
Dell'aggressione subita da Berlusconi a Milano poco mi interessano i cori di giubilo che rimbalzano tra sms e commenti su facebook. Onestamente, ci trovo anche tanta vigliaccheria. Che la violenza impone una presenza e una chiamata in causa della responsabilità individuale che non si concilia con la comoda barriera dello schermo di un pc.
Della botta presa in faccia dal premier mi interessa la forza dell'immagine che segue.
Al di là di qualsiasi convinzione ideologica, anche giustificata e legittima, il sangue che copre quel volto, è il sangue che copre la faccia di un vecchio aggredito (e di qui, forse, quel senso di pena che ho provato).
Dunque, il viso sconvolto dalla violenza subita - per una volta non imposta - restituisce la terza dimensione a un'icona che sembrava averne solo due.
Berlusconi colpito al volto è la restituzione di umanità all'icona divinizzata, seppur via catodica, del capo.
A livello incoscio, l'immagine del volto sanguinante di Berlusconi, che verrà riproposta, rimaneggiata, sarcasticamente manipolata, migliaia di volte da qui in poi, comunica qualcosa di tanto banale quanto strabiliante.
L'uomo che ha "diretto" l'Italia per 15 anni, l'uomo che ha vinto sorridente risorgendo dalle sue ceneri politiche più volte, l'uomo invincibile, impossibilitato ad invecchiare, incapace di malinconie che non siano passeggere, l'uomo divinità, è stato colpito. Danneggiato. Ammaccato. Mutilato nella sua perfezione.
L'immagine, questa immagine, segna uno spartiacque dopo il quale nulla sarà come prima nel rapporto tra il capo di Arcore e il popolo italiano.
Seguendo una dinamica simile alle torri gemelle colpite a morte dagli aerei kamikaze.
Il simbolo del potere invincibile che crolla. Quello che nessuno credeva possibile, se non nei sogni frustrati e rabbiosi dell'uomo di strada, diventa possibile.
L'immagine delle torri che crollano diventa ossessione, viene vista e rivista, si imprime nella retina, consumata, ingoiata, risputata, riassimilata, manipolata, artisticamente ridata alla vita, e infine disinnescata. Il trauma scioccante subisce la necessaria rielaborazione del lutto. Del lutto, appunto. Ma un dio morto, o fosse anche soltanto un dio di cui è stata provata la mortalità, non è più un dio. Oggi inizia la fine del carisma divino di Berlusconi.
E il popolo sa essere crudele con la vecchiaia di un despota.