sabato 15 dicembre 2007

Proust e i mattoncini

Quell’odore che riconosceresti fra mille si univa ai rintocchi del pendolo. E lei con il suo passo svelto, deciso ma tenero, con quelle ciabattine con la parte posteriore ripiegata in avanti, “percè su cchiù comote”, t’infilava furtivamente nella mano sinistra delle banconote che con un gesto repentino e insospettabile apparivano talvolta dalla manica sgualcita dove conservava il suo fazzoletto, dalle tasche ormai consumate del damantile o più semplicemente dagli strati di maglie che si poggiavano sul suo petto. La frase di rito era la stessa per tutti: “quisti cu te ba catti nu gelatu” anche se eravamo in pieno inverno e con due pinguini attaccati alle caviglie. E poi quel gelato io me lo prendevo veramente! “Ce te possu dare beddhra mia?” incalzava…rifletteva…ed io trepidante aspettavo l’uscita di quella ciotolina, sempre la stessa, nella stessa credenza. Intravedo la carta dorata, metallizzata, che si rifletteva nei suoi occhi ormai stanchi. La mano sprofondava in quei piccoli mattoncini di cioccolata al latte o fondente, quelli inconfondili con la cupoletta e della misura giusta perché si sciogliessero fra il palato e la lingua. E andavi via con le tasche piene fino all’arrivo a casa, quando la mamma ti perquisiva stile servizi segreti, per centellinare quei deliziosi mattoncini in interminabili mesi. C’erano giorni invece che con amarezza quel luccichio di carte riflesso nei suoi occhi diventava diabolico, rossastro, lo avevo imparato a mie spese; i mattoncini si erano trasformati in cupolette più alte con all’interno ciliegina e liquore, di cioccolato fondente, rivestiti di rosso intenso. Li riponevo nella tasca ma solo per il principio secondo cui “ nu se lassa mai nienzi” e fra lo sguardo stupito della mamma -e anche un po’ deluso per non potermi ispezionare- li poggiavo sul tavolo dell’ingresso, bruscamente, spontaneamente. Quelli erano i cioccolatini dei grandi.
In queste occasioni in cui Lucifero s’impossessava dei suoi occhi, mi riversavo sulla ciotolina del salotto piena zeppa di caramelle alcune gialle, con un cuore dolcissimo di miele: le fantastiche caramelle ambrosoli; le seconde rosse con una forma rettangolare, le Rossana, buone ma soprattutto utili per giocare alla vista bionica, salvo poi ritrovarmi vicino lo specchio con un bozzo nella guancia destra e rudimentali occhiali con lenti rossastre.
Ed ancora tutto questo è nitido, come se fossi lì davanti a lei e lo è ogni volta che assaggio una di queste prelibatezze. Proust alla fine non ha detto nulla di nuovo. Questo Natale farò la scorta, certi momenti non si rivivono più o forse si possono rivivere all’infinito (fino a fine produzione, ovviamente).

lucyinthesky (lucì-dans-le-ciel)

10 commenti:

bradiponevrotico ha detto...

a me piacevano anche i baci scrausi, con liquore e cerasella

ma anche i mattoncini fondenti fanno la loro figura

io invece appena vedo il vetro di una porta appannato mi ricordo i sabati passati a mangiare il brodo di pollo, anche nel primissimo autunno salentino (tra i 20 e i 25 gradi)

Anonimo ha detto...

la memoria olfattiva è dolorosa

Cipputi ha detto...

do il benvunuto a Lucinelcielo con il suo primo post del blog!
E poi lo fa con un argomento a cui nessuno può resistere...
La nonna... E nonne so pezz'e core!!!

Anonimo ha detto...

cipputi, è vero che tua nonna era segretaria dei cobas metalmeccanici?

Polemia ha detto...

si parla di odori e mi si sganghera il cervello, perchè uno dei primi ricordi che ho, dopo la pelle della mamma, è anche per me riferibile ai nonni.
ah... nonni... angioli e stelle sopra la nostra notte

lo potete trovare tutti, se ci fate caso, in certi lavatoi antichi e nelle case dai tubi antichi: è odore d'acqua. perchè alcuni rubinetti, e nemmeno tutte le volte, riescono a riportarmi dietro il muretto del cucinino, stretto tra i panari delle donne alle prese con i fuochi, intento a rubare ogni attimo per la scarpetta.

ebbene sì, "o cevrell è na scorz 'e chpull"

e mi rivedo lì: via s.francesco marcianise cortile sibillo.

Polemia ha detto...

che bello lucia, mi hai fatto pensare a quando andavo a rubare, col suo tacito consenso ovviamente, le pastiglie valda di nonna... quelle nella scatolina tonda di alluminio, che a volte, quando erano finite le caramelle, nonna ci metteva qualche cianfrusaglia dentro e io ci rimanevo malissimo quando andavo ad aprire... le teneva nel mobiletto della macchina da cucire ed erano tutte zuccherose di fuori, ne mangiavo almeno 5 o 6 alla volta.
e lei mi sorrideva sempre...

Peppuccio ha detto...

pole la donna permettersi di pareggià con l'omo?

Cipputi ha detto...

Faustino,

...no, era una semplice iscritta...

Ps: mia nonna mi dava noccioline e le rossane, e la semenza (semi di zucca per i non siciliani)


Ps2: la nonna la nonna la nonna.... Oh i' nonno?

Anonimo ha detto...

mia nonna mi dava 1000 lire la domenica per andare da Uccio detto "mecu"

yanmaneee ha detto...

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