mercoledì 17 giugno 2009

Lisbon Story



Lisbona non sarà il Venezuela, ma anche Cipputi durante lo scorso fine settimana ha mosso il culo ed è andato in terra portoghese per qualche giorno.
Io e il compare Aspà siamo finiti in uno degli ostelli migliori d'Europa, secondo il Times, e in effetti era un posto bellissimo, e la sera ci siamo ritrovati ad uscire con lo staff, cuoco incluso, e una trentinta di ospiti.
Lisbona in quei giorni era in festa per Sant'Antonio, patrono della città. Sant'Antonio di Padova, cari i miei sapientoni, infatti è di Lisbona. Si si, è nato lì. E ogni anno la notte tra il 12 eil 13 giugno il quartiere popolare dell'Alfama (una specie di quartieri spagnoli più contorti e senza occasionali ammazzatine) si riempie di persone fino al mattino, che ballano al ritmo di improvvisati sonud system, e gli angoli di strada sono inondati dal fumo e dall'odore delle sardine alla brace, cucinate ovunque.
A Lisbona ci ho fatto l'Erasmus, nel 2001. Nove mesi di onirica scoperta. Tornavo per la prima volta dopo otto anni.
E' stato sorprendente, girando per le strade, accorgermi di come i ricordi mi assalissero. Angoli di strada, portoni, locali, marciapiedi, mi raccontavano di pezzi di vita che avevo perso chissà dove, chissà come. Addirittura passando davanti a una bettola, mi sono ricordato cosa avevo mangiato l'unica volta che ci ero entrato: baccalà con ceci. Poi mi ero sentito male, ma forse non era il baccalà, forse ero io.
Ho anche incontrato un amico spagnolo che aveva fatto l'erasmus con me e dopo ha deciso di restare a Lisbona. Era identico a otto anni prima. Magro e senza capelli. Io: ingrassato e senza più la testa rapata di un tempo. Abbiamo parlato del passato e tanto di presente. Del francese Victor e dell'austriaca Diana, che si sono messi insieme a Lisbona durate quell'anno e l'anno scorso, a cena da Augusto a Trastevere, mi hanno annunciato che aspettavano un bambino. Figlio dell'erasmus. Mentre le storielle diventano figli, i legami eterni scivolano giù per i lavandini e si perdono in mare. A volte va così la vita.
Dentro un tram elettrico, il famoso "28" di legno ed epoche gloriose, che attraversa il centro di Lisbona, ho trovato dei cantanti di Fado, suonando e intonando. Gli avventori del mezzo cantavano in coro il ritornello. Noi turisti facevamo foto. Ho pensato che le tarantelle degli altri sono sempre più verdi.
Al ritorno abbiamo passato una notte all'aeroporto di Malpensa. Dato che era impossibile dormire ho attaccato bottone con una ragazza spagnola vicino a me. Abbiamo parlato tutta la notte nel silenzio squallido della sala d'attesa, mentre le macchinette per lavare i pavimenti passavano avanti e indietro come bisonti assonnati.
Però non è finita come in quel film Hollywoodiano dove lui e lei parlano e parlano e arrivata l'alba si baciano e fanno l'amore. Anche perché tra le prime cose che mi ha detto lei, c'era il giudizio sui ragazzi italiani che pensano che "solo perchè hai voglia di parlare con loro, ci vuoi andare a letto". Io ho sorriso come per dire "maddai! Esiste gentaglia così? Ma davverodavvero??" e ho continuato a guardare le sue foto scattare al concerto di Lenny Kravitz.
La ragazza aveva due enormi valigioni. Tornava nelle Canarie dopo nove mesi di erasmus a Rimini (si lo so, neanch'io sapevo che esistesse un'università in quel postaccio). Era il suo viaggio di ritorno. Mi sono rivisto in lei che tornavo in Italia (di spalle che partivo, direbbe Fda). E mi è sembrato che in quest'ultimo viaggio di qualche giorno sono andato a incontrare il mio passato.
Pezzi del mio passato frullati e bevuti. I migliori, of course. Che i peggiori li ho ancora incastrati tra i denti.

1 commento:

bradiponevrotico ha detto...

sei sempre una spanna sopra