giovedì 28 febbraio 2008

Guarda la luna, non il dito!!

"Tra poche ore, il tempo di sbrigare le procedure tecnico-burocratiche, Giuseppe Salvatore Riina, 27 anni, il più piccolo dei figli maschi del boss Totò e nipote di Leoluca Bagarella, lascerà alla sue spalle il pesante portone del carcere speciale di Sulmona. Libero, per decorrenza termini. Condannato in appello a 8 anni e dieci mesi per associazione mafiosa, in attesa della Cassazione (un secondo passaggio visto che il primo aveva deciso per un rinvio), è passato troppo tempo da quando è stato pronunciato il giudizio di secondo grado senza che sia ancora intervenuto quello definitivo." (www.repubblica.it)

Ma dico... abbiamo internet infestato di blog di comunicazione politica che ci spiegano come anche per andare in bagno, i candidati facciano sondaggi mesi prima... I magistrati, in conbutta con i politici, in combutta con i giornalisti, in combutta con chi gli pare, fanno trapelare le intercettazioni per evitare insabbiamenti (o a volte per l'esatto contrario)... insomma, ci sono livelli e sottolivelli, mosse e contromosse, che manco la Cia o Kasparov e il computer, per determinare il corso degli eventi più impensabili...

E volete dirmi che nessuno sapeva in tempo - in modo da accellerare l'iter processuale - che a fine febbraio il figlio di Riina sarebbe stato scarcerato per decorrenza dei termini????

Ma si! Continuamo così... Facciamoci del male.... Smoke gets in your eyes... la la la lalaaaa....

mercoledì 27 febbraio 2008

Titoli Etnici

la Repubblica
Auto sulla fermata: morte 2 donne e 3 bimbe

Il Messaggero
Travolte da un'auto mentre aspettano lo scuolabus: cinque vittime e nove feriti a Fiumicino

Sembrano due titoli corretti per il terribile incidente avvenuto ieri a Fiumicino, dove una un'auto si è scontrata a forte velocità con le auto ferme davanti a sé e di rimbalzo ha travolto le persone in attesa alla fermata dell’autobus.
Una tragedia, senza dubbio. Tre delle vittime erano Giovanna Rozzica - di nazionalità romena - e le sue due figlie Bianca e Joana, di 7 e 13 anni.
L’autista della Stilo – solo lievemente ferito - era senz’altro italiano, dal momento che nessun riferimento etnico è stato fatto.
Quale sarebbero stati i titoli di questi due giornali se le parti fossero state invertite?
Rumeno ubriaco uccide una madre e le sue due figlie?
Siamo tutti vittime e complici di un razzismo di massa.

lunedì 25 febbraio 2008

Semplifica ut Impera!






Nelle manganellate in testa ai manifestanti inermi contro la monnezza in Campania, e nell'accettazione dell'indipendenza auto proclamata del Kossovo, c'è l'essenza dell'Italia politica e sociale di oggi: Semplificazione e indifferenza.
La prima è la parola d'ordine del momento. Agire, fare, eseguire. Si può fare, si può fare, dicono tutti con convinzione. Ma cosa, e soprattutto come, si possa fare, sembra interessare a pochi.
I video su youtube in cui sessantenni con le mani alzate vengono colpiti da poliziotti in tenuta antisommossa di fronte alle discariche è un enorme interrogativo sulle nostre teste. Come è possibile che le stesse persone che hanno accettato per decenni, nella totale indifferenza mischiata a paura, un governo del territorio in mano alla camorra, la malapolitica e la stessa monnezza per strada, adesso siano disposti a farsi spaccare la testa per impedire l'apertura di una discarica?
E' davvero tutto così semplice? Sono solo persone egoiste che non vogliono l'immondizia sottocasa? Eppure basta ascoltarli, e vengono fuori motivazioni decisamente ragionevoli per le loro proteste.
Ma questa è una complicazione, sono pippe mentali a cui non possiamo piegarci. Bisogna agire, il paese deve muoversi. E allora giù con i manganelli a picchiare i pensionati. Nel 2001, i tre giorni di violenza delle forze dell'ordine a Genova scossero il paese. Oggi, la violenza omeopatica che da mesi viene attuata nei confronti di un'intera regione raccoglie solo indifferenze nel resto degli italiani. E attenzione: l'indifferenza che cresce è figlia e madre della semplificazione. Se ho tanti inquilini in casa mia e riduco il numero delle stanze, qualcuno rimarrà fuori. E l'unico modo di campare in santa pace è far finta di non vederli al freddo, per strada.Far finta che non esistano.
Così come scandalosa è la resa e la viltà dell'Unione europea di fronte al caso Kossovo. Dichiarare che "ogni stato membro è libero di riconoscere o meno l'indipendenza del nuovo paese", significa rifiutarsi di decidere, di prendersi la responsabilità di fronte a una bomba innescata. E la dicharazione di riconoscimento da parte dell'Italia è un altro atto di semplificazione e indifferenza. Poco ci vuole a dire: "Se volete essere indipendenti, benvenuti". Basta far finta di non vedere che il caso Kossovo - una regione che si autoproclama indipendente su base etnica, senza alcun passaggio formale internazionale - crea un precedente esplosivo in Europa. Paesi baschi, Catalugna, Irlanda del nord, Friuli, Sardegna, tutti in teoria potrebbero fare come ha fatto il Kossovo. E tutti avrebbero il diritto di richiedere lo stesso rinoscimento agli stati europei, che lo hanno già accordato al Kossovo. I Balcani tornano ad essere una polveriera. Ma l'unico modo di continuare la campagna elettorale è anche qui semplificare ed ignorare gli effetti collaterali.
Si va così, avanzando a manganellate tra la folla, verso una società più efficiente e meno umana.

domenica 24 febbraio 2008

Delirio Scolastico

Mi ha molto colpito un articolo sulla scuola e sull’educazione comparso ieri sulle pagine di Avvenire, quotidiano della CEI.
Nell’articolo, a firma di Giacomo Samek Lodovici, si scrive a proposito della presenza di scuole non statali che «essa garantisce un principio morale fondamentale e irrinunciabile, che non è certo di parte: la libertà dei genitori di scegliere per i figli una scuola conforme alle proprie convinzioni» e prosegue con una proposta particolarmente brillante che prevede che «lo Stato renda possibile una reale ed effettiva libertà di scelta, realizzando una vera parità scolastica e consentendo ai genitori di iscrivere i figli negli istituti più confacenti alle loro convinzioni. Lo Stato deve cioè garantire la possibilità che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica, ecc». Alla possibile obiezione –sicuramente laicista- sulla libertà da riservare alla ragazza o al ragazzo di farsi un’idea propria attingendo da idee differenziate, il giornalista facilmente risponde che «per poter scegliere, bisogna avere senso critico, ed è raro che un adolescente sia capace di discernere autonomamente, senza farsi condizionare. Non è dunque meglio che venga indirizzato dai genitori?»

Lascio a voi il compito di commentare queste posizioni. Mi limito a stilare una serie di proposte didattiche per i diversi tipi di scuole.

Scuola di Sinistra:
- I ora. Assemblea: (per decidere il da farsi durante la giornata)
- II. Sociologia: "Come manipolare un’assemblea per non fare il compito di italiano" (in alternativa, per le scuole di sinistra radicale, “Come scrivere uno striscione con le lenzuola del corredo della nonna senza farsi menare”)
- III. Letteratura: i grandi poeti del novecento: da Majakovski a Neruda, passando per Rocco Smittherson
- IV. Assemblea: le condizioni sono cambiate rispetto alla prima ora, si deve riduscutere. In alternativa Musica: i cantautori italiani. Studio comparato di Guccini e Modena City Ramblers
- V. Scienze: Di Sinistra si nasce o si diventa? Sulla possibilità di una diagnosi politica preimpianto.

Scuola Liberale:
- I ora. Filosofia: Il pensiero di Benedetto Croce
- II. Storia: Vita e opere di Benedetto Croce
- III Geografia. Analisi territoriale da Pescasseroli a Napoli. Il viaggio di B. Croce
- IV Filosofia (non è mai troppa): Croce contro tutti (Kant, Hegel, Mills padre e figlio, Voltaire, Hobbes, Locke, Platone e Socrates)
- V. Educazione sessuale: dal materialismo all’idealismo onanistico (ovvero dalle pippe vere a quelle mentali)

Scuola Cattolica:
Lodi mattutine
- I ora. Storia: “G. Garibaldi. Vita di un massone assassino”
- II. Letteratura. “Se mi sbaglierò spero mi corrigerette”. La comunicazione di J.P. II (introduzione di Navarro-Valls)
- III. Scienze. Seminario su: “È sbagliato l’evoluzionismo o è giusto il Creazionismo?”
- IV. Per le donne, Economia Domestica: “Come diventare gli angeli del focolare”
Per gli uomini, Educazione Sessuale: “Arrivare vergini al matrimonio”. Introduce Ricardo Izecson dos Santos Leite, meglio conosciuto come Kaká.
- V. Religione. "Cattolici contro tutti. Come convertire ebrei e maomettani in dieci mosse"Vespri e rosario

sabato 23 febbraio 2008

Anti moratoria anti aborto

Il movimento d'opinione sulla moratoria sull'aborto (per dirla alla Ferrara) di solito sostiene di non voler modificare la legge 194/78 ma di volerla applicare completamente.
Non so se tutti siano così liberali da volere solo una battaglia culturale. Il mio timore è che questo sia un altro segnale di quella messa in discussione di molte conquiste avvenute negli scorsi decenni, sulle ali di un revival religioso tradizionalista.
Ognuno, sia chiaro, è libero di prendere le iniziative che ritiene più opportune, però mi chiedo: cosa si propone il variegato gruppo anti abortista?
La sbandierata applicazione completa della legge in che modo si sostanzierebbe? Dal mio punto di vista un colloquio dissuasivo condotto da volontari antiabortisti sembrerebbe più un interrogatorio che colpevolizza la donna che un confronto con un interlocutore con cui discutere. Ho l'impressione che i difensori della vita, i paladini del feto, troppo spesso tralascino di considerare la cura della donna che compie il gesto di interrompere una gravidanza, la sua salute fisica e psicologica, nel momento in cui prende una decisione di per sé difficile e dai pesanti strascichi. Ognuno si muova seguendo la propria coscienza ma rispetti tutte le parti in gioco. Non abbiamo alcun bisogno della caccia alle streghe.

Personalmente, leggo il Foglio perchè mi piace chi critica e “fa le pulci”, chi usa il proprio potere per stimolare una discussione. Ma le parole che scrivo sono la traduzione di uno stato d'animo che mi pervade, di una paura che mi atterrisce.
La paura che gente fanatica prenda il sopravvento, gente che non coltiva il fuoco del dubbio e propone al mondo il proprio mondo ideale. Ce ne sono tanti e per tutti i gusti: di natura religiosa e politica (bipartisan), sportiva o cinematografica, musicale e sentimentale.
La battaglia di Ferrara ha una sua logica e mette in discussione argomenti terribilmente fondati, come il timore che le moderne tecniche diagnostiche prenatali si configurino come una moderna forma di eugenetica, selezione della razza. Ma molti degli antiabortisti che lo seguono sono dei pericolosi fanatici, illiberali e teocratici. Questo è il mio timore.

lunedì 18 febbraio 2008

Appunti di viaggio / 2

È stato un fine settimana in trasferta piemontese. Come sempre impegnativo. Al ritorno però mi imbatto in una situazione molto italiana, molto meridionale, molto torinese. Mi trovo nello scompartimento con quattro arzilli vecchietti accomunati da una situazione simile. Affrontano ancora una volta il viaggio nord-sud (fino a 17 ore) per partecipare al funerale di un parente, in due paese diversi di Basilicata e Calabria.

[nel momento in cui scrivo mi stanno coinvolgendo nella discussione, scusandosi di aver intrapreso la discussione ad Alessandria e di averla portata avanti ininterrottamente fino a Grosseto (ma la strada per Roma è ancora lunga). Chiedono di me ma io preferisco dare poche coordinate e continuare ad ascoltarli]

I signori calabresi, di Trebisacce (CS), raccontano le loro storie come solo in treno sembra possibile fare. Parlano della Svizzera, dell’Olanda, del Piemonte e della volonta di tornare al paese «dove abbiamo una casa al mare con un terrazzo meraviglioso».
- «Se era per me dopo la pensione tornavo al paese. Mia moglie invece…»
- «Ma a Torino ci sono i figli, i nipoti. La nostra casa è lì.»
- «La verità signora è che sappiamo dove nasciamo ma non dove moriremo»

La signora più anziana, potentina di CampoMaggiore (PZ) ma ad Alessandria da quarantasette anni, viaggia con la sorella anche lei, sua vicina di casa. Gli altri fratelli sono a Milano e in Canada (anzi in Canadà). Parla un dialetto spurio, una specie di esperanto. Come i soldati in trincea durante la prima guerra mondiale. Racconta storie commoventi nella sua lingua simpatica, storie di tanti figli e di mille nipoti; storie di difficoltà e di molto lavoro, storie di nipoti cresciuti perché senza madre e fatti di paese. Ad un certo punto parla del suo ultimo nipote, un bambinetto di sedici mesi, grosso che dimostra almeno tre anni, che corre per la casa e la fa ridere, anche se non si capisce quando parla. Per un attimo ho anche pensato che fosse la nonna di Aloisiopolemicacone…

Queste sette ore di viaggio potrebbero far parte di un documentario di Zavattini, di Ugo Gregoretti. Tutto parla di un paese incredibile, speranzoso nonostante tutto.
Le valigie i treni la famiglia il paese l’orto i pomodori le galline i conigli il maiale la soppressata la fabbrica i turni i piemontesi i signori l’impresa le gru i marrocchini i figli i nipoti i giovani d’oggi.

domenica 17 febbraio 2008

Scandisky Point


Ecco, io non sopporto quelle signore che parlano a voce alta, scandendo le parole, anche quando non ce n'è bisogno. Quelle signore che gridano all'autista del bus in perfetto italiano "Scusi, ferma a piazza Buenos Aires?", e le senti anche dal fondo dell'autobus. Quelle signore che in treno schiamazzano al cellulare di "convention organizzate pessimamente con buffet miserabili". E ridono con garbo a beneficio di tutti - ma proprio tutti - gli astanti, anche degli operai che tornano esausti a casa dopo un giorno di lavoro. Quelle signore che fanno domande e danno risposte solo per il piacere di sentirsi al centro di un dialogo pubblico, neanche fosse una piece teatrale.
Anni fa, ero in un bar vicino al lavoro. Entrò un attore, che mi dissero facesse teatro ma che io conoscevo soltanto per la pubblicità di una nota compagnia telefonica. Chiese il caffè a bassa voce e si appoggiò circospetto al bancone. Si guardava intorno sperando che nessun fan lo riconoscesse e lo scocciasse con richieste di foto. Quando si accorse che nessuno dei presenti aveva la benché minima intenzione di rivolgergli la parola, cambiò decisamente atteggiamento. Si mise a parlare e ridere forte dandoci sotto di diaframma, e declamò al cassiere - come se si trattasse del Mercante di Venezia, "Ah, i cioccolatini... non posso prenderli... mi fanno ingrassare in-cre-di-bil-mente!".
Ecco, miserie come queste le si possono perdonare agli attori, che di pochezze hanno da farsene scusare a bizzeffe...
Ma a un'insegnante di latino del liceo classico, no! Proprio no!
La vita è vita, signora, non un palcoscenico, non una puntata di Domenica In...
E veda di scendere, che la prossima è piazza Buenos Aires.

martedì 12 febbraio 2008

Sfaccettature

Io invece non soffro di nessuna sovraeccitazione, e l’immagine di Moretti che agguanta la tipa mi mette quasi a disagio tanto da non riuscire a scorrere la barra fino in basso.
Ma il mondo è pieno di sfaccettature e quindi accetto quelle che non mi appartengono.
Io e il mio boyfriend decidiamo di andare a mangiare al ristorante greco, scoprendo con piacere che si sarebbe svolto un piccolo concerto di musica popolare greca con annesse danze.
Accanto a noi, un uomo e una donna, che conversano in una lingua sconosciuta; dopo un’attenta valutazione abbiamo coerentemente ipotizzato fosse greco. Ed invece, cari, ci sbagliavamo: era albanese.
La musica inizia, l’uomo albanese si alza e va ad impugnare il violino per suonare musica greca, la donna anziana, verosimilnente la madre del violinista, un po’annoiata mi rivolge la parola chiedendomi del tempo fuori. Abbiamo chiacchierato, io tentando di mangiarmi il mio kataifi e bere il mio raki, intenerita dalla vecchiaia, lei raccontandomi la sua vita. Lei una pianista in vacanza in Italia, con un figlio violinista in una serie di gruppi imprecisati, tra cui l’Orchestra regionale del Lazio, ormai domiciliato in Italia. Parliamo della chiusura dei greci verso gli altri popoli, almeno per quanto riguarda le frontiere greche, e lei mi dice che i greci ballano troppo e bevono troppo e che le danze popolari e i costumi albanesi sono decisamente piu’ belli. Io le spiego che anche da noi si balla, giù a Lecce, e lei mi sorprende con “a Tirana c’era un bravissimo sacerdote di Nardò e poi c’è anche un pianista albanese a Lecce”.
Guardo quegli occhi chiari ed intensi mentre mi spiega che gli italiani non vogliono gli albanesi, “ma che ci sono quelli cattivi e quelli bravi ovunque”.... mi spiega che la mafia l’hanno inventata gli italiani mica noi!
Mi chiede degli studi, del lavoro, della mia famiglia, del mio fidanzato senza nessun imbarazzo, continuando con la tesi che gli albanesi sono brave persone e che sono uguali agli italiani! “l’altro giorno su RaiUno ho visto una ragazza che si era sposata con un negro, quelli sì che sono diversi e non capisco come le fa a piacere” aggiunge. Io cerco di leggere fra le righe e di vedere le sfaccettature, le sorrido e provo a spiegarle che il mondo è sfaccettato...lei fa spallucce.
Il mio boyfriend sorride, divertito dalla situazione, si beve il mio ultimo sorso di raki al ritmo coinvolgente della musica e dei balli e dopo una serie di complimenti sulla nostra bontà ci saluta con un “Felicità”.
Chissà se poi il mondo è così sfaccettato oppure questo ci aiuta ad accettare qualcosa che non ci appartiene, che non è nostro. Ma poi cosa fare se alcune di queste sfaccettature non ci piacciono? Se non vogliamo accettarle? Ad esempio, da questa prospettiva gli uomini corrono e le terme di caracalla stanno ferme, so che potrebbe essere il contrario, e perchè a me è stata data questa prospettiva del prisma? Non la voglio! (to be continued)

Lucyinthesky

domenica 10 febbraio 2008

Endorsement dei giornali


In periodo di elezioni i giornalisti e i giornali sono sovraeccitati. Quest'inizio di campagna elettorale ci mostra oltre all'eccitazione un livello di trasporto e di visione sognante superiore a quanto eravamo abituati a vedere, come se giornalisti e giornali fossero contenti per quello che succede oltre che fortemente interessati. Di seguito un breve assaggio di quanto letto sulla stampa in questi giorni.

P.S. devo ammettere che anch'io soffro della stessa sovraeccitazione...


***
(Loris Campetti,”Vecchi simboli, nuove occasioni”, il Manifesto 9 febbraio)
(A proposito del progetto unitario La Sinistra-L’Arcobaleno) « […] Eppure questa scelta non convince tutti i promotori de La Sinistra-L’Arcobaleno. L’intero PDCI e un settore di Rifondazione non digeriscono la scomparsa della falce e martello dal simbolo. Per motivi identitari (si cancella la storia del movimento operaio) e di mercato (altri partiti se ne approprieranno rubandoci voti). Preoccupazioni legittime, ma a nostro avviso sbagliate. E non per il motivo che in una trattativa tra diversi bisogna rinunciare a qualcosa, se si persegue il fine dell’unità. Al contrario, perché se quel che è in gioco è l’esistenza di una sinistra nel panorama politico italiano, capace di cogliere una domanda sociale e di rappresentarne le sue anime, allora non ci si può fermare a un patto elettorale destinato a durare una primavera. Se si vuole costruire un progetto per il fututro non ci si può far deviare dalla difesa arroccata di identità già terremotate da una crisi le cui ragioni non solo solo esogene. Non è con un simbolo novecentesco disegnato con attrezzi oggi in disuso che si salvaguardano i valori forti, fondanti, attuali che stanno nella storia del movimento operaio, ma con le scelte concrete della politica, i suoi contenuti, le pratiche di quei valori, arricchiti dal confronto e persino dal conflitto tra essi: il lavoro e l’ambiente, lo sviluppo e il suo limite, l’uomo e la donna. Sennò di quale nuova sinistra, di quale nuovo modello sociale andiamo parlando?»
***
(“Un predellino senza Casini”, il Foglio, 9 febbraio)
«Adesso che pure Gianfranco Fini è salito sul predellino del PdL, Casini che fa lì da solo? […] Oggi (ieri, ndr) il Cav. torna con la fiammante Michela Vittoria Brambilla nel luogo della rivoluzione di novembre, a piazza San Babila, per spiegare ai Circoli delle libertà che il Rubicone è stato oltrepassato e indietro non si torna più. Come volevano MVB e Dell’Utri che del nuovo partito sono stati il combustibile […]. E come ha voluto Fini, il quale, dopo tante oscillazioni, infine si è disposto a riversare An dentro il contenitore a vocazione maggioritaria concepito dall’ex premier.»
***
(Eugenio Scalfari, “Il patto democratico tra operai e borghesia”, la Repubblica, 10 febbraio)
« […] La funzione rinnovatrice del Partito democratico sull'intero sistema politico è talmente evidente che tutti gli osservatori e commentatori l'hanno colta e sottolineata. Rappresenta un robusto passo avanti verso un bipolarismo meno imperfetto e, perché no?, verso un bipartitismo che metterebbe finalmente il nostro paese al passo con le altre democrazie occidentali, gli Usa, la Gran Bretagna, la Germania, la Francia, la Spagna, tanto per citarne le principali. […]
C'è ancora un aspetto dell'entrata in campo del Partito democratico che merita di essere affrontato. Sarà un partito di sinistra o di centro? Le opinioni degli osservatori sono sul merito discordi mentre quelle dei diretti interessati sono univoche: sarà un partito di sinistra riformista. Personalmente la penso come loro: un partito di sinistra riformista che ha utilmente segnato un confine con la sinistra massimalista senza tuttavia che quel confine sia presidiato da un muro invalicabile. […]
Il Partito democratico - così mi sembra - sfida oggi una destra demagogica e interpella quel poco che c'è di autentica borghesia produttiva affinché si schieri con le forze dell'innovazione che uniscono insieme i valori della libertà e dell'eguaglianza. Dipende da questa borghesia se il partito delle riforme avrà la meglio stimolando anche - se vincerà - la destra a trasformarsi non solo nelle forme ma nella sostanza.»

Endorsement: approvazione; adesione, appoggio (www.garzantilinguistica.it)

giovedì 7 febbraio 2008

Decidiamo Insieme


Penso che nei momenti particolarmente difficili per una città, per un paese è la società a dover reagire. Vi segnalo il sito di un'associazione napoletana che punta a questo.

Decidiamo insieme "riunisce cittadini di Napoli che vogliono ridare senso e forza alla politica. Il primo impegno dell'associazione è promuovere iniziative che pongano al centro della politica gli interessi della città."

A vous,

mercoledì 6 febbraio 2008

Obinton


"C'è una cosa che sappiamo indipendentemente dal risultato di oggi: è arrivato il nostro tempo" (Barak Obama)

Ancora non si sa chi sarà il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti. Come sempre è un argomento che riguarda solo apparentemente la politica internazionale, dal momento che incide direttamente sulle nostre vite.
Dopo il ritiro del liberal John Edwards, siamo in attesa chi tra Hillary Rodham del clan Clinton o Barak Obama sarà scelto dal popolo (o dai popoli) degli Stati Uniti. Io tifo moderatamente per Obama, solo per la sua storia e perchè e nero-mulatto. Secondo me la Clinton è più preparata ma, come diceva un mio collega, non mi piace l'idea del clan, non mi piace ragiornare al plurale, parlando dei Kennedy, dei Bush, dei
Nel campo repubblicano il candidato dovrebbe essere il veterano Mc Cain, forte dell’appoggio dell’ex sindaco di NY Rudolph Giuliani. Bisognerà vedere come si porrà rispetto alla precedente amministrazione, apertamente o sotterraneamente. Inutile dire che non sono troppo fiducioso.

Intanto in Italia il presidente Napolitano scioglie le camere e si indicono le elezioni per il 13 e 14 aprile, a meno di due anni di distanza dalle ultime elezioni. E poi dicono che non abbiamo nulla da imparare dagli Stati Uniti…

martedì 5 febbraio 2008

Viaggi Domenicali


A un certo punto della strada –mentre hai ancora negli occhi le colline gialle, verdi o marroni - superata una fila di case a schiera fintamente popolari e un cartello “Taverne”, ci si imbatte nel lontano profilo di Siena, sempre uguale e raffinato, armonico ma conflittuale nella contrapposizione tra la civica torre e il beghino campanile. In quel momento già s’avverte il profumo della piazza umida e il vociare tranquillo.

Cor Magis Tibi Sena Pandit (Siena ti apre un cuore più grande). Non penso che questa frase sia mai stata vera. Pura retorica, ancor più perché posizionata su Porta Camollìa, porta della città verso il nord, in direzione Firenze. Fuori luogo per chi sperimenta tutti i giorni la sua chiusura. Eppure commovente nel suo essere falsa, come spesso capita alle espressioni romantiche.
Siena colta e piena di sé, che tanto ha da insegnare alle altre città e con soddisfazione sfoggia una obiettiva eccezionalità. Eppure sempre così diffidente verso l’esterno.
Per me Siena non può prescindere dai senesi ma contemporaneamente li travalica, li rende una delle componenti. Importante ma di certo non esclusiva.
Per me una città di scoperte umane, di libertà, di amicizie importanti e amori, di noia e risentimento, di ammirazione e commiserazione.
Anche in una festa a base di rock studentesco puoi sentirti presente e partecipe. Ecco, il senso della città è nella sensazione di sentirsi protagonisti di un racconto collettivo, marginalissimo ma significativo. Mentre a Roma ci si sente spettatori paganti di un grande spettacolo visto da lontano.Non è un caso che ci torni così spesso anche se, come dice chi la conosce bene, «dopo due giorni mi sento male»

lunedì 4 febbraio 2008

Coscienza bambina


Scusate, faccio un intervento controcorrente rispetto alla mia parte politica d'appartenza... Però magari discutendone mi si chiariscono di più le idee.
Su questa storia della rianimazione dei figli nati prematuri, il documento dei dottori che dicono che vanno rianimati anche contro il volere delle madri...
Io provo a mettermi nella situazione...
Un dottore che si trova davanti a un bimbo che respira e che può essere salvato... mi sembra naturale cercare di salvarlo... anche se la madre non vuole. Come diceva quel film? "Una volta che sei nato non puoi più nasconderti"...
O no?
Certo capisco che questa posizione può essere strumentalizzata dagli antiabortisti, può essere usata come cavallo di troia contro la 194... ma, si può lasciar morire un bimbo che respira?

sabato 2 febbraio 2008

Povero Totò!

Questo l'ho trovato su Iutub.
Per la serie.... anche i cuffari piangono...
Molto divertente!


venerdì 1 febbraio 2008

Maniaci del giornalismo e dell'antimafia


Pino Maniaci è un giornalista di frontiera. Una delle frontiere più calde che ci siano nel nostro paese. La profonda provincia siciliana. Nello specifico, Partinico, in provincia di Palermo. Da anni è il direttore di Telejato, una televisione locale e indipendente che è diventanta per gli abitanti della zona, ma anche a livello nazionale (diversi i premi vinti e i riconoscimenti), un simbolo di giornalismo libero, che fa nomi e cognomi. E in Sicilia fare nomi e cognomi significa parlare di mafia e di Boss.
Martedì 29 gennaio Pino Maniaci è stato aggredito per strada, dal figlio del boss locale Vito Vitale e da altre persone. E' stato pesantemente picchiato. Questo dopo numerosi avvertimenti e attentati piccoli e grandi ai suoi beni subiti negli anni. Lo stesso giorno Pino si è presentato in diretta con il viso tumefatto per condurre regolarmente il tg di Telejato.
Di questa cosa ne ha parlato anche Repubblica con una videonotizia.
Io Pino Maniaci l'ho conosciuto qualche anno fa, una volta che andai a trovarlo in redazione insieme ad Antò e Aspà. Pino, come tanti giornalisti siciliani liberi, come Peppino Impastato, è persona istrionica e corrosiva, dalla battuta pronta e senza peli sulla lingua.
Di quell'incontro mi ricordo che dopo due minuti che ci eravamo presentati, dicendo che io e Antò studiavamo giornalismo, Pino ci aveva già messo a lavoro per preparare una notizia che doveva andare in onda al tg nel giro di dieci minuti. Ad Aspà toccò fare da voce ad un servizio filmato (tra l'altro sbagliò a leggere il cognome di Pino, che lo rimproverò con un divertente insulto di una volgarità squisita). Fu lo stesso giorno in cui conobbi Salvo Vitale, amico stretto di Peppino Impastato (nel film è quello con i capelli rossi), una persona riservata che parlava con gli occhi più che con le parole. Anche lui collaborava con Telejato.
Perché ve lo racconto? Perché le persone coraggiose vanno sostenute e conosciute quando sono vive.
Allora, vi suggerisco di andare a visitare il sito di Telejato, e se vi va lasciare un commento di solidarietà.

Poi se volete approfondire, vi consiglio di leggere un articolo su Telejato scritto qualche anno fa per girodivite.it da un carissimo amico del nostro blog ;)

Hasta la Sicilia Siempre!