giovedì 9 febbraio 2012

Il gabibbo e il cadavere del precario


La nausea che mi viene quando cominciano ad arrivare sulla mia bacheca facebook le battute a valanga su Monti e posto fisso è ormai quasi pari a quella che mi prende quando il premier o uno dei suoi se ne esce con una battuta sprezzante in pieno stile governo Berlusconi.
Seguono lettere del precario a Mario Monti, appelli indignati, flash mob e last but not least, le famigerate invitate in trasmissione.
Chiamano l'amico che si sbatte tutti i giorni per organizzare l'incazzatura e trasformarla in politica e gli chiedono: “mi serve una ragazza, dai 20 ai 30, precaria, con una storia di mille lavoretti malpagati alle spalle, e possibilmente un'insostenibile voglia di maternità frustrata. Entro oggi a pranzo ho bisogno del nome”.

Da quando è stato scoperto dalle faine televisive, cioè con un decennio buono di ritardo, il precario trattato come un qualsiasi fattoide è diventato uno dei feticci tv dei nostri giorni.
Assieme al metalmeccanico, a cui Santoro mette a disposizione il suo tinello pubblico per gridare arrabbiato, o come il gabibbo, un pupazzo di gommapiuma rossotinta che dovrebbe insegnare il buon giornalismo a quegli altri.
Nel caso del precario, la bidimensionalità un tempo catodica impone un basso profilo, aria piagnucolosa e blande frasi di rivendicazione, mal tollerate dal presentatore che preferisce il racconto della propria sfiga personale. Al precario in tv è assegnata la sorte di quattrocchi dei puffi: un cacacazzi vittimista che prima o poi verrà lanciato lontano dal villaggio per stare un po' in santa pace.

Io invece penso che il discorso salutare che i precari hanno cominciato a fare rispetto il livello minimo di dignità economica del loro lavoro, andrebbe traslato anche rispetto alla rappresentanza mediatica.
E cioè, la forza dello sfruttamento e dei livelli miseri di paga e di condizioni lavorative risiede nel fatto che c'è sempre qualcuno disposto a farlo se tu non vuoi. Ma se si stabilisce tutti insieme, come ad esempio cominciano a fare i precari dei giornali, che meno di tot a mansione preferisco non lavorare, allora a poco a poco i datori di lavoro dovranno migliorare le offerte.
E insomma, dovremmo cominciare a rifiutarci di andare in tv per fare il gabibbo della sfiga precaria. Dovremmo contrattare la possibilità di parlare di politica e di politiche. Altrimenti lasciare l'amica o l'amico in redazione senza il loro cadavere di precario (parafrasando Amore tossico).
Oppure dire di sì, che faremo i piagnoni, e poi parlare di reddito minimo garantito, di diritto all'abitare, di legalizzazione delle droghe, di reale contrasto alle mafie.

Però, per fare questo passaggio, bisogna che anche noi usciamo dagli automatismi pavloviani che ci spingono a rispondere con indignazione o con ipertrofia spinoziana (nel senso del sito satirico, non del filosofo) a ogni stronzata che dicono Monti o la Fornero.
Ad esempio, possibile che nel 2012 a uno che dice il posto fisso è monotono, si debba rispondere compatti: “No! Il posto fisso è una figata pazzesca!”?
A me puzza di sfiga e retroguardia. Mi sembra più vivo rispondere “dammi diritti e continuità di reddito, e ti assicuro che sarei il primo a mandarlo a fare in culo, il posto fisso”.

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3 commenti:

margherita ha detto...

tutto giusto, ma la legalizzazione di droghe che c'entra? Il precario ha bisogno ti "tenersi sù"? Mi sembra una scivolata pericolosa.

Cipputi ha detto...

la legalizzazione delle droghe c'entra col paese in generale.
controllare la produzione, separare i consumatori dagli spacciatori di strada, recuperare una montagna di soldi per lo stato, togliere potere alle mafie.
E se c'entra col bene del paese, c'entra anche con i precari. Recuperare soldi da una parte, significa non prenderli dal welfare e dalle tasche dei lavoratori.

margherita ha detto...

Il tuo discorso sulle droghe non fa una grinza, ma nel contesto in cui l'hai inserito può creare equivoci del genere "ecco i fricchettoni che vogliono libera droga e posto fisso". Non bisogna mai offrire il fianco alle generalizzazioni così come non si può ogni volta aprire una parentesi e spiegare che vuol dire la frase "bisogna legalizzare le droghe".