giovedì 2 dicembre 2010

Non sembrava novembre quella sera

Il nostro tempo si coniuga soltanto al presente.

Leggiamo le notizie su internet che si aggiornano dopo pochi minuti, rincorriamo l’attualità ed il presente come viatico per la nostra accettazione sociale, in modo da essere aggiornati, informati, “sul pezzo”, poter fare quindi battute ironiche sull’ultimo scaldaletto o sull’ultima dichiarazione del vip, politico e attore poco importa.

In questo rincorrersi di minuzie, di dettagli, in questa lunga sequenza di infinitesimi annulliamo la nostra capacità di analisi, la possibilità quindi di guardare ad un fenomeno con una prospettiva non necessariamente lunga –ché poi la vulgata citazionista rispolvera a sproposito Keynes e il fatto che nel lungo periodo siamo tutti morti- ma almeno provvista di un’analisi consolidata, di dati verificabili e opinioni contrastanti.

Fortunatamente, c’è chi rinuncia a questa forma superficiale di sapere ed informazione e dedica le proprie energie alla costruzione della memoria, in un percorso di approfondimento e di ricostruzione che è tanto lontano dallo spirito dei tempi attuali da risultare ancora più importante.

Uno di questi costruttori di memoria è Stefano Ventura, storico e docente precario (questo sì nello spirito dei tempi), che in questi giorni ha pubblicato per le edizioni Mephite un libro che indaga e ricostruisce il terremoto del 1980, quello che colpì Irpinia e Basilicata, e che ebbe il proprio epicentro proprio nelle vicinanze del suo paese, Teora (AV).

 
«Chi ha vissuto in prima persona la scossa delle 19 e 34 del 23 novembre 1980 ricorda nel dettaglio quell’interminabile minuto e mezzo di onde sussultorie e ondulatorie. Per gli abitanti dei paesi del Cratere, quel brevissimo lasso di tempo ha significato il sovvertimento totale della realtà, uno spartiacque definitivo nelle vite di ciascuno. Non è facile narrare la sofferenza e la dimensione di shock individuale e collettivo di chi visse il terremoto. Quando si prova a raccogliere i ricordi, tutti i racconti che rievocano la domenica del 23 novembre fanno riferimento alla giornata tiepida, serena, cosa che a novembre accadeva poche volte nelle zone interne di Campania e Basilicata. La credenza popolare ha sempre associato la calma dell’aria a un ribollire delle viscere della terra e alla potenza della natura.»

 
Così l’autore (coetaneo del terremoto, solo di qualche mese più vecchio) scrive in un recente articolo su Il Mattino di Napoli che significativamente si intitola «La memoria del terremoto, utile se critica». Perché ricostruire la memoria dei luoghi, soprattutto quando si tratta di luoghi marginali, lontani dalle amplificazioni dei media, non vuol dire offrire una sponda nostalgica, fatta di foto in bianco e nero e di ricordi, a chi recrimina su come è peggiorato il mondo. Vuol dire offrire dati, punti di vista, spunti polemici e soprattutto vuol dire costruire un racconto e un’identità ad una comunità e ad un territorio, senza i quali rimangono solo pietre, strade, usci.

Stefano Ventura,

“Non sembrava novembre quella sera”
Prefazione di Antonello Caporale .
Pagine: 156 - Prezzo: 13
Collana: La storia in provincia
ISBN: 978-88-6320-085-0
Novembre 2010

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