lunedì 17 gennaio 2011

Tunisia. La rivoluzione dei gelsomini quando ancora non c'era

Agosto 2010. Il tramonto esplode arancio sui tetti bianchi di Sidi Bou Said. Marouen mi indica in lontananza un grosso palazzone nella pianura sotto la collina su cui ce ne stiamo fermi ad aspettare la sera.
E' il palazzo presidenziale. E' il simbolo del potere assoluto di Ben Alì, presidente della Repubblica tunisina.
Oggi leggo sui giornali che quel palazzo è stato al centro di uno scontro a fuoco tra esercito ed ex truppe presidenziali asserragliate dentro, poi dato a fuoco. Scorrono sotto i miei occhi immagini di grandi stanzoni anneriti dal fumo. Quello che è rimasto di Ben Alì e del suo potere, dopo la rivoluzione dei gelsomini. Così l'hanno chiamata l'ondata di proteste contro l'aumento dei prezzi di diversi generi alimentari, che per i giovani è stata la catapulta da cui lanciare la propria rabbia contro la corruzione del regime. Diversi morti, la polizia che spara sui manifestanti, poi Ben Alì che fugge all'estero. In questo momento il paese è nel caos, le prigioni vengono assaltate, i sindacati invitano i quartieri ad organizzarsi in comitati di autodifesa contro gli sciacalli.
Un'altro mondo rispetto alla Tunisia che ho visto ad agosto, solo cinque mesi fa.
Marouen è un ragazzo marocchino dagli occhi verdi, spigliato, parla un ottimo inglese e ci fa girare Tunisi, perché  come due di noi fa parte dei couch surfers, persone di tutto il mondo che si offrono ospitalità gratuita.
Nella grande spianata della Kasbah ci mostra tutti i palazzi governativi. Le bandiere rosse con la mezza luna della Tunisia sono tantissime. Inevitabilmente gli chiediamo informazione su Ben Alì, sebbene con molta discrezione.
il suo è un giudizio indecifrabile. Dice che si, per la stampa non c'è libertà, ma anche che Alì ha modernizzato il paese e ha dato molti diritti alle donne.
Questa storia delle donne ce la ripetono in tanti durante la nostra settimana di girovagare per il Paese.
A Kairouan, patria dei tappeti e quarta città santa islamica del mondo, al centro del paese, gli uomini sembrano avercela molto con il riguardo che ha il presidente nei confronti delle donne. Addirittura ha imposto che negli uffici pubblici non venga usato lo chador. Ci farebbe quasi simpatia, se il suo ritratto non ci rincorresse ossessivamente ad ogni passo. Il mezzo busto fotografico di Ben Alì con la faccia da Dracula e la pomata nei capelli è esposto in tutti i locali pubblici per legge (pizzerie, negozi di cianfrusaglie e bar inclusi) e copre intere facciate di palazzi con enormi poster stile Grande Fratello.
Quando chiedi con un sorriso complice un commento sul presidente, incontri sempre una risatina e uno sguardo al cielo, al massimo qualche frase smozzicata. Parlare proprio e apertamente, non si può. I muri sentono.
Una sera Marouen ci porta a conoscere altri couch surfers marocchini. Sono simpatici, aperti. La maggior parte delle ragazze presenti non indossano il velo. Con mia sorpresa, la ragazza che ha deciso di indossarlo è la più simpatica e la più spigliata. Mi spiega che è una sua scelta, e che sua madre non lo porta, e che anzi in Tunisia è comune incontrare famiglie per la strada dove la madre è senza chador e la figlia si.
Qualcosa in più riesco a farmela dire da un simpatico tassista che ha imparato l'italiano dalla tv (come tutti in Tunisia) mentre mi accompagna al porto per il ritorno a casa.
Dice che all'inizio Ben Alì ha fatto cose buone per il Paese, ma poi probabilmente per il troppo tempo passato al potere (ben 24 anni) ha perso contatto con la società. La corruzione dilaga in Tunisia e lui ha sistemato tutto il suo clan, e questo ormai comincia a far stancare la gente. Io dico che da questo punto di vista non ci vedo molta differenza con l'Italia. Lui ride.
Torno a casa con le idee un po' confuse. Sicuramente dal punto di vista religioso, la Tunisia è un paese moderato e molto secolarizzato. Dal punto di vista politico, mantiene molti tratti del regime, seppure molti pensano ancora sia un qualche modo "illuminato". Questo penso tornandomene in Sicilia.
Poi a gennaio 2011 scoppia il caos in Tunisia. I giovani, che da qui possono sembrare tanto diversi dai ragazzi che hanno affollato le piazze europee nel dicembre scorso (ma senza esserlo affatto), esplodono nella protesta.
Un quarto di secolo di regime soft spazzato via in pochi giorni.
Me l'avessero detto quest'estate che i tunisini avevano tutta questa rabbia addosso, non ci avrei creduto.
Si pensa spesso che le rivoluzioni siano un processo lento e inesorabile che cresce gradualmente fino all'esplosione. Forse ci fa piacere pensarlo, perché questa idea porta con sé la comodità di avere il tempo di mettersi in salvo.
Ma così non è. Un giorno prima sembrano incazzati, ma neanche troppo. Il giorno dopo sei in fuga col tuo aereo presidenziale. E chi vuole intendere, intenda.

domenica 16 gennaio 2011

La mamma di Marchionne e la questione di Mirafiori

All'insegna della multicanalità, riportiamo un interessante scambio di vedute avvenuto su FaeisBus tra bradipo, cipputi ed altri amici di bradiponevrotico, come Francesco Chiantese

Il tema è di giornata e le opinioni non scontate. Comunque, un tentativo di andare oltre gli slogan. Un saluto a tutti

Bradipo. Vedi Cipputi, io non avevo intenzione di difendere Marchionne, che da uomo di potere qual è non ne ha certo bisogno, ma di porre la questione di come noi approcciamo il problema. Tacciare Marchionne, Bonanni, Angeletti o chi sostiene l’acco...rdo di essere padroni sfruttatori o dei servi del padrone (o figli di troia) non aiuta né a spiegare né a risolvere i problemi, ovvero comporre i conflitti attraverso soluzioni che tengano conto dei diritti delle parti socialmente più deboli ma che permettano all’azienda di essere competitiva.
Il problema della produttività, poi, è cronico nel nostro paese, a tutti i livelli. E la produttività è centrale per rendere possibile la presenza di un sistema industriale, con le sue imprese, i suoi operai, i suoi impiegati, etc.

La dignità dei lavoratori ovviamente viene prima della produttività.
Ma modifiche all’organizzazione del lavoro simili a quelle proposte sono già operative in altri settori industriali, anche con l’accordo di tutto il mondo sindacale (che poi sulla questione della rappresentanza sindacale nelle aziende ci sarebbe molto da discutere…)

Io ho grande rispetto per il lavoro degli operai delle presse, delle verniciature, delle catene di montaggio, che fanno un lavoro estremamente faticoso, e penso che tu su questo non abbia dubbi. Ma semplicemente sono sicuro che impostare la discussione sul Noi contro Loro, su Lavoro contro Capitale non serva a migliorare le condizioni di questo paese, che ha bisogno di entrambi e ha bisogno di una discussione politica con uno sguardo ampio.

Il conflitto è un indispensabile strumento di lotta ma poi ci devono essere anche le soluzioni concordate. Sennò si finisce per fare delle battaglie che ci riempiono di orgoglio, che ci fanno sentire comodamente dalla parte giusta ma che hanno il difetto di non offrire una prospettiva.

P.S. ho sentito Samuele Bersani e lui e d’accordo con te. Quindi sono solo..

Cipputi. Si ma come dice la stessa parola "status", lo status di fb è uno spazio per esprimere stati d'animo, non credo sia possibile articolare ragionamenti con 300 battute. In ogni caso, il tuo lunghissimo ragionamento, ripeto, non ha nulla a che ...vedere col caso specifico.
La produttività degli operai non c'entra nulla col fatto che marchionne stia tentando (e forse ci sia riuscito) di far tornare i diritti dei lavoratori indietro di cento anni, uscendo dalla confindustria e minacciando di lasciare il paese dopo che il paese ha tenuto viva la fiat per decenni, perché "dava lavoro agli italiani".
Dunque, quando dico che Marchionne è un figlio di troia, non esprimo un giudizio sulle relazioni tra padroni e lavoratori, ma su Marchionne e sulla sua gestione della vicenda Mirafiori.
Dunque, a meno che tu non pensi che Marchionne sia stato onesto e condivisibile in questo passaggio, il tuo ragionamento di contesto è fuoriluogo rispetto alla mia considerazione su Marchionne. Ed è il problema che sta allontanando tra l'altro il Pd dal suo popolo: perdersi in distinguo e premesse, quando non è il momento.

Cipputi. ...anche perchè mettendo in relazione la produttività degli operai con l'operazione di Marchionne, implicitamente stai giustificando parzialmente il suo comportamento. Come quando di fronte a uno stupro, uno nel dire che è sbagliato, comincia dicendo: "certo, se una va in giro vestita come una mignotta non è il massimo, però.."

Bradipo. Il riferimento allo stupro è piuttosto manipolatorio, quindi quando ci vediamo ti meno io.

Io volevo squarciare quell'unanimismo che c'è intorno alla questione e che nelle ristrettezze di spazio di FB si esprime in posizioni facili e approva...zioni in batteria. Qualcosa tipo, "sempre e comunque con la fiom". Ecco questo è un modo di ragionare infantile.

Che ce ne fotte, noi tifiamo per loro tanto non dobbiamo mica capire quali siano le sfaccettature del problema prima di scegliere. A noi basta essere dalla parte giusta. E poi se la fiat va a puttane che ce ne fotte, siamo mica metalmeccanici noi?

Cipputi, sono convinto che tu non la pensi così, per questo faccio polemica con te...

Cipputi. No, non la penso così, ma ripeto che secondo me quello che sta facendo Marchionne e la discussione sul modello produttivo non sono due cose collegate. Il suo trucco è questo, farle sembrare legate.
Lui sta semplicemente ricattando dei padri ...di famiglia per potergli togliere dei diritti sacrosanti.See More
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Francesco Chiantese. Marchionne, però, resta un figlio di troia.

Bradipo. CVD

Massimiliano Perrone. No dai almeno figlio di Tonna...in una tonnaia!

Francesco Chiantese. No, la mia risposta non dimostra proprio nulla; è ovvio che la questione è complicata, è ovvio che si può ragionare delle radici, dei rami, della corteccia, delle foglie, dei fiori, e del puzzo della questione.
La cosa è doverosamente necess...aria.
Non sono uno che "ama" i sindacati, ne possiamo "ridurre" la questione al comportamento degenere di un solo individuo.
Però, questo non vuol dire, che per un attimo non si possa soffermarci proprio su questo.
Ho "apprezzato", anzi "amato" Cipputi anche questa volta (nelle sue parole, non fraintendiamo, niente carnezzerie), perché con la leggerezza calviniana (e solo calviniana) della sua affermazione c'è una delle verità della questione.
Marchionnè è evidentemente uno che ha l'intenzione, non tanto velata, di cambiare il sistema di contrattazione in Italia al ribasso; ha colto la palla delle "ansie da crisi", ha colto la sfilacciatura annosa del sistema sindacale, ha colto il momento debole della politica italiana per calcare la mano...sia a livello di confindustria che sindacale.
Ha voluto "sdoganare" (eh...quante volte ho usato questa parola negli ultimi dieci anni) un modus operandi che, in Italia, molti industriali...pardon...finanzieri (che questi l'industria non sanno cosa sia) agognavano ma che non aveva la forza di proporre.
Ridurre la riflessione attorno a Marchionne (eliminando per un attimo-istante le altre borre di questa questione) nella frase "Marchionne è un figlio di troia" vuol dire esprimere la questio in un pensiero che non ha in se la superstizione della comprensione, che passa oltre, che passa sotto.
E' stato il mio primo pensiero, anche quello di mio padre (con 2o anni di linea ed altrettanti di taglio di bosco alle spalle...che litigò con mia madre quando non volle accettare di andare a lavorare in fiat a mirafiori), quello di mio nonno, del mio vicino Gabor, di molti amici "letterati" e di altrettanti analfabeti.
Nella frase di Cipputi non ho visto una semplificazione sul piano dei contenuti, piuttosto sul piano del linguaggio.
Sarebbe come dire che la pernacchia di Totò o l'uscita di Fantozzi sulla corazzata "potionchi" siano "semplificazioni".
Dovremmo reimparare, al contrario, che qualche volta un rutto è la giusta risposta.
Scusatemi...ovviamente...mi son dilungato; le "misure" di facebook non sono per me.

lunedì 3 gennaio 2011

Welcome back in Rome

(ovvero gli ermi colli di Roma)

Fortunatamente, ho un po’ rielaborato il trauma del migrante, tanto da esser contento di esser tornato a Roma e di poter vagabondare per le strade.
Più prosaicamente, stamattina la necessità di recarsi a trastevere era legata ad un cambio regali ma l’effetto vacanza si è fatto sentire comunque, in un modo strano.
Arrivato a piazza San Cosimato ho assistito in contemporanea a due eventi eccezionali, ovvero la presenza di una zingara che suonava meravigliosamente la fisarmonica (diciamocelo al di la della comprensione: di solito suonano di merda, almeno in metropolitana) e a due simpatici deficienti che giravano per la piazza, in mezzo alle giostre artistiche per bambini con un maiale vietnamita al guinzaglio. A completare il quadro, mancava solo il Mago Guarda.