CIPPUTI
Sul congresso di Rifondazione, io e Brad ci avventuriamo per la prima volta in un doppio post da angolature diverse. Visto che la questione è complessa, il lettore
potrà trarre giovamento dalla lettura di due punti di vista molto distanti. Perchè, al contrario di Brad, io sono un abituale elettore del Prc, e se devo scegliere un partito in cui rispecchiarmi, scelgo quello.
Fatta la premessa, torniamo nel pieno del congresso Prc. Secondo me, purtroppo, né Vendola né Ferrero hanno presentato una ipotesi di uscita dal pantano pienamente condivisibile.
Partiamo da
Vendola, che è il candidato più mediatico dei due. Nichi, rispetto a Ferrero, fa un analisi più moderna, più centrata sulla
weltanschauung del momento. Lo spirito del tempo è quello degli operai che votano la lega, delle classi che sono fluide, e si dividono in ipergarantiti e precari; lo spirito che accomuna questi ultimi al di là del lavoro più o meno manuale. Ok. Quello che non mi convince è che, secondo me, Vendola - come Veltroni con il Pd - da una risposta sbagliata. A questi tempi - che hanno molto di mostruoso e disumano - non oppone resistenza, se non formale.
Vendola spinge per un'organizzazione del partito che sia in linea con l'elettorato di oggi, che di sedi e vincoli non ne vuole sapere. Vendola spinge per un partito fluido. Come i partiti americani, che Veltroni imita. Agglomerati di persone che vengono attivati solo in prossimità di eventi elettorali (vedi elezioni, primarie) o di grandi campagne (vedi l'annuncio dell'autunno di proteste). Nella visione "moderna" del partito, comune a Vendola, Veltroni, e mutuata dalla Forza Italia di Silvio Berlusconi, il militante si sovrappone sempre di più all'elettore. La militanza del vecchio partito sta all'iscritto del nuovo partito come il matrimonio sta alla convivenza. Nessun vincolo, pochi sacrifici.
Dunque,
Nichi è moderno. Ma non è detto che la modernità sia un bene ontologico. Sotto la guida di una persona come Vendola, il partito rischia di scomparire sotto una tabella di marcia dai tempi mutuati dall'agenda setting televisiva. Un partito che ragiona come ragionerebbe un dirigente di tv. Sull'argomento consiglio di leggere un
reportage di Astrit Dakli sul Manifesto di qualche domenica fa. Partendo da
Taranto racconta di una Puglia in cui la sinistra governa anche in Regione, ma sembra senza aver cambiato molto. A Taranto, come in Puglia, i dirigenti di sinistra che governano sembrano muoversi con poca conoscenza del territorio e pochi risultati.
Ferrero propone una
concezione di partito, da questo punto di vista,
più solida. Ripartire dalle esigenze, dal territorio, dalle "case del popolo", a scapito della presenza televisiva. E attenzione, perchè la rinuncia all'ossessiva ricerca del governo in questo caso non è una propensione al minoritarismo, ma la necessaria premessa per ricostruire con calma ma per bene le fondamenta di un edificio che semplicemente non c'è più.
Cosa manca a Ferrero? Quello che ha Vendola (e ahimè viceversa). A Ferrero manca un'analisi della realtà circostante condotta con gli strumenti dell'oggi. Ferrero si attacca al
concetto di comunismo, in una società in cui comunismo non significa pressoché nulla. Oppure tutto e il contrario di tutto, come l'effige del Che. Dunque, se il comunismo che difende la mozione vincente di Ferrero è il comunismo inteso
come lo ha inteso il 900, ci troviamo di fronte a fantasmi che discutono di fantasmi. Se non è così, Si abbia il coraggio di esporre al mondo cosa si intende oggi per comunismo. E forse, il punto di partenza sarebbe proprio rinunciare all'etichetta "comunismo" e al simbolo falcemartello, incatenati indissolubilmente al secolo passato.
L'ideale sarebbe stata, un'analisi come quella di Vendola, con un partito come quello di Ferrero. Sarebbe stata possibile una
conciliazione? Forse, e se lo fosse stata, il disastro pesa come un macigno sulla coscienza di chi non ha voluto trovare un accordo per puro egoismo.
Prima di concludere il post fiume (e scusate se mi sono dilungato), voglio rendere esplicita una cosa che si tende a dimenticare: comunque la si pensi sulla gestione del congresso,
Paolo Ferrero rimane un
politico serio, di razza. E' stato uno dei pochi ministri del governo Prodi a fare politiche concrete. Mi è capitato di sentirlo parlare in occasioni senza riflettori, e la sensazione che ho avuto è che sia uno dei pochi politici vecchio stampo (in senso positivo, che fa politica e non annunci mediatici) che sono rimasti, insieme a Rosy Bindi, Bersani, e ahimé - anche se detesto le sue idee - Sergio Cofferati. Quindi non condivido affatto l'approccio di Brad e di altri, della serie: "Nichi poteva salvarci, questi qui ci affossano". Ferrero ha una storia politica alle spalle di estrema serietà.
Ultima considerazione flash: comunque sia, io non credo che il
cambiamento verrà dai partiti, in questa fase storica. Non sarà l'esito del congresso del Prc o del Pd a risollevare l'Italia. La risposta la sta portando il vento. E a coglierla sarà qualcuno che ancora non sappiamo.