domenica 28 settembre 2008

Prognosi riservata


Non so cosa sia successo a Walter Veltroni. Forse non gli è successo proprio nulla e si tratta solo di una delle sue strategie comunicative situazioniste alla Klaus Davi. Però, leggendo la sua intervista di oggi al Corriere della sera, sono rimasto colpito. Tanto per fare qualche esempio, W. ha detto cose così:

ogni volta che la crisi democratica si è saldata con la crisi sociale e con il prevalere di suggestioni populistiche e autoritarie, sono accadute le tragedie peggiori nella storia dell'umanità rischiamo di veder realizzarsi anche in Italia il modello Putin. È il rischio di tutto l'Occidente. Una democrazia sostanzialmente svuotata. Una struttura di organizzazione del potere che rischia di apparire autoritaria. Il dissenso visto come un fastidio di cui liberarsi, la divisione e l'autonomia dei poteri come un ostacolo da rimuovere. Il governo tratta il Parlamento come fosse una perdita di tempo, una rottura di scatole, un impedimento. Il governo ha l'obiettivo di far male ai sindacati. Ma indebolire i sindacati è una scelta suicida, il cui risultato è la proliferazione delle rappresentanze autonome e corporative. Il governo addita negli immigrati un nemico; ma se espelli un uomo dalla società, si comporterà come un espulso, e avremo un Paese non più sicuro ma meno sicuro, in cui già ora accadono episodi gravissimi di intolleranza, di caccia allo straniero. Ancora: il governo ha nel mirino le autorità indipendenti; ora toccherà a quella per l'energia e il gas; l'indipendenza dà fastidio. Il governo muove all'attacco della magistratura. E, per la scuola, l'idea di bocciare alle elementari e alle medie i ragazzi che hanno anche solo un'insufficienza significa favorire l'abbandono e l'elusione scolastica, specie tra i più poveri. E poi non c'è nulla di più radicale di quello che stanno facendo loro. Radicalità non nel cambiamento, ma nella sistematica conversione del governo in potere. Ma la moderazione è estranea a un governo che ha un'idea sostanzialmente autoritaria delle relazioni con chi è diverso. Mi chiedo dove diavolo arriveremo».

Lei non pensa che in Italia cominci a esserci un pensiero unico? Sono stanco dell'assenza di una coscienza critica che ignora la trave e si concentra sulla pagliuzza. Il premier è padrone di mezzo Paese, sua figlia entra nel consiglio di Mediobanca, e il conflitto di interessi è quello di Matteo Colaninno? Se in passato l'egemonia della sinistra ha asfissiato la destra, ora l'egemonia della destra asfissia il Paese. C'è un clima plumbeo, conformista, come se a chi governa fosse consentita qualsiasi cosa. Leggo sull'Espresso che a San Giuliano c'è stata una selezione tra gli operai, per fargli incontrare solo quelli più bassi di lui. Non so come li abbiano trovati; so che queste cose accadono nei sistemi autoritari.

È giusto che il governo cambi con un provvedimento amministrativo le regole di erogazione dei fondi pubblici ai quotidiani, riportandolo sotto il suo controllo? È giusto che, in questo clima asfissiante, chiudano il manifesto, il Secolo, Liberazione, Europa? Purtroppo il pensiero unico prevale anche in televisione. Al riguardo, non può non essere visto con grande preoccupazione l'annuncio de La7 di voler licenziare 25 giornalisti; di tutto c'è bisogno in Italia tranne che di limitare ulteriormente la libertà d'informazione».

Al clima plumbeo concorre pure la rivalutazione del fascismo. Il nuovo sindaco ha fatto l'apologia di un regime che, ben prima delle leggi razziali, ha provocato la morte di tutti i capi dell'opposizione: il liberale Gobetti, il comunista Gramsci, il socialista Matteotti, il cattolico don Minzoni, gli azionisti Carlo e Nello Rosselli. Il giorno dopo, anziché correggersi ha aggravato le cose, condannando l'esito ma non la natura del fascismo. Con un sindaco che non si mette a urlare di fronte ai saluti romani, gli stessi saluti che hanno accompagnato gli uomini che andavano a morire a via Tasso o alle Ardeatine, per me è difficile discutere della Shoah».

Ripeto. Non so se Veltroni vada in giro a dire queste cose per pura strategia politica. So solo che le trovo tutte condivisibili da una persona di sinistra, e che se le avesse dette in maniera così chiara in campagna elettorale, io lo avrei votato senza problemi. Invece, ha preferito dire altro, in molti casi ha espresso posizioni molto vicine se non concidenti con quelle che ora critica aspramente. However, nevermind. C'è tempo per recuperare, se c'è la volontà...



martedì 23 settembre 2008

Le straordinarie avventure di Mario Fava

Con questo post, il primo di un trittico che ci accompagnerà fin nel nuovo mese, entra a far parte della tribù dei bradipi Polemicacone, altissimo esponente dell'anarco-onanismo-surrealista (e situazionista)



Aperitivi a uanouan 0.37

(sottotitolo:come ricevere 37 rifiuti garbati senza nemmeno uno schiaffo e non andare in escandescenza strappando il reggipetto con la sola forza delle palpebre)

Quest’ultima possibilità mi era data, poi i ragazzi avrebbero messo mano al portafoglio e mi avrebbero portato in via dei capocci dalla nigeriana da 112 kg e, senza potermi esimere, avrei dovuto soggiacere ai miei istinti e pagare per tutte le volte che avevo disprezzato una netta occasione da gol e tutte le sue amiche.
La pressione della stampa era alle stelle, ricevevo tanti di quegli sms da poter tessere con quel lungo filo di letterine un sari da cerimonia per la sopracitata signorina nigeriana in versione bollywood. Con quel immagine stampata sul mio bulbo oculare esco dal lavoro prima del solito, decidendo di andare a sfogare la tensione dentro un litro di sudore da consumare zampettando fino al circo massimo. La vedo dappertutto, con la pizzarda e il fischietto, dentro un’edicola e sui cartelloni pubblicitari. Lei, nel suo sari lillà, la mia condanna e il sintomo evidente della mia schizofrenia.
Salgo sul motorino e cerco di scappare a tutto questo, elimino ogni auto che ho davanti, ogni bicicletta e persino i pedoni, sfrecciandoci accanto dentro gli echi delle mille bestemmie a me rivolto, come una nuvola di zucchero a velo verdolino, queste parole mi inebriano le narici, mi danno la carica ed hanno anche un deciso effetto spectorante.
Catena al motorino, scale, pantaloncini maglietta e cuffiette, scale e inizio la sgambata di rifinitura. Inizio a ripetere le frasi ad effetto, le citazioni ad hoc, cerco di inquadrare i suoi gusti artistici (nulli, passiamo oltre), musicali (lei sicuramente è una tipa da biagio antonacci, pupo al massimo gli abba), sport, film, politica nazionale ed internazionale (non pervenuti), viaggi (discoteche e negozi, tipo shopping holiday e ibiza nonostante che siamo nel 2008) moda (scarpe, borse, scarpe scarpe). Ok, ho il menabò, sono sempre più carico e arrivo anche a spezzare il fiato, il sudore sgorga ed espello le tossine. A quel punto rieccola la sonia gandi del corno d’africa che mi cerca di dire qualcosa, mi fermo ad osservarla e non so quanto tempo passa. Vengo risvegliato da una filettata gelida ai miei reni, guardo l’orologio: 8.00pm, dovevo già essere all’appuntamento. Percorro i 780 m che mi dividono dalla doccia in 2’15 che contando che c’erano le scale i cazzi e i mazzi, sarei stato da qualificazione olimpica. Doccia stile bagno di Lourdes, mi vesto in un attimo stile fantozzi e sono fuori di casa, paonazzo e con tutta la sudorazione che se l’era presa comoda e che scontro sulle scale che si era fermata a comprare il giornale. Metto il casco che grondo goccioloni da mezza minerale e penso bene di fare il giro per la tangenziale per asciugare quell’inondazione che traspira dal mio corpo.
Arrivo già febbricitante all’appuntamento con 40 min di ritardo, fortunatamente lei ha la classe di non essere ancora arrivata: già mi piace, ne sono perso. Dopo poco la vedo arrivare direttamente dal lavoro, talier scuro che nasconde una canottierina modello anti incredibile hulk, che ancoraq mi chiedo come faceva a non strapparsi in mille pezzi. Ora capisco cosa mi ha sempre attratto in questa donna, dal primo momento che me l’hanno presentata, doveva essere la versione beta dell’aperitivo uanouan, era la prima della lista, ma non so perché era sempre stata sfuggente come un’anguilla elettrica.

lunedì 22 settembre 2008

Roma Caput Banding


Sabato scorso io e il buon Brad ci siamo ritrovati al Circolo degli artisti, locale rifugio delle serate vaghe e irresolute, ad assistere a una competizione di Airbanding. Dicesi Airbanding delle persone che mettono su una canzone di loro gradimento e cominciano a dimenarsi e far finta di cantare con un immaginario microfono, tra immaginarie folle acclamanti e riconoscimenti della propria onnipotenza misurabili in ettolitri di sudore. Si, avete capito bene, senza averlo mai sospettato è una vita che fate headbanging davanti allo specchio dopo la doccia. La differenza sta nel fatto che nel caso della competizione al circolo, la folla acclamante - seppur ridotta - c'era veramente. Sti tizi sul palco si contendevano il primo posto, con una grande scritta Loser (a cui manca una O per significare perdente/sfigato in inglese) dietro le spalle.

Si, eravamo a Roma, certo. Ma poteva essere benissimo un qualsiasi baretto arredato anni 80 di un qualsiasi paesino di provincia. E qui mi è scattata la commozione. Ho riconosciuto istantaneo l'affetto per Roma. Probabilmente Roma è l'unica metropoli europea che mantenga questa capacità di farti sentire in provincia. Di più, Roma è un salmone che risale la corrente. Tra nani che aspirano ad essere giganti, Roma tenta il percorso a ritroso, almeno con la nostalgia di certi sprazzi: metropoli che aspira ad essere paesino. E lo si dice senza alcuna ironia, che per un provinciale trasferito tra metrò e ipermercati, trovare un angolo di familiarità tra i passi alienanti e frettolosi della città è un toccasana.
Poi, pazienza se l'altro lato della medaglia è la cialtroneria, l'indolenza, il sapere tutto del mondo e raccontarlo a tutti, e non muovere un dito per cambiare qualcosa. La faciloneria. Roma è un figlio scapestrato, pieno di vita, che non vuol saperne di stare disciplinato e fare i compiti. Un figlio paraculo, che alla fine ti strappa un sorriso anche quando ti tocca cazziarlo.
Se sia possibile conciliare le due cose, umanità e cambiamento, non so, è una cosa su cui mi dibatto da decenni. forse si potrebbe trovare qualcosa che somigli di più a un equilibrio...
Ma io vengo dalla Sicilia, che cosa vado predicando?

Ps: Per la cronaca la gara di Airbanding è stata vinta dai Tampax, seguiti dalle Astronze.

mercoledì 17 settembre 2008

Il rischio è il mio mestiere

Una vita senza rischio, così come una vita senza errore, non varrebbe la pena di essere vissuta.
Il rischio si annida dappertutto. Per dire, se esci con una tipa e decidi di provarci ti accolli un rischio. Potrebbe succedere che lei non ci stia o che magari le puzzi terribilmente l’alito.
Ma come si fa a prescindere da tutto questo? Evidentemente, nulla avrebbe senso.
Tutto sta nell’osservare meglio che si può le persone e le situazioni. E poi decidere.

Le recenti disavventure di tanti risparmiatori e di prestigiose istituzioni economiche e finanziarie possono essere lette con un’ottica simile.
La crisi dei subprime, che ha scatenato nei mesi scorsi il putiferio cui stiamo assistendo, nasce da una valutazione superficiale (quando non fraudolenta) del rischio, che ha visto negli istituti finanziari e creditizi il proprio anello debole. Anche se spesso ci lamentiamo di come le banche siano esigenti o esose nel concedere mutui o prestiti, bisogna ammettere che una corretta valutazione da parte del prestatore della capacità del debitore di restituire le risorse è fondamentale, non solo per il proprio interesse ma soprattutto per il sistema economico nel suo complesso. Questa valutazione è uno dei pochi strumenti per ridurre quella asimmetria informativa che inevitabilmente è presente tra questi due soggetti.
I subprime, in sostanza, sono mutui concessi a persone con dubbia affidabilità, gravati da altri debiti o con risorse proprie incerte. Per questo si caratterizzano con un alto profilo di rischio. Sono diffusi non a caso negli Stati Uniti, dove l’indebitamento medio pro-capite è molto più alto che in Italia e dove è normale indebitarsi non solo per finalità di investimento (casa, impresa, formazione) ma anche per il consumo. Questi prestiti sono inevitabilmente soggetti ad un interesse più alto ma questo rappresenta solo un aspetto della questione, laddove la valutazione sia correttamente impostata sul binomio rischio-rendimento.
A un certo punto di questa storia è entrato in scena l’opportunismo di qualcuno (ma non è una sola persona) che ha deciso, con una specie di gioco delle tre carte, di prendere questi prestiti ad alto rischio (o meglio i titoli che li rappresentano) e di diluirli all’interno di prodotti finanziari complessi, mischiandoli con altri e piazzandoli allegramente - come fossero normali titoli – a fondi d’investimento, fondi pensione, aziende e banche. Non appena un numero consistente di questi debitori deboli ha cominciato a non far fronte ai propri impegni (a non pagare la rata) il giochino è finito e la giostra finanziaria si è trasformata in un ottovolante impazzito.
La diffusione di queste piccole cellule cancerogene è stata talmente capillare da minacciare grandi banche, grandi fondi e da tenere in grande apprensione il sistema economico mondiale, già alle prese con una potenziale recessione. Anche l’intervento coordinato e imponente delle banche centrali di UE, USA, UK, Giappone è servito solo ad alleviare la crisi, evitando che avesse effetti immediati e deflagranti già dalla scorsa estate.
Northern Rock, la recente nazionalizzazione di Freddie Mac e Fannie Mae da parte del governo americano, fino ad arrivare al fallimento di Lehman Brothers, alla vendita di Merryl Lynch e ai crolli di borsa sono effetti diretti e indiretti di errori nella valutazione dei rischi.

Ma in tutto questo ho pensato in questi giorni ad un aspetto apparentemente secondario. Pensate allo sconforto delle migliaia di persone licenziate per il crollo di Lehman Bros (seimila solo in Europa). Prendetene uno qualsiasi: era convinto di essere al sicuro, di essere in rampa di lancio verso una carriera di primo piano, una vita di successo. Cominciava a sentirsi ricco (o sperava di diventarlo a breve) e conseguentemente spendeva. Arrivato si sentiva.
Chissà cosa avrà pensato mentre raccoglieva le sue piccole cianfrusaglie dalla scrivania.

sabato 13 settembre 2008

Grande Medio Piccolo Piccolissimo


Questa è la notizia letta su Repubblica Online:

L'uomo del futuro sarà più piccolo

In natura prevalgono le specie piccole sulle grandi perché hanno bisogno di meno risorse

Questa le reazioni di Cipputi:

A) Bene, mi sono messo avanti col lavoro! (bicchiere mezzo pieno)

B) Cazzo, è come presentarsi a una festa troppo in anticipo. (bicchiere mezzo vuoto)

venerdì 12 settembre 2008

W

Messaggio di Lucyinthesky per Bradipo, durante un viaggio trenifero direzione Bologna:

"C'è Veltroni sul mio trno con annessi segugi...

l'ho invitato a cena

ha detto che se ci sei tu non viene

però ti vuole bene...

è proprio brutto come in tv"
Peggio per lui


martedì 9 settembre 2008

Generazione […]


Parliamo della mia generazione, probabilmente della nostra generazione. Sono sicuro che tra quarant’anni non se ne parlerà. Poco male, forse.

Fatto sta che invece ad altrettanti anni di distanza si discute ancora del ’68 e della sua generazione. Lasciate perdere il senso di fastidio che si prova nel vedere questa gente parlare di sé stessa con boria e frustrazione contemporaneamente (alcuni di noi odiano pregiudizialmente il ’68, altri lo odiano per il rammarico di non esserci stati). Lasciamo stare che a parlare sono spesso i privilegiati che avevano mezzi culturali per sopravvivere a quell’idea di cambiamento e alla deriva politicista e violenta che purtroppo ne è stata lo spiacevole corollario. Lasciamo stare che in quegli anni c’erano milioni di giovani che – come i loro i genitori – si rompevano la schiena lavorando senza troppe cambiamenti. Lasciamo perdere anche i meriti, che pure ci saranno stati.

Atteniamoci ai fatti. Questi stronzi hanno qualcosa da raccontare – in maniera pedante, d’accordo - ma noi? Cosa pensiamo di aver fatto o cosa abbiamo intenzione di fare noi che ci commuoviamo solo ricevendo le mail che ricordano “bim bum bam” e “holly&benji”?
Neanche la rivoluzione informatica (discutibile succedaneo tecnologico-universalista) può esserci attribuita, essendo appannaggio di geniali nerd americani degli anni ‘70.

Che cosa, dunque? Nulla. E per un’unica ragione: non siamo una generazione, ma la sua partizione. Un insieme di individui che hanno come massimo della dimensione collettiva il proprio gruppo di amici della pasquetta, senza alcuna appartenenza diversa. Ognuno sul proprio interesse specifico. Al massimo ci rifugiamo nell’appartenenza tradizionale, identitaria, territoriale, fatta più per escludere che per includere.

Hanno provato a definirci generazione Erasmus, dal nome del progetto europeo che favorisce gli studi all’estero. Ma che tristezza! Non solo riguarda poche migliaia di persone ma è esclusivamente dovuto al sussidio statale più che alla voglia di andare.

Lo so, vi sembrerò pessimista. Pensiamo a domani e doman l’altro. Ma la domanda è: perché il mondo futuro dovrebbe ricordarsi di noi? L’unica cosa che mi viene in mente è l’uso massiccio dei puntini di sospensione, monumento alla nostra incompiutezza.

lunedì 1 settembre 2008

Nuvole 2.0

La nuvoletta di Fantozzi può assumere sembianze imprevedibili.
Il bradipo-impiegatuccio decide di passare un fine settimana lontano da una Roma umidiccia e semideserta, per raggiungere una nota città della toscana (sempre la stessa) dove – tra le altre cose – ci sarà il concerto di Capossela, in piazza del campo.
Prendi il biglietto lasciandoti andare alla speranza di vedere gente, fare incontri. Esci prima da lavoro e per raggiungere la diligenza; sali, ti dirigi al tuo posto e scopri con estremo piacere che accanto a te ci sarà per tutta la durata del viaggio una giovane americana, molto cute nei suoi tratti mediterranei, casual nei suoi infradito ma sufficientemente cool da leggere delle pubblicazioni d’arte comprate al palazzo delle esposizioni. Ce n’è a sufficienza per attaccare discorso: roma, l’arte, siena, il concerto. Un viaggio umano e professionale, direbbe il mio guru intellettuale e spirituale, Gigi Marzullo. Comincio a ripassare i cavalli di battaglia in inglese.

Ma un attimo prima che si chiudano le porte del pullman si materializza la nuvola di fantozzi. È una nuvola 2.0, di nuova generazione, più subdola e potente. Da lontano scorgo il profilo anarco-bio-operaista di Cipputi che si dirige pericolosamente verso me, verso il patto atlantico che stavo per stipulare. Si presenta davanti all’ammericana dicendo “Sorry, Ai ev de namber tuenti-tu”. Eccola lì la mia iattura, che si siede accanto a me con un mezzo sorriso, contento nel suo momentaneo ruolo di scaccia-figa, parlandomi del suo nuovo motorino. Lo insulto ripetutamente, a intervalli regolari, per non fargli dimenticare che lo ucciderò alla prossima occasione utile.

Non prima però d’aver visto il concerto, fatto le foto, mangiato e bevuto con amiche e amici sempre belli, sempre accoglienti.

Ma da oggi, abbi paura scacciafiga!