mercoledì 16 gennaio 2008

… e dagli spalti piovono urla e fischi

È di ieri la notizia della rinuncia di papa Benedetto XVI a partecipare all’inaugurazione dell’anno accademico de “La Sapienza”, la più grande università italiana. Questa decisione fa seguito alle polemiche suscitate dall’appello rivolto al rettore di quell’università da un folto gruppo di ricercatori e docenti (che faceva riferimento ad una lettera aperta del prof. Marcello Cini) in cui si chiedeva di annullare l’invito in quanto – a loro giudizio – non conforme allo spirito laico dell’università e della ricerca.

La principale argomentazione dell’appello riguarda una frase pronunciata il 15 marzo 1990 dall’allora card. Ratzinger durante un discorso pubblico a Parma in cui citando Feyerabend si diceva: “All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto".

A questo punto la società italiana si è divisa in fazioni, in gruppi ultrà “papisti” e anticlericali, senza nessuna concessione al ragionamento. Il clima da curva sembra essersi radicato in profondità nella società italiana. Non si discute, si urla. Si preparano commenti precotti da scongelare col microonde all’occorrenza, assolutamente prevedibili e disarmanti.
Io sono convinto che l’approccio di Joseph Ratzinger al suo importantissimo ufficio rispecchi una tendenza alla conservazione che è sempre stata presente all’interno della Chiesa e che considera di grande importanza il preservare la tradizione, il fare continuo riferimento ai valori considerati “naturali e universali”, verso i quali dovrebbero tendere non solo i credenti ma tutta la società, con tutto quello che consegue in termini di legislazione. Le battaglie interamente politiche sulla procreazione assistita (legge 40/2005), sull’aborto (legge 194/80), sulle convivenze civili (ddl sui DICO) sono il frutto di quest’approccio militante e sono evidenti nel loro carico simbolico.
Molti pensano, compreso chi scrive, che questo approccio non sia utile alla società in quanto favorisce contrapposizioni sterili, limita gli spazi di dialogo, annulla il confronto su temi particolarmente delicati e forza il dispositivo costituzionale di separazione tra Stato e Chiesa. Tutto questo in un paese in cui da un lato le classi dirigenti fanno a gara a dimistrarsi accondiscendenti nei confronti della Chiesa Cattolica, dall’altro persiste un anticlericalismo ottocentesco che vede nella religione un baluardo dell’oppressione dei popoli o della ragione.
Ma cosa c’entra tutto ciò con la visita di Benedetto XVI? Per quale logica –politica o morale- si dovrebbe impedire al rappresentante della Chiesa Cattolica di esprimere il proprio pensiero?Si poteva manifestare il dissenso il molti (e più efficaci) modi. A me sembra che questa sia un’imperdonabile stupidaggine. Un ottimo modo per danneggiare la causa di chi sostiene la laicità, di chi vuole che non ci siano ingerenze reciproche, che pretende la libertà per tutti e per ciascuno.

4 commenti:

Cipputi ha detto...

Caro Brad,

questa volta il tuo commento mi sembra mancare di molto il bersaglio.
E purtroppo lo trovo immerso in quel buonismo introiettato dalla cultura italiana così come le urla da stadio, che vorrebbe la soluzione sempre nel centro.
Sgombriamo il campo da equivoci. Nessun professore tra i 67 della lettera ha detto che il papa non ha diritto ad esprimere le proprie opinioni. E credo che quasi nessuno tra di essi, e nemmeno io per esempio, pensi che il papa non debba andare alla Sapienza a parlare di qualsiasi cosa lui voglia: che sia pena di morte, o temi più controversi come aborto e scienza e fede.
Dire che il punto è questo vuol dire essere in malafede o, comunque, ignorante sulla questione.
Il punto posto dai professori è: Non è opportuno che all'inaugurazione dell'anno accademico di una università laica, presenzi il capo di stato di una teocrazia (non può negare che il vaticano lo sia), che ha espresso posizioni per lo meno molto discutibili sulla ricerca scientifica. A me sembra una critica legittima e giusta. Se inviti un mafioso come ospite ufficiale all'inaugurazione del tuo negozio... gli stai dando un riconoscimento particolare, che non dai ad altri. naturalmente, non sto paragonando il papa a aun mafioso... ma per un docente ATEO (quando vi metterete in testa che in Italia gli atei devono avere riconsciuta la stessa dignità e gli stessi diritti dei credenti?) che va ricerca, uno capo di stato così influente, che è contro la ricerca sugli embrioni, contro il preservativo, contro la fecondazione assistita, e per ultimo più o meno contro la posizione di Galileo... bèh, per un docente ateo uno così può essere visto come un "mafioso della scienza". E questo docente ateo, o agnostico o buddista, ha il diritto a non volere il cappello ( e quindi il riconoscimento di uno status superiore che non è dovuto, in uno stato laico)del papa nell'evento ufficiale di apertura dell'anno accademico.
Il punto posto dai prof è questo. Non cambiamo discorso e non confondiamo le acque. Nessuno dice che il papà non debba parlare (tantopiù che ci ammorba ogni giorno dai tg), né che non debba andare all'università... bastava invitarlo in un altra occasione!
Amen

Anonimo ha detto...

Caro Cipputi, non si tratta di voler trovare la soluzione sempre al centro ma è una questione di rispetto delle posizioni diverse.

Quando nel dicembre del 2002 contestammo la ministra Moratti, alla presenza del presidente Ciampi, all’inaugurazione dell’anno accademica dell’università di Siena nessuno le impedì di parlare. In segno di dissenso al momento del suo intervento noi indossammo una maglietta con su scritto “Education Not for Sale” e ci alzammo in piedi, in silenzio. Lei continuò il suo discorso ma quella situazione risultò di forte impatto per i presenti e per le troupe giornalistiche.
Fummo criticati aspramente, il rettore ci diede dei “buffoni” e diversi dei presenti si complimentarono.
Noi riuscimmo nell’intento di porre le nostre istanze ma nessuno ci tacciò di essere intolleranti.
Qualche mese dopo nella stessa città alcuni studenti impedirono a Ruini di tenere un discorso in un convegno e non fu un segnale positivo.

I firmatari dell’appello non hanno sbagliato nel porre l’accento sul loro dissenso ma nel chiedere al rettore della Sapienza di non far entrare il papa nella loro Università.

È una questione di tolleranza

Anonimo ha detto...

Io concordo con la posizione del Sig. Cipputi, non si tratta di libertà di parola, ma dell'evento in questione. Il Papa parla sempre, ogni domenica, ogni giorno, in qualsiasi occasione ci sia bisogno della sua guida spirituale!!!Potranno invitarlo ad un appuntamento tipo "teologia e filosofia: l'intreccio della storia" oppure "fenomenologia delle teologie" insomma "paro paro" all'anno accademico mi sembra voler chiedere troppo!
E' semplicemente questa la questione...inutili le altre riflessioni!
In ogni caso che la Pace di Gesù discenda sul blog di Bradipo Nevrotico...e su tutti i suoi link!
(vedi www.alambicco.com)
Liusi

Anonimo ha detto...

Caro Brad, attento che ti sbagli, Ruini a Siena parlò dopo la breve contestazione (neanche 5 minuti). A me sembra che su questa cosa della Sapienza ci sia molta ipocrisia e che papa Ratzi se la sia giocata bene dal punto di vista strategico e mediatico. Anche secondo me avrebbe dovuto parlare, ma l'appello non voleva togliergli la parola, come sottolinea cipputi, ma semplicemente esprimere un dissenso critico sulle ultime posizioni della Chiesa in temi etico-scientifici. Per inciso: sapete che il papa sulle reti televisive è apparso per 36 ore complessive dall'inizio del suo mandato? il presidente Napolitano giusto la metà, mi sembra....
Un caro saluto
teoraventura