sabato 12 settembre 2009

Er giapponese? Te fa ‘na foto


Ma che c’avrà ‘sto giapponese di tanto buono?

Lo confesso: pur essendo cresciuto negli anni ’80 a botte di cartoni animati giapponesi più che di fighetteria disney, non provo particolare interesse né per il sol levante né per la sua cucina.

Per carità, buono il pesce fresco, leggero e con un moderato apporto i grassi e tutte cose, ma sti cazzi?! Lo so di essere un po’ troppo duro, in fondo i nooddles erano buoni, sono dignitosamente riuscito a mangiarli usando le bacchette e poi questo nome mi ricorda il protagonista di “C’era una volta in America” e quindi la sua amata ballerina (quant’è bella la scena del cantico dei cantici sul retro del ristorante…?!).

Quello che proprio non sopporto è questa fissazione per i ristoranti giapponesi, talmente pandemica che se non sei in grado di parlarne per almeno mezzora rischi di apparire una specie di disadattato. E noi siamo trentenni del terzo millennio e non vogliamo mica apparire dei disadattati. Eccheccazzo.

Tale morbo sembra aver aggredito selvaggiamente le genti lombarde, milanesi in particolare, compresi (con mia sconfortata sorpresa) molti emigranti meridionali. Napoletani e siciliani e milanesi che si sdilinquiscono parlando di sushi, sashimi, wagamomo, tempura… E io che ero rimasto ad Antonio Hinoki, Akira Kurosawa e il grande Tekuro Nakarie (noto dentista nipponico) mi sono dovuto adeguare, per tentare di restare un trentenne brillante con i miei colleghi trasferisti neomilanesi.

Prima sera: Kabuki, uno dei migliori ristoranti giapponesi di Bruxelles :-. Sono insofferente perché invece di rimanere in albergo millantando un mal di testa mi trovo di fronte ad un menù che non capisco,che non mi comunica sapore. Alla fine prendo un barca di sushi-sashimi mix che mi viene servita davvero in un piatto a forma di barca con del fumo bianco che fuoriesce. Mostro di gradire abbastanza, almeno fino a quando non commetto l’errore di assaggiare il wasabi(*). Seguono scene degne del pomodorino di fantozzi.

Nei giorni successivi è stato tutto un parlare della cena e soprattutto si pianificato il secondo appuntamento, solo rimandato a causa della mia ritrosia. Dopo qualche giorno ho dovuto cedere, ero in netta minoranza, tre contro uno, due donne e un uomo contro di me, in piena crisi di astinenza giappo.

Seconda sera: di nuovo kabuki, comincio a prendere le misure all’avversario. Ordino noddles e spiedini di tonno che sono buoni. [Che mi stia convertendo anch’io? Mo che torno a Roma devo far visita al mio esorcista di fiducia…].

Alla fine, ciò che si può trarre da questa triste storia, a parte la paura di rimanere indietro di un trentenne incline alla calvizie, è che con quei prezzi il giapponese è buono solo se a pagare è il pantalone di turno finanziatore della trasferta, anche a Bruxelles.

P.S. tra le due serate sono intercorsi alcuni giorni, in uno dei quali siamo stati al ristorante tailandese. Ma non associate mai il thai con il giapponese davanti ad un milanese, potrebbe impazzire di rabbia.
(*) wasabi: specie di crema di ravanello dal colore verdognolo e dal sapore disgustoso, proibita dalla Convenzione di Ginevra e da altri tredici trattati internazionali.

4 commenti:

Unknown ha detto...

La prossima volta che ti vedo a Bruxelles ti faccio una mossa alla Antonio Hinoki...

Anonimo ha detto...

Caro Peppino,
denuncio le mie contaminazioni milanesi confermando che quella giapponese è una delle mie cucine preferite... (insieme a quella dell'Angiulinu..) e spero che "sbarchi" in maniera degna anche a Lecce. Mi auguro che ciò non ti comporti un ulteriore moto di sconforto.. ma confido nelle tue capacità di mutazione, già subdolamente in atto...
Milena

bradiponevrotico ha detto...

mink+ia (tipica espressione giapponese) mi sto contq,inqndo sul serio!

Stasera sono andato in un altro giapponese brussellese ed ho gustato (!) un ottimo sashimi di carne di cavallo. Giuro che era buono

bradiponevrotico ha detto...

volevo dire contaminando ma la tastiera é streusa (viva la qwerty)