venerdì 25 giugno 2010

Perchè abbiamo ciclicamente bisogno di una Caporetto per ripartire?

I titoli odierni dei giornali, dei telegiornali, dei siti internet non lasciano spazio all’ironia, sottolineando con toni tragici la disfatta della nazionale di calcio. Un coro greco che scandisce la tragedia di una squadra (e dei suoi tifosi) con il vessillo sul petto della vittoria del 2006 ma senza alcuna motivazione non dico a vincere ma neanche a partecipare al torneo.

Eppure stavolta, a differenza di quattro anni fa, non avevamo scandali in corso, retrocessioni annunciate e cazzi vari. Sia la squadra che i tifosi italici potevano preparare con concentrazione l’appuntamento. Eppure sembravamo tutti poco interessati al mondiale, quasi rassegnati all’evidenza del fallimento, della prevista Caporetto a seguito della quale Lippi-Cadorna lascia con vergogna e si spera moderatamente che Prandelli-Diaz riesca a dare una svolta.
Ma perché abbiamo bisogno di continue Caporetto per ricominciare?
Ovviamente, non ho risposte anche perché la cosa riguarda molti di noi e in particolare il sottoscritto bradipo.

In un film di Scola ambientato con Alberto Sordi e Nino Manfredi (Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?) un mercenario belga rivolge a Sordi un’invettiva sarcastica dicendo: «L'Italia fa grandi cose per farsi odiare ma poi fa piccola cosa per farsi perdonare...».
Ecco, probabilmente faremo così: ci rimboccheremo le maniche col nuovo allenatore – approfittando del fatto che Prandelli ha un carattere molto diverso da Lippi – e al prossimo campionato europeo di calcio ci presenteremo con un minimo di dignità, con uno straccio di motivazione e con quell’interesse da parte dei tifosi che in quest’occasione e mancato. E dimenticheremo quello che è successo ieri, allo stesso modo di come abbiamo rimosso i mondiali del ’74, tangentopoli, calciopoli, paperopoli, il fascismo e il gioca-jouèe.



P.S. ieri ho visto la partita in una situazione fantozziana: sala ricreativa così sistemata: davanti gli uomini in camicia e cravatta che durante la partita invece di soffrire si lasciavano andare a commenti tecnici di una banalità sconfortante, tipo «non stiamo sulle gambe», «quattro anni fa eravamo più forti» o «stiamo perdendo con i boscaioli sloveni» (giuro l’ho sentito davvero!); dietro c’erano le donne che ridacchiavano e parlottavano, al massimo pronunciando ogni tanto un «perché non segnano?». Sull’esterno io, in quanto consulente.

Per chiudere, sul 2-0 per la Slovacchia un giovane e abbronzantissimo dirigente napoletano ha esclamato: «Uaaaa, meno male che ho scommesso sulla vittoria della Slovacchia»

mercoledì 9 giugno 2010

Pezzi

Pezzo I (intimista)


Non ricordo in che modo ho scovato il testo di questa canzone, era nella cartella ‘personal’ del pc (che equivale al cassetto della scrivania ricolmo e confuso di roba). Fatto sta che sono rimasto colpito dal sentirlo appiccicato addosso come una maglietta sudata in una serata di scirocco.
Sarà che è una canzone trentennale (nel senso dei trentenni), sarà che a Roma ci sono due aeroporti, sarà che le strade sono tante e spesso ci si perde - la questione è obiettivamente ancora da dirimere – ma ho pensato che non sarei stato l’unico a sentire ciò. Per questo ve la offro.


Imparare dal vento (Tiromancino, 2004)
Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere, dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire.

Un aereo passa veloce e io mi fermo a pensare a tutti quelli che partono, scappano o sono sospesi per giorni, mesi, anni in cui ti senti come uno che si è perso tra obiettivi ogni volta più grandi.

Succede perché, in un instante tutto il resto diventa invisibile, privo di senso e irraggiungibile per me, succede perché fingo che va sempre tutto bene ma non lo penso in fondo.
Torneremo ad avere più tempo, e a camminare per le strade che abbiamo scelto, che a volte fanno male, per avere la pazienza delle onde di andare e venire, e non riesci a capire.

Succede perché, in un instante tutto il resto diventa invisibile, privo di senso e irraggiungibile per me, succede anche se il vento porta tutto via con se, vivendo e ricominciare a fluire


ricominciare a fluire
ricominciare a fluire
...

Pezzo II (figurativo)



E poi – sempre come dono ai quindici lettori di questo blog - delle foto di galoisio/polemicacone, re dei trentenni e delle strade labirintiche, perché il suo sfacciato talento di fotografo/operaio merita il rilievo pubblico e l’impegno privato.

http://www.flickr.com/photos/galoisio/show