giovedì 29 luglio 2010

Felicissima sera (saluti estivi)



Non facciamo promesse per settembre. Non vi giureremo che dopo l’estate sarà diverso e aggiorneremo più spesso il blog. Semplicemente saremo di nuovo qui, nonostante da più parti si ribadisce come i blog siano ormai uno strumento superato. Sticazzi.

Vi lasciamo con una storia chassidica del terzo millennio, che dice più o meno così:




«[…] Ma la razionalità è come quei professorini che pensano di avere una chiave di lettura per tutto solo grazie alla lettura di un numero considerevole di libri.


La vita, essenzialmente emotiva, è invece come l’uomo della strada che si diverte a prendere in giro il professorino con l’auto in panne ed il cofano aperto -che inutilmente cerca di distinguere il radiatore dalla batteria- dicendogli: Non è niente, è lo spinterogeno».

martedì 6 luglio 2010

L'Italia e Diego. Un paese stanco con miti vecchi

Metto in parole una cosa che mi gira per la testa da Argentina-Germania, la partita dei mondiali, finita 4 a 0 per i tedeschi. Tutti gli italiani stavano dalla parte degli argentini. Il perché è semplice. L'Argentina è Sudamerica, calcio poetico, futebol bailado, passione, meticciato, ecc ecc... E poi è Diego Maradona allenatore, l'eroe del pallone caduto e rialzatosi più e più volte. Il dio che torna a chiudere il cerchio. I tedeschi, invece, sono crucchi e nazisti, inquadrati, senza fantasia, delle macchine da lavoro, fatte apposta per fare la file e agitare il ditino contro l'italianen spaghetti mafia e mandolino, anzi "e Berlusconi"
Anche i miti calcistici che ci scegliamo in fondo raccontano il paese vecchio e malandato che siamo.
Io pur provando affetto per Diego - che mi piace come tutti quelli che nella vita fanno cazzate per troppa passione - ho tifato per la Germania.
E anche dal punto di vista epico, se così vogliamo metterla, preferisco i tedeschi.
Una squadra giovane, entusiasta, che corre, che fa del calcio bello a guardarsi, nonostante punti sul collettivo e non sui numeri 10. Una squadra di figli di immigrati, multietnica.
L'Argentina è fatta da italiani, mi è stato risposto. Ma l'Argentina non è più paese di migrazione da almeno cinquant'anni. E non ho mai incontrato un argentino che non fosse patriottico e fiero della sua nazione in maniera a dir poco stucchevole. Mentre la Germania in sessant'anni si è trasformata dal paese di Hitler alla nazione più civile d'Europa.
Senza nascodere che teste di cazzo germaniche ce ne sono, tra le migliori persone che ho conosciuto in vita mia ci sono tedeschi. Aperti, sereni, e civili.
Berlino è una delle poche capitali europee povere rispetto alla media del proprio stato. Un berlinese in media vive con meno denaro di un altro tedesco.  Eppure tutti quelli che ci sono stati da poco, me compreso, parlano di una città bellissima, in cui si respira leggerezza, piena di artisti e sognatori.

Leggerezza e poesia, appunto. Quello che noi sinistrorsi, o comunque amanti della focosità latina, ci ostiniamo a cercare nell'Argentina, semplicemente voltando la testa indietro, oggi sta in Germania. Che forse in questi anni di crisi è l'unico posto dove in maniera imperfetta, certamente, si cerca quell'equilibrio tra umanità e civismo che tanto vorremmo in Italia.
Perché dunque scegliamo un mito del passato, contro un mito del presente?
Perché ci appassioniamo all'ennesimo lieto fine di un vecchio mito che ha già un posto assicurato nella storia, invece di puntare su chi la storia comincia a farla oggi?
Per fare un  mondo nuovo, ci vuole un'epica nuova. E forse anche un po' di anticonformismo.