martedì 30 novembre 2010

Quella doppia gaffe con Monicelli

Qualche giorno fa me ne stavo chissà in quale parte di Roma e mi è venuto in mente Mario Monicelli. Così, all'improvviso, mi sono chiesto se era ancora vivo o se anche lui era morto.
Quando mi sono risposto che no, che era ancora vivo, ho come sentito una sensazione di sollievo. Come un affetto che si prova per quei vecchietti per cui nutri immenso rispetto.
Ieri sera, arriva la notizia che Monicelli si è spento per sua stessa volontà buttandosi dal balcone dell'ospedale San Giovanni di Roma. Aveva 95 anni.
Mi è tornato in mente l'unica volta che ci ho parlato, per una maldestrissima intervista che gli feci, con tanto di gaffe, tanti anni fa. Per la precisione era l'aprile del 2003. Monicelli aveva ancora sette anni di vita davanti a sé, ma non ne sapeva nulla. Era a Siena per presentare un film collettivo di vari autori italiani sul Forum Sociale Europeo di Firenze. Era l'ultimo colpo di coda di un movimento, quello di Genova, penzolante sul baratro del riflusso. Ma nessuno lo sapeva, della nostra morte imminente.
All'epoca io ero uno studente di Scienze della comunicazione, aspirante giornalista che faceva le sue prime interviste per un portale internet, Girodivite.it.
Ero andato al teatro dove Monicelli presentava il documentario con la ferma intenzione di intervistarlo.
Avrei voluto fermarlo alla fine della cerimonia. Ma a metà della serata, il presentatore lo saluta dicendo che il "maestro deve andare via".

Io entro in agitazione, preso dall'imbarazzo del giornalista alle prime armi, non so se lasciarlo in pace o corrergli dietro, poi su consiglio di qualcuno mi forzo e corro all'uscita della platea ad aspettarlo.
Quando lo vedo uscire, vecchietto e minuto, con un paio di persone a lato, mi batte forte il cuore. Gli chiedo "Maestro due domande..." Lui si gira verso me, e già quel modo di girarsi porta addosso un silenzioso quanto disagevole "perchè mi scocci, non vedo che sto andando via?".
Mi guarda seccato, io mi sento piccolo e pronto ad abbandonare il campo senza manco combattere.
 Poi mi dice qualcosa tipo "dai", oppure "dica", che io intendo però "che gran rottura di coglioni sto giovane giornalista aspirante che mi deve fare le solite domande banali che non servono a nulla".
Io comincio a chiedergli di Genova e del G8, lui fa un bel parallelo con l'armata Brancaleone.
Poi dico (che il dio del cinema mi perdoni): "Lei ha raccontato la seconda guerra mondiale con un bellissimo film, La grande guerra..." Monicelli mi fulmina con lo sguardo, ma senza troppo interesse: "Era la prima guerra mondiale..." mi dice. Divento rosso. Con una sola frase ho fatto due gaffe: primo, è evidente che sto parlando di un film che non ho visto. Secondo, la grande guerra è la prima guerra mondiale per definizione. Da 2 in pagella in storia.
Mi correggo con un sorriso da "ahah, ma certo, era un lapsus, capita a volte, no?", e continuo con le domande.
Va via dopo poche manciate di secondi, correndo dietro alla sua vecchiaia da maestro, che lui ha sempre accettato con sprezzo.
Rimango da solo nel foyer del teatro, con queste due sensazioni da gestire. La prima, un'adrenalinica euforia per aver intervistato un monumento per il cinema italiano. Non male come inizio, mi dico. E non posso immaginare che le più belle interviste della mia vita saranno proprio quelle di questo periodo, in cui a scegliere chi e cosa sono io, visto che nessuno ancora mi paga per fare interviste.
E l'altro sentimento, di fastidio, verso Monicelli. "Ma chi cazzo si crede di essere, Dio? un grande non è un vero grande se non è anche umile".
E non avevo capito un cazzo. Come non avevo capito un cazzo di Carmelo Bene, e di altri pochi geni che hanno come unica arma contro la soffocante e ipocrita campana di vetro dello status di "Maestro", la ferocia della verità e dell'onestà.
Un altro, al posto di Monicelli, avrebbe giocato il ruolo della vecchia gloria del passato, bonaria e un po' rincoglionita. Invece, con ammirevole onestà, quella volta Monicelli mi rese evidente che tra lui, quasi novantenne, e me, giovane imberbe, il rincoglionito ero io. Mica lui.

Intervista a Monicelli

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Il semble que vous soyez un expert dans ce domaine, vos remarques sont tres interessantes, merci.

- Daniel

Anonimo ha detto...

maldestrissima, o malissimodestra? bravo, comunque... quando torno a casa leggo anche questo a mia madre. | Etusaichisono |

Anonimo ha detto...

uff... adesso non mi ricordo chi sei!!!

Cipputi

Anonimo ha detto...

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