sabato 15 marzo 2008

Bradipo Vs Bernanke

Non ho un buon ricordo di Bernanke. Non che lo abbia conosciuto (il capo della FED solitamente non è tra le conoscenze più intime di un bradipo) ma ne conservo un ricordo spiacevole.
Siena, settembre 2001. Notte insonne passata a studiare l’ultimo libro dell’esame di Economia Monetaria I, sulla BCE. Dopo doccia e caffè mi avvio verso piazza San Francesco, entro, mi siedo, scrivo, aspetto, leggo i risultati: scritto superato bene. Mi sento pronto per l’orale, nonostante il taciturno professore non sia proprio rassicurante. Affronto l’esame con apparente tranquillità e comincio a parlare, sicuro.
«Bene, bene» sembra voler dire la sua faccia. Fino a quando dalla sua bocca non esce un suono stridulo dal significato opaco.
«Mi parli del modello Bernanke-Blinder». Silenzio. Provo a mettere insieme delle frasi sufficientemente generiche da non sembrare completamente fuori luogo. Fallisco nel mio tentativo, capisce che mi sto arrampicando su degli specchi cosparsi d’olio d’oliva.
«Peccato, 26.»
Firmo, mi alzo, me ne vado. Ancora una volta sono caduto come Dorando Petri a un passo dal traguardo.
Per questo Ben Bernanke non mi è mai stato troppo simpatico. Un articolo di Paul Krugman sull’ Herald Tribune di oggi parla con preoccupazione della situazione economica americana, mentre riserva al capo della Federal Reserve (il vecchio Ben) una vena di sottile ironia, come a voler insistere sulla differenza che c’è tra fare l’economista accademico e dirigere l’istituzione monetaria più importante. Succede a tutti. Anche il predecessore di Ben, il celebre Alan Greenspan, ha dovuto subire un destino in due fasi: prima l’esaltazione, in quanto artefice del cosiddetto “atterraggio morbido” dell’economia americana dopo l’esplosione della bolla della new economy e dell’attacco alle torri gemelle; poi, recentemente, una serie di attacchi violenti al suo operato, ritenuto responsabile dell’espansione indiscriminata del credito negli Stati Uniti che ha causato la crisi dei subprime.
Cose che accadono, si diceva. Il fatto curioso è che sia l’esaltazione sia la critica sembrano vere.
Quello che è certo, al di la delle vicende personali, è che la situazione economica è molto difficile, ed investe pesantemente le prossime elezioni presidenziali americane.
L’economia americana, pur così capace di assorbire gli urti e di reagire rapidamente, è vittima da almeno quarant’anni di alcuni disequilibri fondamentali.
La bilancia commerciale strutturalmente in deficit (si compra dall’estero più di quanto si esporti) è compensata unicamente dall’esportazione di titoli, grazie alla centralità del dollaro nel sistema monetario internazionale.
Ma se i grandi paesi detentori di titoli in dollari (Cina, India, Russia, ecc.) decidessero di convertire le loro riserve in euro, cosa accadrebbe?
I cittadini americani sono molto indebitati, il livello di risparmio è basso e anche i consumi dipendono pesantemente dalla disponibilità del credito. Dal 2000 in poi la FED è stata piuttosto generosa, abbassando i tassi di riferimento a ogni scricchiolio, per rendere sempre conveniente prendere a prestito e mantenere a galla il sistema. Krugman sostiene che Bernanke sembra intenzionato a lanciare un’operazione da 400 miliardi di dollari per rifinanziare le banche che in cambio potranno apportare come garanzia (collaterals) non solo titoli di stato sicuri, ma anche prodotti che hanno al loro interno mutui ipotecari. La ratio di questo intervento sarebbe quella di salvare –letteralmente- le banche invischiate nella crisi dei subprime e di consentire che il sistema produttivo sia in grado di produrre lavoro, rifiatando attraverso il credito bancario.
Ma se il meccanismo di trasmissione della politica monetaria si inceppasse? Se cioè nonostante questi interventi dovesse prevalere negli operatori la sfiducia, nelle banche l’avversione a concedere prestiti per non sobbarcarsi altri rischi, cosa succederebbe? E come reagiranno i candidati alla presidenza di fronte a segnali così preoccupanti?
Lo so che sembrano questioni lontane ma riguardano ciascuno di noi, chiunque paghi una rata di mutuo o di qualsiasi finanziamento. E riguardano anche la politica internazionale, spesso valvola di sfogo nei periodi di crisi.
Non c’è quindi da stare troppo allegri. Anche se quasi quasi sono contento che la sfortuna si accanisca contro Bernanke e il suo fottutissimo modello…

1 commento:

Anonimo ha detto...

http://youtube.com/watch?v=3u2qRXb4xCU

glenn hubbard, quello che canta (in realtà è un sosia) era il più papabile candidato alla presidenza della fed... poi hanno scelto bernanke)
(è geniale!)
(l'hanno fatto gli studenti della columbia business school dove hubbard insegna)