sabato 7 giugno 2008

Gli uomini rossi e l’inflazione


Qualche giorno fa ci è stato comunicato che l’inflazione su base annuale ha raggiunto in Italia il 3,6%, livello che non veniva registrato da metà anni novanta, ben prima del rientro nel sistema monetario europeo e successivamente nell’area euro. A dire il vero, penso che nessuno si sia stupito della cosa, nessuno che faccia la spesa con regolarità.
In particolare, il livello dei prezzi al consumo (e alla produzione) è stato sospinto da due voci: energia e alimentari. Occorrenza nefasta per chi oltre a fare la spesa deve comprare la benzina e tutti i derivati del petrolio, cucinare o fare una doccia calda, almeno una volta ogni quindici giorni. Subito si è scatenata la richiesta di intervento al governo perché intervenisse a sanare la questione. La risposta è stata la solita, bypartisan: “ridurremo le accise sui carburanti”. A parte la bellezza naif del termine accise, non c’è da ben sperare e non per colpa del governo, di qualsiasi governo.
Questa pressione al rialzo è determinata da diversi fattori, tutti squisitamente di mercato. La forte pressione sulla domanda di carburanti e cereali è la conseguenza della fame di energia, indispensabile per alimentare tutte le nostre produzioni e per consentire ai paesi emergenti quella rincorsa, quella convergenza ai nostri standard di ricchezza che rappresenta il paradigma dei nostri tempi. Con le tecnologie attualmente dominanti non ci sono molte altre vie e il petrolio o i biocarburanti (ottenuti da vari tipi di cereali o dalle barbabietole) sono merce limitata. A questo si aggiunga da un lato il limite intrinseco dato dalla produzione agricola di cereali, dall’altro (e in maniera predominante) la struttura “a cartello” della produzione di greggio, dominata dai pochi paesi produttori di materie prime, che regolano l’offerta in modo da tenere i prezzi molto alti e trarne cospicui profitti.
Gli effetti di tutto ciò sono ogni giorno nei nostri serbatoi e sulle nostre tavole.
Questa situazione secondo me è più grave della crisi petrolifera degli anni settanta perché mostra dei dati strutturali e permanenti imponenti. Non un capriccio dei paesi dell’OPEC (solo sul lato dell’offerta) risolvibile attraverso pressioni politiche e compromessi internazionali come alla fine dei ‘70, ma un aumento duraturo della domanda da parte dei paesi in rapida industrializzazione. Quali soluzioni? Francamente, non lo so. Nuove tecnologie, uso responsabile dell’energia, rottura dei cartelli, invasione di cavallette…
Non mi aspetto tempi facili.
Contemporaneamente alle notizie sull’inflazione, abbiamo saputo della scoperta di una tribù di uomini amazzonici non ancora contaminati dalla nostra modernità, che si dipingono il corpo di rosso e reagiscono ai nostri elicotteri scagliando lance acuminate al curaro (mia supposizione). Ci sarà inflazione da loro? Suppongo di no. Non avranno un’organizzazione basata sullo scambio –né tantomeno di tipo simbolico-monetario- semplicemente perché non hanno elaborato un concetto di proprietà privata, la nostra peggiore invenzione (come sosteneva J.J. Rousseau). La loro simbiosi con la natura è completa. Si sentono parte di un mondo senza volontà di assoggettarlo o trarne profitto, con la sola volontà di vivere, o sopravvivere. Non voglio tirar fuori le teorie del “buon selvaggio” ma forse non stanno così male. Magari avranno qualche problema di sopravvivenza, a volte gli animali scarseggiano, o un’aspettativa di vita non lunghissima e senza l’Ipod. Ma almeno si risparmiano molte inutili ansie: la finanziaria, la promozione e l’aumento, la puzza delle discariche, l’inflazione, la messa in piega o lo spareggio-promozione di domani.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Tu in rosso staresti bene

bradiponevrotico ha detto...

lo sai che ci avevo pensato...

però andrei solo se la società fosse poligamica