mette bene. Arrivano Uagliò e Claudia. Sono entrambi all’estero, a Roma solo per il fine settimana e con l’aereo in partenza nel tardo pomeriggio. Ma Guagliò non può non vedere l’AS, non può non passare da casa del Fukic, anche solo per un breve saluto carico di romanità romanista. Claudia non sembra entusiasta ma non è romana per cui tutto questo avrà per lei un sapore esotico.
La partita finisce col raddoppio del Capitano su velo di Alberto (Aquilani, i giocatori sono chiamati rigorosamente per nome da Carlo Zampa ).
A seguire,
- Gol e interviste della serie A sul digitale terrestre
- Gol e interviste della serie A su Italia 1
- Telefonate ad amici romanisti
- Telefonate di scherno a laziali
- Programma su TeleRoma 56 con Lamberto Giorgi e Giulio Galasso (quest’ultimo particolarmente apprezzato dal Fukic che in mattinata ha seguito anche Meeting, trasmissione di approfondimento sportivo con pregevoli ospiti della Roma che conta)
- Passaggio su controcampo, con soliti siparietti Mughini-Liguori (ma come tralasciare la Canalis?!)
Alle 18.50 è arrivato il tempo di andare. Io devo tornare verso Roma sudest (un destino per me, la direzione dello scirocco), Fukic è diretto verso un aperitivo zona ponte Milvio, un’inaugurazione. Ma prima c’è il tempo di sentire Scalda che, non potendo vedere la partita, se l’è fatta registrare direttamente da Roma Channel.
Voi che ne dite?
Roma Roma Roma core de 'sta Città unico grande amore de tanta e tanta ggente che fai sospirà.
Roma Roma Roma lassace cantà, da 'sta voce nasce n'coro so' centomila voci ciai fatto 'nnamorà.
[con pathos, alzando di un'ottava] Roma Roma bella, t'ho dipinta io gialla come er sole rossa come er core mio Roma Roma mia nun te fà 'ncantà tu sei nata grande e grande hai da restà Roma Roma Roma core de 'sta Città unico grande amore de tanta e tanta gente m'hai fatto 'nammorà
giovedì 13 settembre 2007
Un pettirosso da combattimento
Smaltita la delusione per gli errori compiuti e per le occasioni mancate (quanto guadagnerà poi uno spazzacamino?) siamo stati risucchiati da uno speciale su Fabrizio De Andrè, il cui autore Giancarlo Governi è uno dei giornalisti che meno sopporto, insieme a Gianni Bisiach e Franco Ordine.
Ma Fabrizio è incredibile. Mi lascia senza parole, ferito e con tanta voglia di pioggia.
Gli altri bradipi da ragazzi preferivano Ligabue, Vasco, Nirvana, Doors, U2 o Litfiba (pro-pro-proibito!). Anch’io –devo confessarlo- gli preferivo Guccini (più facile da suonare e ottimo per le citazioni in assemblea d’istituto) o De Gregori.
Fabrizio mi aspettava al varco ed ha aspettato a lungo, fino a quando un giorno di gennaio del ’99 è morto e mi sono sentito orfano. Era mattina presto, ero appena arrivato a Mattioli quando dal televisore ho sentito Toto Cutugno (vi rendete conto?!) che intonava “La canzone di Marinella”. Pensai che stesse per crollare il mondo, prima di capire che solo in punto di morte ci può essere tanta attenzione per uno come Fabrizio, me compreso. E subito mandai un messaggio al mio amico Marco CZ, grande appassionato, che stimo per aver capito prima di me la grandezza e invidio visceralmente per aver assistito a un suo concerto (Teatro Italia, Gallipoli, vero?). Da allora emozioni, sempre.
“Dove sono i generali che si fregiarono nelle battaglie con cimiteri di croci sul petto?
Dove i figli della guerra, partiti per un ideale, per una truffa, per un’amore finito male?Hanno riportato a casa le loro spoglie nelle bandiere, legate strette perché sembrassero intere. Dormono, dormono sulla collina.”
mercoledì 12 settembre 2007
Non ci sono più le idee di una volta
Con lucyinthesky è possibile. Magari non è facile ma certamente possibile.
Lei più di me. Anzi, lei sola a tracciare rotte al di là delle colonne d’ercole del pensiero mainstream e io a fungere da zavorra speculativa, inchiodato al mio solito bradipo-riformismo.
Il centro del ragionamento della nostra sta nella constatazione dell’assoluta incapacità di sviluppare un pensiero originale, una discussione libera, un ragionamento sui concetti, molto prima di scendere a livello della bega da cortile, della faccenda minuta, della cronaca spicciola e guardona.
Un esempio, la politica: “Hai mai sentito parlare di giustizia senza che nel giro di pochi nano-secondi si scenda a parlare di toghe rosse, di separazione delle carriere, di intercettazioni e gole profonde? Hai mai sentito persone discutere di cosa sia in sé la giustizia? Hai mai sentito parlare di libertà senza che le venisse affibiata qualche etichetta (Casa delle Libertà, Liberta di stampa, Libertà vigilata)?
Quando lucyinthesky deciderà di aprire un suo blog o di diventare una telepredicatrice di grido potrete godere anche voi delle sue argomentazioni e della sua vis polemica.