sabato 3 ottobre 2009

L'Alluvione di Messina. Paglia, legno e mai mattoni


A Messina il fango sommerge le case e si riprende la strada. Basta qualche giorno di pioggia e le vite di migliaia di persone vengono sconvolte per sempre. Alla fine del caos i morti saranno probabilmente una cinquantina.
Di disastri del genere in Sicilia e nel sud Italia ce ne sono a migliaia. Solo che alcuni sono avvenuti, altri sfiorati, altri ancora annunciati. Le case di cartone costruite ai bordi di colline pericolose, ai bordi di un fiume in secca, sono insieme, causa, effetto, e simbolo dell'intricata realtà che si vive in molte zone d'Italia.
Io vengo da un paese di circa 42mila abitanti, tra Trapani e Palermo: Alcamo. Sta a 5 chilometri dal mare. 5 chilometri con una macchina sono circa 7 minuti, con un motorino 10. Per chi sta in una grande città, questo significa che Alcamo è vicina al mare. Nel dopoguerra, però, gli abitanti del paese pensavano che no, non erano affatto vicino al mare. Cominciarono a costruire, quasi tutti abusivamente, delle villette sulla spiaggia. Negli anni 50 il golfo di Castellammare doveva essere uno spettacolo. Una spiaggia di sabbia fina e gialla che fa un arco per 10-15 chilometri, circondata da dune e pinete. In quarant'anni circa, di questo paradiso non è rimasto niente. Chi guarda Alcamo Marina vede un tappeto di case costruite alla bell'e meglio che nascondono quasi con vergogna la costa: dalla sabbia alle colline circostanti. Per lunghi pezzi di strada percorri la statale e non vedi il mare, che sta a meno di 50 metri da te. Quasi tutte le case scaricano ancora i liquami in acqua, nonostante una legge imponga il pozzo nero. Nel corso dei decenni interi quartieri sono stati sanati.
E ogni tanto, arriva dal cielo un'alluvione e le case dalla collina vengono giù. La prima alluvione che ricordo avvenne nel '96, mi sembra. Era agosto, tornavo da un campeggio in un posto turistico sulla costa, e mi vidi davanti agli occhi Alcamo Marina invasa dal fango. La gente spalava. Pensavo che quelle robe potessero succedere solo al Nord, dove piove tanto e hanno fiumi grandi.
Nell'ultimo decennio, le frane sulle colline di Alcamo Marina si sono succedute con frequenza. Fiumi di fango scendono giù verso la statale. Lo scorso anno qualche casa dalla collina è scivolata verso il basso, travolgendo e distruggendo le case sottostanti. Per fortuna, sono state alluvioni fuori stagione, quando la zone è disabitata o quasi. Si, perché Alcamo Marina è un paese fantasma per 9 mesi l'anno, ed è proprio questo il punto. Ventimila persone si trasferiscono ogni estate in migliaia di case sulla costa, per restarci il tempo dei bagni e del sole. Circa la metà della popolazione locale.
Alcamo Marina andrebbe rasa al suolo e la costa restituita alla bellezza. Ma una persona su due, un residente su due, un elettore su due, ha una casa ad Alcamo Marina. Si è creato un mostro da cui la maggior parte di persone traggono interessi (fossero anche solo quelli di andare in spiaggia senza prendere la macchina). E' così anche ad Agrigento, a ridosso o dentro la Valle dei Templi, era probabilmente così anche a Sarno, in Campania, e chissà in quanti posti in Calabria, che vedo devastata in certi tratti di costa, quando passo col treno.
E però le case vengono giù, i paesi si sgretolano, le persone muoiono. Guardo le immagini di Messina e mi viene in mente la favola dei tre porcellini. Paglia, legno e mattoni. I mattoni costano più soldi, più tempo e più fatica. Ma sono gli unici che reggono. Mi chiedo quando si comincerà seriamente a usare i mattoni per sostituire paglia e legno dove è possibile e per costruire sicure le nuove basi delle nostre città.

Ps: l'alluvione di Messina si fa tristemente beffa dell'ipocrisia della politica e dell'informazione italiana. Tre settimane fa è stata rimandata la manifestazione per la libertà della stampa a causa della morte di 6 soldati italiani in missione in Afghanistan. Una morte che sta tra i rischi di chi va a lavorare in posti di guerra. Il paese è stato forzatamente bloccato. Oggi 50 persone rimangono senza vita sotto il fango in Sicilia, in una tragedia improvvisa e impressionante. Nessuno si fermerà, nessuno ha messo in conto la possibilità di bloccare la manifestazione per solidarietà. I morti di Messina hanno il torto di essere arrivati dopo i soldati. La solita solfa, insomma. E non possiamo rimandare tutto ogni volta che succede una tragedia.

2 commenti:

G. Segreto ha detto...

Caro Cipputi, complimenti per il post (ne avevo apprezzato anche un altro di qualche tempo fa in cui ricordavi che bisogna vivere senza mai restare in potenza...). Sciacca, a differena di Alcamo, sorge proprio sul mare ma tanti miei concittadini hanno ritenuto indispensabile costruirsi (abusivamente, che te lo dico a fare...) la propria casa a mare, in alcuni casi a poche centinaia di metri dalla casa in paese. Non ti nascondo che, dopo anni di lotte (anche con me stesso) per una società siciliana - e italiana! - finalmente libera e un pò più civile, ricado anch'io nella frustrazione e penso, come altri prima di me, che quello è un popolo irredimibile. Tanto questa tragedia, come già qualcuno dice, è stata dovuta all'enorme quantità d'acqua piovuta (naturalmente, se ad Agrigento manca l'acqua, è perchè piove poco...) e quindi una preghierina in più "a lu Signuruzzu" rimetterà a posto le cose.

PS: A proposito di lutti di serie A e di serie B: il minuto di silenzio per le vittime di Messina è stato osservato solo sui campi di Bari, dove giocava il Catania, di Palermo. Frustrazione. Irredimibilità.

Cipputi ha detto...

Grazie Peppe, anche per il gradimento dell'altro post. In fondo credo che ci sia un legame tra le due cose. Quello che vale per l'individuo vale anche per la società:
Perchè la Sicilia si ostina a rimanere un paradiso in potenza, perchè non prende il coraggio di liberarsi dei suoi legacci e provare ad essere finalmente una terra felice?